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27 giugno 2006 2 27 /06 /giugno /2006 16:07

Quando ero piccola, alle elementari, i miei temi facevano il giro delle altre quattro classi della mia piccola scuola di paese, con l’orgoglio della maestra e la vergogna mia di sentirmi letta ad alta voce. Quasi violata.

Se non fossi olivastra di pelle, sono certa che tutti avrebbero potuto vedere il rossore avvampare sotto l’epidermide come un fuoco estivo.

Mi infastidiva e odiavo le occhiate dei compagni, convinti che copiassi le favole che inventavo da chissà quale magico e antico libro.

Alle medie ed alle superiori ho poi imparato in fretta che la capacità di scrivere quattro cavolate lasciando a bocca aperta i professori (ed intontiti da una marea di scempiaggini), in genere annoiati dalla banalità e degli errori di grammatica, poteva essere un facile lasciapassare per un otto facile facile, buttato lì come una assicurazione perenne sulla propria vita scolastica e sul proprio fancazzismo adolescente.

Ma, a dirla tutta, nel momento in cui vedevo scorrere gli occhi del professore di turno sulle pagine vergate con la mia grafia, un sottile e nascosto senso di nausea veniva a stringermi la gola.

Perché?

Non l’ho mai capita bene questa forma di pudicizia sciocca.

Magari di modestia. O di mancata consapevolezza delle proprie capacità. Ed anche a sentir lodare le mie capacità, un senso di angoscia mi ha sempre stretto la gola e portato a schernirmi, perché non c’ho mai visto niente di particolarmente eccezionale. Insomma, non so fare 1500 piroette consecutive, non sono Picasso e nemmeno Ungaretti.

Oppure, semplicemente, una violazione della propria privacy, dei pensieri che frullano nella mia testolina incasinata e che solo per un puro caso sono finiti lì, impressi tra le righe di un quaderno, accolti dalla carta e cullati dalla penna.

Capite bene, tuttavia, che se tra i propri desideri il più grande è quello di scrivere, questo può essere un problemino da niente.

Per questo, tanto tempo fa, ho aperto un blog.

Per esorcizzare questa paura.

Ed ha funzionato, perché esporsi al pubblico ludibrio tutti i giorni rende la pelle un po’ più dura.

 

Ma ora mi si pone davanti un problema diverso, più grave.

Il vuoto pneumatico concettuale.

Non riesco a scrivere qualcosa che duri più di quattro o cinque pagine.

Perdo le fila.

Mi annoio.

Regredisco.

O magari è solo pigrizia eccessiva, i neuroni attorcinati dalla vecchiaia o dal troppo pensare.

E allora, dopo aver bruciato i romanzi giovanili scritti fino ai 20 anni sentendosi una delle sorelle Bronte, dopo la formattazione involontaria e dolorosa a causa di un virus dell’hard disk del mio pc di casa e dopo aver mandato a riciclare per più utili e decorosi fini pagine e pagine di soliloqui, mi ritrovo a zero.

Senza un romanzo nel cassetto.

Con la paura di rinunciare ai propri sogni ed il terrore di affrontarli davvero.

La testa prosciugata, come se i Borg mi avessero assorbito tutti i neuroni.

Mille scuse. Mi manca un quaderni adeguato.

La stanza dove tengo il pc è fredda.

O calda.

O troppo isolata.

O rumorosa.

 

Voglia di rinunciare.

Poi apri la mail, così per sfizio.

 

“Cara phoebe o come ti chiami davvero, ho letto il tuo blog, o meglio parte del tuo blog..me lo hanno consigliato due giorni fa e nei momenti liberi me lo sto leggendo pian piano mordicchiando qua tra un articolo e l'altro.. sei una grande..davvero..mi sono fatta delle assurde risate davanti al mio portatilino comprato causa tesi bisognosa di supporto tecnologico..ma ho anche riflettuto..alcune frasi messe li tra un piatto di porcellana e una diavoleria thun sono state come uno schiaffo in faccia..brava, brava davvero, mi piace un sacco come scrivi, quello che scrivi, e cosa pensi…” Fra

 

“Nel tuo blog ci sono capitato non so neanche io come durante uno stanco vagabondare virtuale e ci ho passato un falso batter d'occhio: l'ho letto praticamente tutto fino a giungere in dietro nel tempo agli archivi di dicembre 2004...

Che dire, sei una meravigliosa padrona di casa ed una pungente osservatrice delle dinamiche sociali e delle relazioni umane.

A volte forse un pò troppo pungente (direi perforante) nei confronti di noi masculi, ma a leggere le tue esperienze (l'avvocato che credeva che il blog fosse una malattia mi ha fatto ribaltare dalla sedia) tanto cinismo sembra addirittura giustificato. Certo sarebbe interessante sentire "le altre campane", anche se mi sembra assurdo che una come te fatichi così tanto a trovare qualcuno. Forse è vero che preferiamo le oche. Sigh.
Ad ogni modo hai guadagnato un lettore ed un fan. Non abbandonare mai il tuo blog
,
in una selva di cyber-monotonia le tue parole sono petali e spine. Necessarie ma anche no.” Giuseppe

 

 

Il tuo blog è stu-pen-do e mi rispecchio in tantissime cose che scrivi, che vivi... e che racconti di te: anche io ho trent'anni, anche io sono un Capricorno, anche io sono per la maggior parte del tempo single e, soprattutto, anche la mia incrollabile fede nell'amore comincia decisamente a vacillare”. Ldc

 

E allora un po’ mi rincuoro, e non solo per autocelebrazione.

Anzi. Sempre la mia forma di imbarazzo atavico me lo vieta.

Sto meglio e sorrido, pensando che posso rendere anche solo più allegra la giornata di qualcuno, anche lontanissimo da me. Che non mi conosce e mai lo farà. Forse. Che riesco a far ridere, riflettere, discutere.

Pensando che qualcuno, anche solo una persona, aspetta che io pubblichi la mia prossima accozzaglia di cavolata.

 

E, con un po’ più di fiducia, aspetto paziente che torni la mia voglia di scrivere.

Tornerà, perché è una necessità come quella di respirare.

Tornerà, magari insieme alla felicità.

 

Intanto, abbiate pazienza. Anche per me, magari...

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23 giugno 2006 5 23 /06 /giugno /2006 11:05

Eccoci, ci risiamo.

Domenica si torna ancora a votare. Direbbe mia nonna:”Più spesso che a ballare!!!”

Ed in effetti ultimamente, tra politiche, amministrative, ballottaggi e compagnia danzante, quest’anno abbiamo dato molto.

E io sono fortunata, perché abito in un piccolo paese e vado a votare alla vecchia scuola elementare in disuso, coi vecchietti affacciati alla finestra a fumarsi una sigaretta e a guardare pigri chi va ad espletare il proprio diritto/dovere, senza fila, senza problemi di parcheggio.
Senza stress, senza dover nemmeno mostrare un documento d’identità, che magari con lo scrutatore ci hai fatto le medie ed il presidente è il tuo ex.

Capisco che in città sia diverso, che ci siano strategie accurate per evitare la noia di dover fissare i manifesti elettorali per trequarti d’ora cercando un modo onesto per ammazzare la noia senza farsi arrestare dal poliziotto all’ingresso.

Ma andarci, domenica e lunedì più che mai, è importante.

E’ una responsabilità.

Ed andarci votando NO è un obbligo civico.

 

Ma andiamo per gradi, perché di informazione su questo referendum se ne è avuta ben poca e  spesso scorretta.

Per che cosa i cittadini sono chiamati ad esprimere il proprio volere?

Il referendum del 25 e 26 giugno riguarda una modifica profonda e radicale della Costituzione, approvata con legge costituzionale dalla maggioranza del centro-destra nel novembre 2005. Questa legge non modifica solo la seconda parte della nostra carta costituzionale, ma la stravolge completamente modificando la forma di governo e mettendo in discussione anche i diritti fondamentali dei cittadini.

 

Andiamo per punti:

La devolution

Vengono ridefiniti i poteri delle regioni, dandogli competenza esclusiva in materia di istruzione e sanità, nonché di polizia amministrativa regionale e locale. Questo non solo comporterà una disgregazione del sistema sanitario nazionale e una mancanza di uguaglianza tra i cittadini, ma un aumento vertiginoso dei costi quando invece la priorità, secondo me, è tagliare.

Secondo Berlusconi è l’unica strada percorribile e degna e che ridurrà i costi di gestione come avviene negli USA. Ma, cosa che forse è sfuggita al cavaliere, un singolo stato degli USA  è grande in media almeno 20 volte l’Italia ad occhio e croce, anche se io in geografia sono sempre stata una pippa terrificante. Forse per loro il federalismo ha ragione di essere (anzi sicuramente), sia per motivi geografici e storici che prettamente logistici. Ma per noi? Non rischiamo un’altra Jugoslavia? Un paese che, diciamocelo, ora potrebbe vantare un’edizione di Risiko tutta sua e non è una cosa bella né divertente.

Modifiche alla forma di governo.

I maligni ed i faziosi comunistoidi potrebbero dire che, siccome per l’articolo 139 della Costituzione la forma repubblicana non può essere oggetto di riforma costituzionale e siccome un golpe non è mai una mossa divertente e che capace di donare lustro al paese in campo internazionale (Pinochet docet), quale altra strada poteva trovare chi dico io per le sue losche manovre? Peccato aver fatto i conti senza l’oste.

La legge costituzionale oggetto del referendum prevede l’eliminazione della centralità del Parlamento, dando la prevalenza ai poteri del Premier e delle Assemblee Parlamentari. In particolare il Premier avrebbe il potere di:

- nomina e revoca dei ministri

- sciogliere la Camera dei deputati

- togliere la competenza legislativa al Senato Federale e trasferirla alla Camera dei Deputati qualora il Senato dovesse bocciare leggi che gli stanno particolarmente a cuore

Il Presidente della Repubblica perde la possibilità di indicare il Primo Ministro, di risolvere crisi istituzionali nonché il suo ruolo fondamentale di garante della Costituzione.

Il Parlamento perde il suo ruolo legislativo e viene trasformato in un mero organo esecutivo agli  ordini del Premier.

La Corte Costituzionale, ultimo  baluardo della difesa della Costituzione contro gli abusi della maggioranza  ed a difesa dei diritti dei cittadini, viene politicizzata  e sottoposta all’influenza del primo ministro.

Una forma di governo spuria, che non ci appartiene e che presta il fianco ad abusi e squilibri. Non trovate anche voi?

 

Quali sono i motivi per votare no?

- Perché se è vero che una riforma va fatta assolutamente, non è questa quella perfetta e nemmeno adeguata, per stessa ammissione dello schieramento politico che l’ha prodotta. 

- Perché la devolution attuata in questo modo rischia di creare squilibri sociali all’interno di uno stato che comincia a scricchiolare, proprio in un momento in cui abbiamo bisogno di unità e di stringerci intorno a qualcosa.

- Perché io a Calderoli non gli affiderei nemmeno di andarmi a comprare il pane, figuriamoci la mia gatta. Pensate un po’ la costruzione di una riforma di questa portata...

- Perché, senza scendere in melodrammi filo-comunisti e garantisti allo spasimo e senza richiamare in vita i partigiani morti sugli Appennini per difendere la libertà, la Costituzione siamo noi e va difesa a tutti i costi.

 

E voi, al voto siete pronti?

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22 giugno 2006 4 22 /06 /giugno /2006 14:15

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19 giugno 2006 1 19 /06 /giugno /2006 21:56
Passati i trenta è un must irrinunciabile, una costante indelebile dell’esistenza del single.
Succede così, e non te ne accorgi nemmeno.

Se sei single, tutti i tuoi amici accoppiati o  non, etero o gay, uomini o donne, di destra o di sinistra, TUTTI senza eccezione alcuna al mondo cercano disperatamente di rendere un servigio all’umanità. Accoppiandoti.

Sai, ho un collega single e simpaticissimo. F-A-V-O-L-O-S-O!!! Te lo devo far conoscere!!!!!”

O un cugino. O un amico. O un amico di un amico. Di un amico.
Ah.
No, cioè, voglio dire, grazie!
Fantastico. Anzi no, favoloso. F-A-V-O-L-O-S-O. Ma mi devo essere un secondo distratta, avevo forse chiesto nulla? Cioè, sia chiaro, apprezzo il gesto. Davvero.
Ma magari ci rifletto su un attimo.
O un anno, adesso vedo.
No, non sono spocchiosa, presuntuosa o quello che vi pare. E’ che a voler andare rigorosamente secondo una logica statistica, non c’è trippa per gatti.

Già, perché 90 volte su 100 il F-A-V-O-L-O-S-O in questione è un essere orribile, squallido, interessante come le Pagine Utili, tamarro o cinquantenne. Il ché, a meno che non si tratti del sosia bello di George Clooney, viene automaticamente associato nella mia mente alla figura paterna. E non è un complimento.
Affatto.

Dunque, dei 100 gloriosi e forti ce ne sono rimasti, diciamo, dieci.
Sono una ottimista, è risaputo.

Di questi, cinque sono fidanzati e/o in procinto di (ché si sa, l’uomo è cacciatore), in vena di “fare nuove conoscenze” o vessati dal capo a venire a cena con me.

Due dei restanti sono, in media, gay latenti e questo, per l’amor del cielo, me li rende simpatici e adatti a  sabato pomeriggio di saldi megalomani, ma non sessualmente appetibili.

Uno dei superstiti è certamente, per la legge dei grandi numeri, un palestrato pompato come un palloncino, gonfio di anabolizzanti ed il cui passatempo preferito è far muovere i pettorali al ritmo di “Pump it up”. Questo soggetto è in assoluto il peggiore che può capitarti in un appuntamento al buio, perché non sa nemmeno conversare di qualcosa al di fuori della palestra, ha mal di testa se legge i cartelloni pubblicitari e spesso ha un fagiolino al posto del pisello.

Alla fine della nostra analisi ce ne sono rimasti due.

Di questi, per le note leggi dell’attrazione, uno non è interessato e/o non mi trova sessualmente attraente o affascinante. Stolto.

Quindi, matematicamente parlando, su 100 incontri combinati, uno solo potrebbe essere quello giusto. Egli. L’inafferrabile Mr. Right.

In parole povere, un misero 1%. Un po’ poco, specie perché 99 incontri barbosissimi non sono pochi, ma è sempre una percentuale importante e degna di nota nel selvaggio, violento ed inospitale mondo dei single e nella lotta brutale per l’accoppiamento.

Allora che si fa? Ci si butta?

Un po’ perché chi cerca di accoppiarvi non è solo la dirimpettaia di scrivania pettegola, ma un amico che vi vuole bene, un po’ perché a dire il vero avete poco da perdere si va in scena. CIAK! Pregando di non capitare alla festa paesana del freak d’annata ed incrociando le dita. Tutte.
Anche quelle dei piedi.
Perché è molto più facile che davanti vi si pari innanzi un ingegnere pelato in bretelle, privo del senso dell’umorismo di base ed il cui unico argomento di conversazione siano le forze assiali che reggono un palazzo.
O qualcosa del genere.
Più o meno.

O magari vi divertirete.
Chi può dirlo?
Bisogna provare, provare, provare, provare... che alla fine magari si riesce.
A meno che, come può orrendamente accadere, l’1% sia uno stronzo. Ovvero, donne, avete trovato il vostro Mr. Big.

In bocca al lupo...

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16 giugno 2006 5 16 /06 /giugno /2006 17:54

Ieri ero a pranzo con lei, come accade con una certa regolarità Difficile vedersi, vite diventate diverse, necessità ed obblighi mutati, tempistiche che possono essere conciliate solo con complicati calcoli trigonometrici. Ma affetto immutato. Quello verso una sorella.

E se una sorella aspetta un bambino, voi lo capirete, è un delirio di emozioni.

Anzi, una bambina.

E mentre lei mi parlava davanti alla parmigiana di melanzane della tutina a fiori rosa e del paio di body che aveva acquistato per la nascitura.
E parlava, parlava, parlava.
Ma mi sono scoperta a non ascoltarla.
Le guardavo solo la bocca. La guardavo muoversi e mi veniva da ridere. Con quella stessa bocca avevo discusso con lei di scarpe, ragazzi, esami, problemi post adolescenziali, sesso e chissà cos’altro.

E ora di tutine.

Ma la cosa, invece che farmi sentire triste, vecchia, sola ed abbandonata al mio destino di povera single senza speranza e via d’uscita alcuna, mi ha fatto ridere. Sorridere.

Il suo sguardo sereno sotto i capelli biondi e la pancia da neomamma mi ha fatto un regalo raro. Mi ha ricordato quant’è bella la vita.

E come si cambia.

Ci si trasforma.

Da bambine a ragazze. Da ragazze a giovani donne.

Non è una differenza sottile.

E anche la piccola Sara, che nascerà in un settembre assolato e incendiato di colori attraverserà la vita a piccoli passi, proprio come noi.

Con la curiosità ed i perché dei 5 anni.

Le paure degli 11 e le fobie delle scuole medie.

Le frustrazioni e l’inadeguatezza dei 15, bramati e temuti.

La sfrontatezza arguta ed onnipotente dei 20.

Crescerà felice e sua madre la proteggerà sempre, anche quando non sarà richiesto né indicato. Proprio come le nostre. Non cambia mai nulla.

Le leggerà le favole dei Fratelli Grimm, o magari le pagine dell’Odissea.
Le insegnerà a dire le preghiere nel letto, mentre il sonno appiccica gli occhi stanchi dal troppo gioco. Correrà dietro le lucciole e scoprirà con grosso rammarico guardandole dibattersi nel palmo della mano che non sono altro che piccoli insetti marroni e non fate.

Riderà.

Piangerà. E sua madre non potrà farci niente.

Vivrà la vita, farà le sue scelte.

Camminerà a testa alta nella vita ed attraverserà pericoli ed avversità.

 

La vita ed i suoi miracoli mi affascinano sempre. Mi affascinano ancora.

E la nascita è sempre un miracolo.

Una piccola esplosione nel mondo.

Non cambia niente, ma tutto è diverso.

 

Per sempre.

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13 giugno 2006 2 13 /06 /giugno /2006 12:54

Tutti i miei amici si stanno accoppiando.
No, non carnalmente.
O almeno non solo.
Tutti o quasi, insomma.
Una discreta percentuale, via.

Non mi era mai capitato prima.
Ma immagino che sia un destino naturale.
O no?

Prima o poi si cresce, si mette la testa a posto e si smette di vivere nel tipico limbo post-adolescenziale in cui navigano a vista i single.
O no?
Bisogna evolversi rientrando nei canonici schemi impostici da madre natura e dalla logica imparziale e naturale delle cose, mutando in creature dotate di anello.
O guinzaglio.
O entrambe. Magari.

Sano. Giusto. Sacrosanto.
Mia nonna approverebbe, ché la testa uno la deve mettere a posto.
No, niente invidia o gelosia.

E poi io sono contenta se vedo felici i miei amici, specie se poi riesco ad essere il deus et machina di tutta la faccenda, come un Mangiafuoco parecchio più trendy e senza pancia e baffi. Forse.

Solo che, in tutto questo sbocciare e rutilare di amori e relazioni, simpatie ed ammiccamenti… io rimango sempre sola.

Ora, non per enfatizzare la mia già patologica forma di sindrome della Piccola Fiammiferaia, però è così.

Intorno a me fioriscono, nascono e maturano amori, amorucoli o semplici flirt.

La vita, ovviamente, scorre.

Quello che mi sorprende di più tuttavia è proprio il naturale svolgimento della cosa in sé.

Che a me manca.


Ma andiamo per ordine e con un approccio scientifico che non guasta mai.

In genere, queste cose vanno con un ordine prestabilito, attraversando fasi che potremmo dire standard:
- il primo incontro

- la conoscenza e l’attrazione

- inizio del rapporto

- sesso

- consolidamento del rapporto


Ecco, io nelle prime quattro fasi sono una campionessa olimpica.
Bravissima.

Ma nella fase del consolidamento sono proprio una pippa. Oppure, avvenuta profonda conoscenza della mia persona, l’omuncolo di torno scappa a gambe levate.

Anzi, ora che ci penso… non è neanche così facile per me seguire l’iter di cui sopra, che sembra così normale e chiaro.

Sembra che sulla mia strada si parino innanzi solo disturbati problematici e leggermente paranoici, allergici a qualsiasi tipo di rapporto normale. Anche solo vagamente normale.
Saranno i feromoni tararti male? Forse sarebbe meglio cambiare profumo…

Oppure sarà che vivo di stereotipi?

Ma non ci viviamo tutti?

E allora perché ne faccio le spese solo io?

Sono il femminile di Peter Pan, una che non si accontenta mai o più semplicemente una povera trentenne perseguitata dalla sfiga?
Oppure non sono fatta per certe meccaniche interne che non capisco, non so interpretare, non so mediare col mio carattere troppo complicato e mutevole.
Magari la mia irrazionalità e follia latenta attira il maschio medio italiano e poi, terrorizzato, ne causa la fuga con una velocità folle, come se avessero messo dei cristalli di dilitio nel suo motore a curvatura.


Non che la mia condizione di single mi pesi più di tanto.
Anzi, credo di essermi patologicamente abituata a pensare singolo ed a non contemplare nelle mie decisioni un’altra persona. Credo che avrei difficoltà, che andrei comunque rieducata a pensare doppio.

Non mi pesa la mia condizione, no. O almeno, non mi pesa tutti i giorni e tutti i giorni allo stesso modo.

O forse non mi pesa finché sono allegra e mi diverto.

O finché non vengo confinata allegramente nel tavolo dei bambini alle cene familiari.

 

Pazienza.
Finirò a fare la zia zitella dei miei innumerevoli nipoti e verrò invitata alle cene di Pasqua e Natale a turno da tutte le mie “famiglie allargate” e chiamata a fare la babysitter nelle serate di libera uscita degli ingabbiati genitori.

Ma solo quando mi và.
Ché, andando per stereotipi, i figli sono belli quelli degli altri.

Dicono.

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1 giugno 2006 4 01 /06 /giugno /2006 15:47

Pensavo di essere una giovane donna abbastanza navigata.
Non tantissimo, ma abbastanza sì.
Pensavo che difficilmente qualcosa nel microcosmo perugino sarebbe stato in grado di sorprendermi. Quantomeno, non mi aspettavo certo che potesse accadere ieri.

E invece…

Proprio ieri, causa matrimonio di un amico, mi sono trovata nella condizione di dover fare un regalo.
E’ un amico caro, compagno di scorribande notturne quando entrambi facevamo i PR, avvezzo a rimorchiare bariste greche fino alla conversione alla brava ragazza di paese con almeno 3 neuroni in testa, che oggigiorno non sono mica pochi.

Così, mi sono recata in uno di quei negozi molto trendy e chic in cui si fanno le liste di nozze. Dicono.
Timorosa, sono entrata.
Ed all’improvviso sono stata travolta da un mondo fatto di piatti quadri, tondi, ovali, esagonali, di bicchieri poliedrici di 14 dimensioni diverse, tovaglie di Fiandra o di raso e vasi in cristallo multisfaccettato, portaombrelli a forma di anatra e portafotografie in argento massiccio alto tre dita lavorato finemente a mano da minatori ucraini.

La claustrofobia aumenta.

Mi viene incontro una simpatica ragazza, acchittata come se ci fosse già ad un matrimonio.
Io, dopo 9 ore e rotti di lavoro e l’ora di pranzo fatta in palestra, non sto a raccontare che aspetto ho. Mi guarda come se fossi uno scarafaggio.
Andiamo bene.

Mi guida tra cento tavolini diversi, cento liste di 200 disgraziati che a breve convoleranno a giuste (o ingiuste, chi può dirlo) nozze in un lasso di tempo abbastanza breve. Tazze, tazzine, taglieri, centrotavola, candelabri, vassoi pesanti come un bambino di 5 anni, portacaramelle in cristallo swarovski preziosissimo… ma quanto saranno grandi ‘ste case dei futuri sposi?

Annuncio il nome della coppia alla commessa che sorpresa come gli indigeni davanti a Colombo esclama: “Ma è domenica prossima!!!! NON SI PUO’!!!” Non si può che???? Comprare un regalo???? Ma vattene…

Parecchia claustrofobia.


Navigando tra i tavolini delle varie liste, sbirciando i nomi in barba alla paranoica legge sulla privacy, becco pure una coppia di amici miei che, orrore, non solo non mi hanno né invitata né considerata, ma nemmeno avvertita dell’evento! Ma che bastardi...
E mentre sto ponderando di mandargli un telegramma con su una di quelle frasette  sceme tirate su da qualche sito specializzato,  sento salire in me un vago senso di inadeguatezza.
Ma che ci faccio qui IO???
Io che ho trenta anni suonati e nessuna storia degna di nota alle spalle?
Io, la persona assolutamente più inidonea al rapporto di coppia nonché alla cura della casa, cosa ci faccio qui, nel tempio della presina ricamata a mano dalle suore del convento di Santiago de Compostela?
Serve ancora la zuppiera da 25?
Che ci faccio tra piatti di limonge e servizi d’argento con 182 posate a cranio?
E, eventualmente, qual è la posata giusta per il pesce?
Ma soprattutto, cos’è il limonge?


Immersa nei miei pensieri, mi ritrovo sola ed abbandonata dalla commessa, nel reparto THUN.

Moltissima claustrofobia.


Solo io ho paura dei pupazzetti di Thun?
Solo io ne sono profondamente e mortalmente angosciata e minacciata?
Mi sembra che possano da un momento all’altro sbattere chi occhietti tondi distogliendosi per un attimo dalla loro ebete fissità, digrignare i denti e saltarmi al collo strappandomi la giugulare.
Mi terrorizzano, oltre a spaventarmi per il prezzo esoso.

Ma succede solo a me? Eccoli, si stanno muovendo, si sono mossi!!! L’ho visto!!!
AIUTO!

Insomma, la lista è giustamente finita ed è un peccato perché la futura sposa, in quella fiera dell’inutile e del pacchiano aveva scelto cose che incontravano il mio gusto spartano e assolutamente poco incline al limonge. Qualsiasi cosa sia.

Vado fuori lista, acquisto un vaso da terra con una bella orchidea di seta dentro. Settanta euro e passa la paura, consegna e bigliettino compreso.

Uscita dal negozio demoniaco, chiamo mia madre per cercare conforto.

Ho comprato il regalo per C. Un vaso da terra, bello.”

Bene. Quanto hai speso?

Settanta. Sarà poco?

No, va bene. Tanto questi soldi non li rivedrai più.”

Mica ti sposi, tu!”

Ma che bello. Grazie davvero. Non so se essere consolata dall’affermazione della mia genitrice o mettermi a piangere.

 

Grazie mamma.

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30 maggio 2006 2 30 /05 /maggio /2006 12:05

Oramai è risaputo, io sono una personcina moderata.

Di quelle che non esprimono mai con violenza le proprie opinioni, che non vogliono avere a tutti i costi ragione, sbattendo i piedini per terra come se avessero ancora l’età dell’asilo infantile.

Sì, sì.

Infatti.

Proprio per questo, ieri sera in libreria, ingannando l’attesa del film, il solerte Giacomo è incappato nell’errore madornale di darmi il La, mentre pigra sfogliavo l’ennesima biografia del Che.

Se fossi Dan Brown, vorrei 100 lire per ogni puttanata che è stata scritta dopo la pubblicazione del Codice da Vinci!”

E io, tranquilla ma con tono forte e deciso, continuando a sfogliare pigra il libro (lo so, non si fa, lo so, ma lo faccio sempre, è un vizio. Commessi di tutte le librerie d’Italia: odiatemi!) e non alzando nemmeno gli occhi: “E se io fossi Leonardo Da Vinci uscirei dalla tomba con un lanciafiamme in mano e ripulirei il mondo da tutti ‘sti deficienti”.

Silenzio di tomba.

Occhi bovini che mi guardano.

Ora, mi ritengo una pseudo-intellettuale del cazzo quindi non rompete.
Già lo so. Quindi, inutile che lo ripetiate.

E siccome c’ho una giusta dose di spocchia, nonché una certa conoscenza in materia di libri, posso permettermi di salire in piedi sulla seggiola, aggiustarmi gli occhiali, ravviarmi i capelli e giudicare.

Io, a differenza di molti, il libro l’ho letto.
E pure in tempi non sospetti, nel lontano febbraio 2003. Me lo ricordo perché ero a casa reduce da un brutto intervento e, non potendomi muovere ed essendo profondamente annoiata dalla Tv, mi lessi 14 libri in 40 giorni. Tra cui questo.
Ora, all’epoca mi apparve subito per quello che è.
Cioè un thriller, nemmeno tanto ben scritto, con una trama esile ma una materia intrigante.
Prolisso e leggermente noioso, fatto apposta per scatenare pruriti.
Il classico libro sciacqua-cervello, da leggere sotto l’ombrellone o, appunto, in convalescenza. Niente di chè, invero. Ne esistono di migliori, di più divertenti, e pure con più scene di sesso.

E’ il classico libro che piace e colpisce chi non è abituato a leggere.
E non lo dico con falsa modestia.
Ma con cognizione di causa.
Una consapevolezza che mi rende mio malgrado avulsa dal 90% della popolazione ed irritata dall'importanza dell'argomento del momento.
Mio malgrado, lo ripeto.

Chiaramente, non è che sono una di quelli che l’opera di Dan Brown la metterebbe al rogo, e soprattutto non per motivi religiosi. Io pensavo che la Sacra Inquisizione fosse sparita, ma evidentemente il nuovo Papa ed il suo simpatico revisionismo storico stanno già alimentando la mente degli invasati.

Dell’acclamato libro apprezzo l’indotto che ad arte è stato creato intorno a lui, generando milioni di cloni, di saggi, di omini sagomati, di raccolte punti e dispense illustrate. Complimenti ai re del marketing ed ai polli che ci cadono.
Clap clap clap.

E siccome fa figo, tutti hanno una copia cartonata dell’opera in bella mostra sulla libreria. E magari in fondo non ci sono mai arrivati, ma fa figo lo stesso. Chè tanto, si sa, la cultura si paga un tanto al chilo.


A chi lo ha apprezzato come thriller, consiglio un illustre maestro del genere.
A chi è rimasto incuriosito dalla materia, consiglio questo libro che, dica quel che vuole la gente, è stato scritto ben due anni prima del capolavoro dello zio Dan.

A chi lo ha apprezzato come capolavoro, consiglio un buon psichiatra. O una scuola serale.

A scelta.

Ora, nonostante questo andrete al cinema, ingrosserete le fila dei fan in tutto il mondo e quelle delle pecore omologate pronte per ricevere la verità e la saggezza a piene mani. Ingrosserete anche le tasche di chi, furbo, macina miliardi dietro la vostra sciocca superficialità e la vostra voglia di essere allegramente in.

Per questo, simpatici pseudo-lettori, è solo un libro.
Nulla di più. Se avete curiosità sulla Chiesa Cattolica, leggete i Vangeli Apocrifi, non Novella 2000.
Oppure, leggete di meglio, che sul mercato, cercando, esiste.
Cercando bene.

Basta non fermarsi davanti ai cartonati troppo grandi.

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24 maggio 2006 3 24 /05 /maggio /2006 17:00

American psycho è, senza alcun dubbio, uno dei casi letterari del ‘900. Certamente un’opera che fa riflettere, che riempe il cervello anche mentre si è in fila alla Posta o mangiando un’insalata seduti al bar.
Rimane con te.
Nel tuo cervello.
Ed il mondo appare all’improvviso diverso.


Scritto e pubblicato nel 1991, giaceva da circa 2 anni nella pila dei libri da leggere, scavalcato da novità e vecchie glorie, rimesso in fondo alla pila in momenti non adatti, coperto di polvere in attesa pigra del fatidico istante.

“Quando incontro una bella ragazza per strada, mi vengono in mente due cose. A una parte di me gli viene voglia di abbordarla, di parlarle gentilmente e di fare il galante con lei”. Taccio, scolo il mio J&B. “E all’altra parte? Cos’è che gli viene voglia, all’altra parte di lui?” domanda Hamlin. “Di vedere che effetto farebbe la sua testa infilzata su un palo”, dico io.

Il libro, la cui fama è innegabile fu lanciato puntando tutto sulla violenza e sulla morbosità di alcuni suoi capitoli (pochi in verità, anche se in tutti viaggia nascosta e strisciante una violenza inenarrabile), prova ne è il fatto che le riviste Time e Spy pubblicarono come anticipazioni rispettivamente la descrizione di uno scuoiamento e quella di una decapitazione con annessa fellatio, entrambe ai danni di giovani donne, scatenando un tale bailamme soprattutto da parte di associazioni femminili e di genitori preoccupati della purezza della propria prole, che la casa editrice fu costretta a ritardare l’uscita del romanzo (o alimentò il caso,  per giusto per vendere così un numero record di copie, a voler essere tendenziosi…).
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Tutto ciò ha fatto di American Psycho un libro straveduto, sull’onda della moda dei serial killer degli anni’90. Ma  di certo non un libro capito fino in fondo. American Psycho non è un thriller, né un libro sui serial killer.
E’ una metafora.
Ben 515 pagine di metafora.
Anche gli omicidi seriali diventano un puro pretesto, svelato in un finale che lascia in piedi molte interpretazioni e nessuna certezza vera. Patrick Bateman, il magnetico, schizoide, sadico yuppie protagonista della vicenda, forse è un assassino, forse è solo pazzo, ma senza dubbio alcuno è il feticcio di qualcos’altro, di qualcosa di diverso.

Alcuni critici ci hanno visto un peana alla nostra cultura, rovesciata completamente e denigrata, con Patrick abile burattinaio di un orribile spettacolo, dove i corpi vengono abusati, uccisi, divorati, trasformati, consumati, fagocitati, privati della loro umanità e risputati senza domani, buoni solo per le mosche. Come la nostra cultura, che celebra la trasgressione del sé negando l’umanità in nome dello spettacolo e della massificazione omologata.

Altri critici hanno invece cercato e trovato un messaggio politico nelle efferate gesta di Patrick lo yuppie, con la sua ossessiva litania ipnotica di marche, griffe, multinazionali, ristoranti alla moda, tecnologie inutili ma all’avanguardia e cocaina altri non è che il sistema capitalistico in persona, che conduce violentemente alla omologazione, alla de-umanizzazione, allo spoglio dell’anima simboleggiata perfettamente dall’abisso senza luce nel quale sprofonda Bateman, mentre schiaccia senza pietà e con animalesca ferocia tutti i ‘deboli’ che gli si parano innanzi: barboni, animali domestici, prostitute, ex compagne di liceo, conoscenti. Senza perché. Senza motivo.
Incapace dei sentimenti elementari.
Incapace di empatia.
Per il piacere del possesso.
Ed è così che và.

La società capitalistica non ha tempo per i non perfettamente omologati, li sfrutta per il suo piacere (eventuale e breve) e poi li getta in una discarica, smembrati, in modo da non avere nemmeno più la sembianza minima di esseri umani, così ridotti al rango di cose, giocattoli rotti da un bambino viziato, burattini mutilati, involucri vuoti, inutili, senza senso. L

Attenzione, questo è un romanzo “pesante” e molesto, sebbene così ipnotico e coinvolgente da essere stato da me consumato nel giro di sei giorni lavorativi.

Non mi sento di consigliarlo a tutti, specie se siete facilmente impressionabili.
In alcune scene della seconda parte mi sono sentita quasi male nell’immaginare le torture che infligge l’elegante yuppie alle sue ignare vittime. Da donna mi sono sentita disturbata, impaurita, minacciate e disgustata.

Ma è anche vero che nelle prime 150 pagine è molto facile sentirsi affini al giovane Bateman.
Chi di noi non vorrebbe uccidere con una sparachiodi il collega leccaculo che ci ha soffiato l’affare del secolo?
Chi di noi non ha mai immaginato di far soffrire con indicibili torture medievali la donna o l’uomo che ci ha abbandonato spezzandoci il cuore? 
Chi non ha mai sentito il desiderio fortissimo di tagliare la giugulare al furbone che scavalcano la fila ci soffia il turno alle Poste?
Fantasie.
Anche positive, perché ci ermettono di scaricare l’aggressività.
Solo fantasie che non realizzeremo mai, a causa della morale, dell’educazione, ma anche e soprattutto per paura delle conseguenze e dei sensi di colpa. E allora scatta automatica la simpatia con il perfido yuppie psicopatico. Ma niente è come sembra davvero.

Forse…

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19 maggio 2006 5 19 /05 /maggio /2006 15:52

Ci sono cose che accadono così.
Proprio quando non te lo aspetti, quando la noia di una serata come tante già ti stordisce prima di cominciare.
Ci son serate che sembrano morte.
Noiose.
Vuote.
Spente.

E poi, all'improvviso, nel buio, una luce.
Poi, come se la logicità non fosse che una parola vuota, succedono cose così.

Chi l'avrebbe mai detto???

Anche io trashreporter per un giorno!!!!

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Tutto quello che c'è nella mia testa...vita, amore, arte, libri, immaginazione, musica. Il tutto naturalmente immerso nella confusione più totale. Poco? Qualche volta, pure troppo!!!

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