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14 febbraio 2018 3 14 /02 /febbraio /2018 13:30

Ipermercato all’interno di un grande centro commerciale.

Sabato pomeriggio.

Bolgia.

Accanto a me, Emma vestita da Rapunzel.

Siamo venuti qui solo ed esclusivamente perché le scuole dell’infanzia della provincia hanno fatto un concorso e la nostra ha ricevuto un attestato e del materiale didattico.

Siamo entrati nell’ipermercato perché i nostri nuovi gattini, Sibilla e Serafino, ci hanno fatto fuori la luce di cortesia del corridoio scambiandola non si sa come per una pallina rimbalzina e di andare da un’altra parto con questo freddo proprio non mi va.

“Prendiamo anche i wurstel per papà?”
“Ma è a dieta, Emma.”
“Dai! E’ rimasto a casa!”
Beato lui, aggiungerei volentieri, ché in mezzo a sto casino sclero io figurarsi lui.
“Va bene”
“E il sushi? Per l’aperitivo!”
Mia figlia a quattro anni ed è già viziosa.
Vabbè.

Ed eccoci qui alla cassa veloce, quella massimo dieci oggetti, con una scatola di sushi, una confezione di wurstel e la luce di cortesia.

La spesa intelligente.
Le altre casse brulicano come formicai.

Davanti a me in fila una ragazza con lo chador e un vecchino senza cappello, ma col carrello pieno.
Oggi si ride.

La ragazza passa, paga, sta imbustando la sua spesa ed il vecchino esplode.

“Come sarebbe  adì che non posso pagare qui?”
La commessa, dai grandi occhi blu e dall’aspetto di una liceale, con un fil di voce e molta educazione gli dice: “Mi spiace, deve fare una delle altre file. Qui è massimo dieci oggetti e lei ne ha molti di più”

“Eh, ma ‘ta quella tlì col fazzoletto l’ha fatta pagà!”
“La signora aveva otto oggetti e poi non la riguarda”
“Eh! Ce vengono ‘n casa e ce mangnono in testa! Ma ariveranno ‘ste elezioni! Poi vedete!!! Finisce 'sta festa!”
Ok, ragazzina: tranquilla: ci penso io.
Ora basta.
Prendo in braccio Emma, sorpasso a sinistra il carrello del vecchiaccio, metto i mie tre oggetti sul nastro, depongo mia figlia (sempre vestita da Rapunzel con tanto di corona) e mi giro verso di lui serena: “Senta, la cassiera è troppo educata per dirglielo e allora glielo dico io in un modo a lei comprensibile: HA ROTTO I COGLIONI. Lo capisce? Sta importunando me, tutti quelli in fila dietro, la cassiera e la signora che ha pagato prima di lei. Questa è una fila veloce per chi ha pochi oggetti e lei non ce l’ha. Se non si toglie chiamo la sicurezza e poi vediamo chi ha ragione.”

Cinque minuti di applausi, grazie.

Mi giro, lui indietreggia col carrello pestando i piedi con le ruote a quella dietro che protesta, andandosene poi inneggiando al ritorno del rigore e della serietà, e vaffanculo ‘sti marocchini e 'sti comunisti che li difendono.

“Grazie” mormora la cassiera bambina abbassando gli occhi.
Le vorrei dire che nella vita se non si fa valere lei per se stessa non lo farà nessun altro.
Che la paura non risolve nulla, mai.

Che mia nonna, fiera della sua terza elementare, diceva sempre che l’ignoranza fa più morti del vaiolo.

Che questo paese fa schifo e vorrei che mia figlia volasse via da grande.

Invece mia figlia ha fretta, deve andare a tirare stelle filanti.

 

E allora ciao mondo crudele, noi ancora dobbiamo giocare.

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30 maggio 2016 1 30 /05 /maggio /2016 08:00

Mi siedo al tavolino del bar del centro commerciale, mi tolgo il giubbino che l'aria condizionata non è ancora accesa, tiro fuoriil fidato ebook reader e mi metto a leggere.
Soluzione ideale per la pausa pranzo, non trovate?
Accanto a me una famigliola tipicamente nord europea, tedesca o forse olandese. Madre, padre, due pargoli rossi come il fuoco sia di capelli che di lentiggini. Mangiano di gusto la pizza del bar, cosa che un italiano non gradirebbe neanche dopo tre mesi di prigionia in un buco scavato dal califfato.

Quadretto idilliaco, non è vero? I due pargoli hanno circa cinque e tre anni, maschio il primo e femmina la seconda.

Mangiano avidamente la pizza accanto a me quando, per un fenomeno da me non interpretabile vista la lingua teutonica, la bambina scoppia in lacrime disperate urlando "Nein, nein!" ed iniziando a dimenarsi prima in piedi e poi sdraiata a terra in un susseguirsi esponenziale di grida acute.
Il padre, impassibile, mangia la pizza. 
La madre parla col figlio maggiore e conversano amabilmente.
Se non fossi madre di un equivalente italiano della rossa urlante inizierei a credere di sentirla urlare solo io.
E invece.

La bambina smette di frignare e si siede. La madre, risvegliata dal coma imposto, la accarezza e le asciuga le lacrime e il moccio che non manca mai. La prende per mano e la accompagna presumibilmente in bagno.
L'ho già detto che i due anni sono la prima adolescenza?

Accanto a me il padre ed il fratello sghignazzano. Lui mi guarda e mi dice in inglese: "Mi scusi!"
"Ma no, niente. Ne ho una uguale a casa."
"Due anni e un po', eh?"
"Eh già."
"Eh."
"Solidarietà."
"Solidarietà"

Passano, poi, eh.

 

 

 

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11 maggio 2016 3 11 /05 /maggio /2016 08:00

Lavoro vicino ad un nuovo ed abbastanza grande centro commerciale, dotato di sushi e supermercato e per questo da me abbastanza frequentato in pausa pranzo.

Entrando nel supermercato per fare la spesa, oggi non ho potuto non notare un bambino, di poco più piccolo di Emma, seduto nel carrello e intento a piangere con la disperazione e la metodicità tipica di chi è disperato in un modo così grave da oltrepassare il punto di non ritorno. Tipo Emma quando le comunico che è finita la cioccolata, per dire.

Ok, non mi dà fastidio” penso tra me e me. I bambini si sa, fanno casino, ma non danno (quasi) mai davvero fastidio.

Solo che la sirena che è allocata nella bocca della creatura ha deciso di non spegnersi né dopo 5, né dopo 10 minuti. Nemmeno dopo 15. I genitori, entrambi presenti, tranquilli fanno la spesa come fossero alieni. O sordi. Forse sordi ci sono diventati, ora che ci penso. 
E nonostante il supermercato sia molto grande, rieccheggia delle urla disperate del bambino, inconsolabili ed altissime.

Passa il tempo e lui continua a piangere, livido in volto, senza che uno dei due genitori se ne avveda o prenda provvedimenti., 

Mentre inizio a credere di assere vittima di una candid camera anni '80, mi ritrovo ad avere una crisi d'ansia. Che farà Emma? Starà bene? Oddio, non ce la faccio più a sentirlo piangere... Ma come faranno i suoi genitori a rimanere così distaccati?

Persa nel mio mare d'ansia e tachicardia arrivo alla cassa, dove il solito ciarlare dei clienti è ridotto al silenzio. Sopra di esso, lui che piange disperato e acuto. 
"Oddio" esordisce un uomo in fila davanti a me "non mi ricordo manco quello che dovevo comprare... questo pianto dirotto mi sta uccidendo i nervi!"
"Pure io. Mi sto sentendo male. Ora vado lì e lo prendo in braccio io." propone una ragazza.
"E' che a quest'ora i bambini devono dormire, non andare in giro" redarguisce una anziana signora.
"Già, le esigenze dei piccoli prima di tutti!"
Tutti annuiscono, ma questa nostra mutua intesa col pargolo non arriva a confortarlo, visto che il pianto è sempre più forte. 

Pago e me ne vado mentre il pianto rieccheggia ancora tra gli alti soffitti del centro commerciale. Me ne vado chiedendomi dove finisca la necessità di imporre l'educazione e cominci il menefreghismo verso gli altri.

Intanto, grazie mille per la boccata d'ansia.

 

 

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Tutto quello che c'è nella mia testa...vita, amore, arte, libri, immaginazione, musica. Il tutto naturalmente immerso nella confusione più totale. Poco? Qualche volta, pure troppo!!!

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