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14 aprile 2011 4 14 /04 /aprile /2011 19:28

La mia povera Peugeot 206, classe 2004 e con più di 1 50.000 km alle spalle sta per tirare le cuoia. La sento, mi parla, mi dice che no no no non ce la fa più con la vita frenetica. Che le ci vuole un restyling, magari la cinghia di distribuzione (che non so manco cosa sia, ma è più cara di una cinta di Prada sicuramente) o un pezzettino di motore nuovo. Chessò, almeno i tergicristalli.
La dovrei cambiare, lo so. Solo che come posso fare co'sti lumi de'luna
La rubo? Mi indebito a vita? Inizio a prostituirmi?
Mentre scelgo tra le varie opzioni, giro ancora col mio pegiottino scassato.

Ma il diavolo, si sa, fa le pentole ma non i coperchi e io vengo "circuita" dal venditore della Toyota che viene sempre in ufficio per le macchine aziendali. 
Come la strega del mare alla piccola Ariel, mi sussurra all'orecchio: "Perchè non vieni a provare? Senza impegno, chiaro! Te la lascio un paio di giorni!!" E la lei in oggetto è la nuova Toyota Verso-S. Color azzurro cielo. Mi dondola le chiavi davanti e con lo sguardo di Satana negli occhi me le porge.
"Ma quanto costa??" nicchio io previdente.
"Tu intanto provala".
"Mmmmm... vabbè, ma solo per due giorni"Insomma, la bambina si guida con un dito ed è grande come il salotto di casa mia. Dentro ci ho infilato: la sacca della palestra, la busta della spesa, due cartoni d'acqua e la scorta di sabbia per il gatto. E lei non ha fatto una piega. senza considerare che posso ascoltare la musica dall'Ipod direttamente e telefonare in vivavoce. E si sente! S^, lo so che oramai oggi lo fanno tutti. Ma per me è tutto nuovo! Ah, dimenticavo: ha la telecamera posteriore per parcheggiare. Cioè, non so se mi sono spiegata. Una telecamera. 

Ma Satan..ehm, no, il venditore della Toyota volevo dire, passati i due giorni la rivuole indietro. E mi stacca un preventivo così simpatico per le mie tasche da farmi valutare l'acquisto della cinghia di distribuzione (di Chanel, magari) per la mia carriola.
Però c'ho lasciato il cuore, porca pupazza ladra.

Ma proprio mentre stavo per arrendermi, dalle pagine di Vanity Fair mi viene in aiuto lui. Sì, lui. Luca Argentero. Bello come il sole. E fa la pubblicità della Toyota Verso-S. E presenta un concorso per vincerla. In pratica, siccome la Toyota Verso-S merita di esser guidata dalla donna perfetta, chi mai al mondo potrebbe mai scegliela se non il più figo del reame, e cioè lui? Come fare a farsi scegliere? Corteggiarlo, iscivendosi al concorso Whatawomanwants e pubblicare una serie di foto che parlano di te e che ti rendano degna della scelta di  Luca Argentero.
No, nude no. Contenetevi, donne. E usate la creatività.
Ora, non c'è lettore del mio blog che non sappia della mia passione sfrenata (platonica, eh! PLATONICA!) per Luca Argentero. Lo sa anche il mio fidanzato, ma la tollera. Anzi, mi accompagna pure al cinema. Sant'uomo.
E state pur sicura che la possibilità di corteggiarlo, di leggere il suo blog creato per l'occasione, bazzicare la pagina di Facebook dove posso anche studiare le mie avversarie e, ciliegina sulla torta, vincere pure la macchina che mi piace io non me la lascio scappare. Ecco, magari posso puntare pure sul mistero, tipo mandargli qualche foto del mio bellissimo lago, ché si innamora non solo di me, ma della location.
Me nuda, no.
Meglio di no.
Per tant motivi.
Meglio il mistero.
Sì.

E sono certa che sceglierà me.
Sì sì sì.
Indipendentemente dalla sua bellissima moglie, Myriam Catania.
E anche dall'Amoremio, luce dei mie occhi.
Ovvio. Si gioca, suvvia
Certo.

Magari scovo pure il suo numero di cellulare...


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8 aprile 2011 5 08 /04 /aprile /2011 14:51

In questi giorni di sbarchi, di clandestini, di forti conflitti su chi se li prende questiio no, io nofuori dalle palle mi è capitato tra le mani un libro che pare fatto apposta.
Si tratta di un libercolo piccino, di quelli  che sanno di etnico e che pubblica solo E/O: Divorzio all’islamica a viale Marconi di Amara Lakhous. Lo scrittore, celebre per Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio è uno scrittore algerino che vive e lavora a Roma e che si è occupato dei problemi della prima generazione di immigrati che sono nati in Italia e per questo spaccati tra due mondi.
A parte la storia su cui non mi va di dare anticipazioni e che è irrilevante ai fini della mia riflessione, quel che mi è piaciuto del libro è il suo dare uno sguardo diverso sulla comunità dei migranti. Uno sguardo da dentro, sulle problematiche che non sono solo quelle strettamente legate alla sopravvivenza, ma anche all’incontro dei mondi, alle tradizioni, alle differenze che poi non son così tante e spesso basate sull’ipocrisia.

Leggo questo libro e mi immagino gli emigranti dell’inizio del secolo, che partivano dall’Italia con la valigia di cartone e dopo viaggio massacranti venivano stipati come bestie ad Ellis Island in attesa di essere valutati, misurati e controllati come pecore prima del macello. E poi, una volta entrati finivano ghettizzati, triturati e derisi. Molti ce l’hanno fatta, lottando con le unghie e con i denti. Prendendo a testate la vita, con caparbietà. Ma altri no.
Retorica? Sì, forse, ma anche no. Forse è solo memoria.
 
Eh, ma noi lì ci andavamo per lavorare, mica a fare i delinquenti!!!
E certo, infatti la mafia s’è importata da sola negli States non si sa con quale metodo!
Ma quella l’han portata i terroni!
A vabbè, ma se la buttiamo sul miopiccolomondoanticodi5mq vs restodelmondo non ne usciamo più!
E poi, ma chi lo dice a questa gente che i clandestini son tutti delinquenti? Su quale statistica si basa? Ma tu italiano medio davvero pensi che un uomo come te possa affrontare un viaggio pagato oro su barconi di fortuna, rischiando la vita per venire a delinquere in Italia? In genere i delinquenti, amico mio, viaggiano in business class non scordarlo.
Ma fuggono dai campi di accoglienza, da questo si capisce!
Logico. Ma voi non fuggireste da un posto in cui per tre giorni non vi danno nulla da mangiare e meno da bere? Dove si litiga un pezzo di pane? Meglio rischiare la fuga, cercare di raggiungere un parente in Francia o magari in Germania. Meglio morire cercando un po’ di libertà che ricadere nelle stesse mani da cui si è fuggiti.
 
Ma tu, cittadino medio, sei così cieco da non vedere?
Da non immaginare che questo governo sotto scacco di una Lega xenofoba e schiavo di una destra che gira ancora con l’olio di ricino in mano ti vuole far avere paura?
E tu che fai?
Hai paura!
E fai bene.
Bravo.
Abbi paura.
Ma deve esser tanta.
 
In fondo, te lo meriti…

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7 aprile 2011 4 07 /04 /aprile /2011 14:14

Io, il mio gatto, lo adoro. Lo adoro anche se gli ho dato un nome originale, Nevruz, in omaggio ad una festa araba e causa un allora imminente viaggio in Turchia. Eh, sì. Il tempo vola  e Nevruz ha quasi 10 mesi. Da un gattino timido e gracile che non poteva nemmeno saltare da quant’era magro è diventato un gattone di quasi sei chili.
Bello, rosso e bianco, tigrato e dal pelo lucido, il mio gatto è il re del divano.
Ma come i bambini devono prima o poi lasciare il caldo nido per andare alla scuola materna, anche il mio gatto deve evolversi e crescere. Specie perché io vivo al limitare di un bosco, in una zona dove passano pochissime macchine e dove la natura regna sovrana.
Quindi, mio caro Nevruz, ora che fa caldo vai e esplora il mondo.
Peccato che il mio gatto sia recalcitrante, forse esemplare tipo della specie felinus addivanatus.
Certo, all’inizio abbiamo cominciato con un paio d’ore e siamo restati in casa. E lui, titubante giocava in giardino per poi rientrare frettoloso.
Ora, con una prova di forza dell’Amoremio, lo lasciamo fuori tutto il giorno mentre noi siamo al lavoro.
Tanto se andrà a caccia. E’ un felino.
Vedrai che ci riporterà anche le sue prede come trofeo!!!!
Eppure il mio gatto è sì bellissimo, ma cacciatore come Silvestro. Quest’inverno ha avuto la peggio con una cimice, per dire. Così i giorni passavano e di prede nemmeno l’ombra, anzi dalla terrazza vedevo il mio rosso amorino inseguire le foglie secche nel prato.
Finché stamattina, mentre io ero impegnatissima in una furibonda litigata con l’armadio, sento miagolare con insistenza maniacale. Esco dalla camera, vado in corridoio e lì incontro l’Amoremio. Insieme apriamo la porta di casa e ci troviamo davanti Nevruz che, tutto tronfio, reca sotto la zampa la sua prima preda.
Mrrrrriaooo!
Sposta la zampa e la vedo. Lì. La sua preda.
Una pila stilo. Ammaccata, anche.
Lo ripeto: una pila stilo.
Una. Pila. Stilo.
U-N-A P-I-L-A S-T-I-L-O.
Ammaccata, per di più.
Tutto tronfio la fa rotolare col muso sin dentro casa e la posiziona accanto al topolino finto e alla molla di stoffa, suoi giochi preferiti. Fatto ciò inizia a rotolarsi per ricevere i giusti e doverosi grattini dei suoi padroni.
L’ha scelto tu questo gatto. Non è normale mi apostrofa l’Amoremio
E’ solo un gatto ecologista lo gelo io.
 
Faccio spallucce e inizio a coccolare il mio guerriero.
Anzi, tutti e due, per non fare torto a nessuno.
Certo che il gatto che fa la raccolta differenziata ce l’ho solo io.
 
 
Meglio di certa gente, mi viene da aggiungere…

 

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6 aprile 2011 3 06 /04 /aprile /2011 15:01

In genere io odio andare dal parrucchiere. Lo so, non è molto femminile, anzi. Le donne adorano andare dal parrucchiere, farsi mettere le mani nei capelli e farsi impiastricciare tutte. A me, a dirla tutta, è sempre sembrato un modo per torturarsi e torturare.
Bigodini, piastre, composti chimici così urticanti da schiarirti i capelli, orribili impiastri che colorano le chiome, forbici e rasoi. No, proprio non fa per me.
Però, come diceva mia nonna “Chi bel vuol comparire, qualcosa deve soffrire” e proprio l’altro giorno guardandomi allo specchio mi è sembrato di avere l’aspetto di un topolino delle risaie. O meglio, di una nutria. Sì, decisamente avevo i capelli color nutria.
Ed all’improvviso mi sono resa conto che, presa tra mille e più cose da fare, mille e uno impegni, da più di un anno non mi avvicinavo al parrucchiere nemmeno per sbaglio. E sì che di tempo ne è passato, ed i miei capelli non potevano sopravvivere un giorno di più i queste condizioni.
Così mi sono arresa, ho preso appuntamento e  sono andata.
Un altro motivo per cui sono restia al parrucchiere è che mi manca la visione di me stessa. Sì, lo so, è grave, ma non sono mai in grado di dire Mi starebbe bene questo oppure Sto meglio così.
Niente.
Non lo so.
E così sono anche complicatissima da consigliare e faccio impazzire il povero arruffa-capelli di turno che mi si deve spupazzare e cercare di indirizzare verso un taglio di capelli almeno umano.
Sì.
Che poi i parrucchieri si fanno delle idee su di te, che spesso e volentieri con te non c’entrano nulla e vorrebbero inventarsi cose assurde coi tuoi capelli. Che poi, una si deve pettinare tutti i giorni ed io son anche poco adatta. Così, su consiglio dell’Amoremio sono andata da un parrucchiere molto stiloso da cui lui va a curarsi la fluente chioma. Sapete, uno di quelli con il negozio pieno di vetri e frequentato da modelle anoressiche che vestono solo Liu Jo.
Mi ci vedete?
No, nemmeno io.
Ma lui ed i suoi assistenti si sono buttati su di me come falchi su un topolino (sarà stato il colore dei capelli?) lasciandomi poca a ria da respirare.
 
Ci facciamo rossa?
Piuttosto muoio.
Allora riccia, con un po’ di permanente!
Mpf…
Bionda?
Ma tutta?
No, solo un po’. Nature!!!!
Sì, vabbè.
 
Insomma, dopo quattro (e dico q-u-a-t-t-r-o!!!)  ore di tortura in cui i miei capelli sono stati sabbiati, nutriti, riflessati, decolorati, ritinteggiati, scartavetrati, ammorbiditi, palpeggiati, tagliuzzati, scalati  e molto altro ancora sono uscita dal parrucchiere.
Con una testa nuova e molto più bionda.
Oddio, ripensandoci la testa è sempre quella vecchia e piena di cavolate.
 
Accontentatevi…

 

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6 aprile 2011 3 06 /04 /aprile /2011 07:04

Arriva la primavera, anzi è già qui.  
Sole, tramonti, voglia di stare all'aria aperta, di uscire con gli amici e buttar via l'aria stantia respirata nei lunghi mesi invernali.

E cosa c'è di più bello che togliersi stivali e pesanti scarponi, liberando i piedi? E cosa c'è di meglio di un paio di scarpe da ginnastica?
Certo, una volta quando io ero gggiovane le sneaker erano dominio esclusivo del tempo libero, mentre ora sono diventate scarpe per tutte le occasioni, anche mondane.
Questa primavera Puma propone una rivisitazione moderna di due modelli senza tempo: le suede, fatte di quello che mia nonna chiamava vellutino e le basket classic, di pelle,  che io personalmente adoro.  Colorate, allegre, divertenti: non sanno forse d'estate? 

Solo a guardarle mi viene voglia di fare il cambio dell'armadio.
Anzi, domani lo faccio.
Sì.

Lo giuro.

Ma c'è di più. Per festeggiare l'arrivo della primavera Puma organizza  puma social in tutte le città d'Italia. Una serie di eventi in tutta la Penisola che mirano a festeggiare tutti coloro che grazie a queste colorate sneaker diventano dei veri e propri atleti della notte. 

Afterhour athete, per dirla con sciccheria. 
Perché questi eventi non riguardano solo l'Italia, ma tutto il mondo.  Dal Sud Africa agli USA passando per le capitali europee.
Un mondo pronto a festeggiare, e non posso che approvare la scelta del connubio sneaker/drink in mano: perché le donne si devono sempre ammazzare sui tacchi?

Gli eventi saranno divisi in tre momenti successivi:
1) Pomeriggio al negozio Puma con distribuzione di gadget e giochi di gruppo
2) Aperitivo nei locali più alla moda
3) Grande festa nel locale scelto da puma social


Si parte da Taranto e Bari (il calendario lo trovate qui) e poi si prosegue senza soluzione di continuità.
Ahimè, la mia bella e rinomata cittadina del centro non è contemplata da questo evento. Per non rinunciare all'evento andrò a raggiungere alcuni amici a Roma o a Milano.

Che ne dite, organizziamo una festa tutti insieme?

 

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4 aprile 2011 1 04 /04 /aprile /2011 10:21

In principio fu la tombola.
Ci giocavo a Natale,con tutto il parentado di zii, nonni e cugini pronti alla lotta dura per smaltire il pranzo pantagruelico. 

Non è che giocassimo sempre, ma  abbastanza spesso e con sufficiente livore da far esplodere il morbo assassino del gioco nella mia mente da bambina.

E da allora, poco è cambiato.
Anzi, l'unica cosa che è cambiata è che da bambina ero un fulmine, negli ultimi anni una schiappa. 
Forse ho perso il mio fluido, forse è solo l'innocenza di bambina che se ne è andata.
Forse.

Che fare, arrendersi e rinunciare ai giochi natalizi? Navigando su Internet sono incappata nel sito della Sisal. Un sito molto carino, tutto colorato e dall'aria divertente dove si possono fare tutti i giochi tradizionali della Sisal: gratta e vinci, Win for life. E bingo online.
Ho alzato lo sguardo sull'Amoremio seduto accanto a me sul divano e ho lanciato la proposta: "Giochiamo?"

Così siamo entrati in Sisal Bingo aprendo un conto veramente irrisorio di € 5,00. Per non dimenticarsi mai che è solo un gioco e non deve diventare una malattia. Ma tanto, ci siamo detti, chi ci sarà? Invece abbiamo scoperto con meraviglia che il sito della Sisal non solo è divertentissimo, ma è anche molto frequentato. Pieno di gente di tutte le età, ma soprattutto di ragazzi che oltre al gioco in sè approfittano della chat presente in ognuna delle cinque diverse sale bingo a cui si può accedere.

 

Non solo. Tutti i mercoledì partecipano alle chat personaggi del mondo dello spettacolo (celebrities, se masticate l'inglese) per discutere dei temi più diversi: moda, cucina, astrologia, musica e via discorrendo. Per la cucina ad esempio c'è Simone Rugiati che io trovo troppo divertente. Chissà, magari insegna a cucinare persino a me...

Ma ora zitti tutti, inizia la partita!
Felici di aver comprato cinque cartelle a 20 centesimi l'una attendiamo l'inizio e scopriamo che questa partita la giocheremo in cinquantaquattro. E da tutta Italia, immagino! Fico! Mai avrei pensato che fosse un gioco così frequentato e neppure che il sito fosse così carino e facile da caricare. In un attimo sei in una delle sale bingo a  tua scelta e puoi iniziare a giocare, proprio come se fossi nel Bingo reale sotto casa di mia suocera.
Con la coda dell'occhio osservo il tentativo di acchiappo in chat di tencap verso mukka80. Ce la farà? Riuscirà a conquistarla? Certo, pure lei con quel nick...
Ma ecco che si comincia!
I numeri scorrono velocissimi, ma grazie alla funzione di spunta automatica si è solo osservatori (molto poco) passivi. Io sono riuscita a trafiggere il ginocchio dell'Amoremio con tutte e cinque le unghie della mano destra. Per dire.
Ma in fondo è solo un gioco, no?

E non  volete sapere com'è finita?

Come scorrono veloci i numeri, eh?

NOOO! Hanno fatto cinquina!
Mannaggia...
Ci resta la tombola!
Non si dice tombola, ma Bingo!
Ma sarà uguale? Che cambia?
Cambia, cambia. 

Nooo!! hanno fatto Bingo!
Maledetti..
Rigiochiamo
Sìììììììì!!!!

Speriamo non diventi una mania...

 

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1 aprile 2011 5 01 /04 /aprile /2011 13:56

Ieri occasionalmente mi è capitato di ascoltare “Un giorno da pecora” su Radio Due.
Mi capita di rado, non perché non mi piaccia Sabelli Fioretti e Lauro, ma perché in genere a quell’ora (l'ora di pranzo) sono in altre faccende affaccendata.
Insomma, uno degli ospiti della puntata chiamato a rispondere con ironia alle bordate dei due conduttori era Alberto Zangrillo.
Per chi non lo sapesse costui è primario al San Raffaele di Milano, medico personale del nostro amato PdC  e anche esternatore di acute osservazioni sulla meritocrazia in medicina. Per poi accostare allegramente il figlio, ovviamente. Ah, no. Lui era bravo di suo.
Sì, certo.
Insomma, un simpaticone.
Uno da cui farsi curare tranquilli e felici.
Sì.

Nella parte da me ascoltata (il podcast lo trovate agevolmente qui) si è curato bene di dire a chiare letetre che:

 

  • Berlusconi camperà minimo altri 15 anni (e sconfiggerà anche il cancro? Mah, non si sa)
  • Non conosce la fidanzatina di Silvio, al massimo conosce Veronica. Forse perché la fidanzatina non esiste?
  • Non ha mai visto né conosciuto nessuna Olgettina in quanto tutte godono di ottima salute.

Ma la parte che mi ha irritato di più è stata un'altra. Sabelli fioretti gli ha chiesto un parere sull’eutanasia e lui, dal nulla, ha risposto: “Saviano non ha ragione”
Ed è partito senza requie con un pistolotto contro Roberto Saviano reo del famoso monologo su Piergiorgio e Mina Welby. E su Luana Englaro, anche.
Gli è stato chiesto: “Mi scusi, ma se le chiedessero di non attuare l’accanimento terapeutico?”
Risposta: “L’hanno fatto, ma io non li ho ascoltati.”
Bella persona, sì. Ma lui insiste: “Che poi, se uno lo chiede, vuol dire che ancora è capace di intendere quindi può essere salvato”
Bravo. Bravo.
Ma brutto imbecille, se ho una malattia degenerativa impossibile da curare come l’aveva Welby, permetti che io possa anche decidere di non campare come un Ficus Benjamin per 10 anni? Come puoi essere così accetcato dalle tue convinzioni da non ammettere che si possa smettere di procurare artificialmente la vita quando questa non ha senso e non rispettare le opinioni degli altri?
Come puoi essere così arrogante da non ammettere questa possibilità? Chi sei, Dio? Ecco perché prego di non finire mai, mai, mai in mano ai dottori. Perché esistono gli uomini come te, che si arrogano diritti che non hanno.
E non in nome della legge, questo potrei capirlo (anzi lo capisco), ma di un diritto naturale, di una superiorità morale che non possiedono affatto. Preferisco farmi curare dal Mago Otelma, guarda.
E poi il simpatico Dott. Zangrillo  chiosa affermando anche che lui Roberto Saviano non lo curerebbe mai. Figurarsi.
Ora, giuramento di Ippocrate a parte, ma che t’ha fatto?
Cioè, a parte non pulire con la lingua il profumato sedere del tuo padrone, intendo. Ha detto male di te, dottore? Io non trovo che Roberto Saviano sia un Dio, nè un martire o un eroe. E' solo uno scrittore che ha avuto ed ha il coraggio di dire la sua anche mettendosi a rischio. Può non stare simpatico, può non piacere, ma arrivare addirittura a dire che preferirebbe non curarlo mi pare eccessivo.
Sicuramente preferirebbe curare Gheddafi, ché è amico di famiglia.

Io capisco, i soldi sono soldi, ma la dignità Dott. Zangrillo? La sotterriamo sotto le banconote?
Fai una cosa, dottore: insieme alla tua laurea, ai tuoi diplomi, alla serie infinita di cartacce che esponi nel tuo ufficio elegantissimo metti anche una lista.
Sì, un elenco, molto Saviano style. Un elenco dei motivi per cui hai scelto di fare il dottore.
 
Poi ne riparliamo…

 

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30 marzo 2011 3 30 /03 /marzo /2011 14:10

Avevo in mente un post divertente da scrivere, davvero.
U
n post buffo, sulle disavventure femminili con gli uomini, un post sulle disgrazie della singletudine ma anche della vita di coppia.
Per ridere, insomma.
Era tutto pronto, lì, nella mia testa.

Poi però non ce l’ho fatta, ho passato.
Perché, per dirla tutta, non mi è uscito.
Perché quest'abbozzo di primavera mi sta regalando mille rogne, forse portate dallo scirocco non lo so. Ma magari anche sì.
Perché mi sento accerchiata da mille problemi quotidiani, che mi sono esplosi intorno all’improvviso.
Secondari, niente di impossibile da risolvere e niente a che vedere con la salute, tranquilli.

Niente di grave per carità, solo l’ordinaria amministrazione che diventa straordinaria. O forse lo era anche prima, forse sono io a non aver visto il mondo intorno a me mutare, evolvere e restare sempre lo stesso, troppo presa dal lavoro, dallo scorrere incessante dei giorni, dagli impegni.
Vorrei esser bambina, non dover affronate problemi che non so o non posso risolvere, ma che poi sono sempre lì e toccano solo a me.
Ed eccomi ad affogare, a cercare di raccogliere i pezzi, a fare l’equilibrista con l’ombrellino in mano. A pensare costantemente a fare tutto, cercando di non crollare. E sorridere, perché gli altri devono credere che vada tutto bene.
Va tutto bene.
Ci sono io.
Ci penso io.

Almeno finché reggo, finché l’ansia che mi divora non prende il  sopravvento e vince.
E vorrei piangere, vorrei piangere e sentirmi abbracciata, consolata. Ma come posso essere consolata se non riesco ad esprimere il mio disagio? Se mi muore in gola, se non riesce ad uscire e riesco solo a dire Va tutto bene e continuare a macinare?
Si, va tutto bene, o almeno ci andrà.
 
Ci penso io, tranquilli…

 

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29 marzo 2011 2 29 /03 /marzo /2011 13:46

Dopo le leggi ad personam,. Dopo le notizie balenghe (Littizzetto op.cit.) di Minzolini, dopo l’informazione al colesterolo di Ferarra, ecco a voi le notizie ad minchiam di Phoebe!
 
Se Santi Licheri fosse vivo le farebbe ingoiare il martelletto a forza.
Apprendo per puro caso grazie a Caterpillar che a Forum è successo un fattaccio: pare infatti che (scandalo!!) i partecipanti siano figuranti con un copione e che (doppio scandalo!!!) sia tutto finto anche se dicono al contrario di essere un servizio sociale.
Ora, che si inventino la lite tra due vicini per una siepe mi sta bene, ma che chiamino una finta aquilana di Popoli, la facciano litigare con un finto marito e poi la facciano chiacchierare a braccio su quant’è bella e completa la ricostruzione dopo il terremoto a L’Aquila è assurdo.
La ciliegina sulla torta è stata l’innocente affermazione che “quelli che stanno ancora in albergo ci stanno perché gli fa comodo e gli piace essere serviti”.
Insurrezione popolare garantita, con Stefania Pezzopane che scende in campo e scrive a Rita Dalla Chiesa perché figlia di cotanto padre (che si rotola nella tomba da almeno un decennio). Lei risponde che a Forum si dice solo la verità.
Aziendale, ma la verità.
Clap clap clap.
 
Red button = Meltdown
Escono le radiazioni dalla centrale di Fukushima, il nocciolo fonde, il mare è inquinato mille mila volte più del consentito. Quanti reattori fanno le bizze? Però tranquilli, non è niente di grave. Stiamo tutti bene. Tranquilli. No, quello che ti sta spuntando in fronte non è u terzo occhio, ma un brufolo. Fidati, è un brufolo. Lo giuro. E trattieni questa linguaccia biforcuta!
L’ho già detto che ho paura?
Intanto la notizia scivola in terza o quarta pagina, dietro le michiate atomiche di Bossi.
Per dire.
 
Veneti si nasce, mica si diventa
Mandi tuo figlio in gita. Già stai agitato perché TU in gita ne combinavi di tutti i colori e lo sai che buon sangue non mente e combinerà un casino. Però ormai è grande. Che fai, non lo mandi? Certo, ce lo devi mandare, altrimenti farai la fine dei miei genitori che non m’hanno mandato a Parigi in terza media e io dopo più di vent’anni ancora glielo ricordo.
Però attenzione: va bene Praga, va bene Londra e pure Bengasi. Ma in Veneto no, meglio decisamente di NO. A meno che non abbiano la cittadinanza veneta.
Come dite? Non esiste?
Ancora no.
Ancora no.
 
Mamma, li turchi!!!!
Oddio, non son proprio turchi, ma tanto son tutti uguali, no? Libici, eritrei, tunisini, marocchini. Tutta gentaccia che viene in Italia solo per sporcare/rubare/depredare. O rubare il lavoro agli italiani. Sì. E ora che ne arrivano tutte ‘ste migliaia, dove le mettiamo? In casa tua, comunista del cavolo? Gli dovremmo sparare, gli dovremmo. E se son donne e bambini pazienza, che stessero a casa loro che son troppi.
E poi  son troppi, non li vogliamo, c’è la crisi e l’Europa se ne frega. Non ci aiuta, che Comunità Europea è? Come dite? La Germania s’è smazzata un milione e mezzo di profughi del Kosovo e non ha chiesto nulla a nessuno? Ma mica erano africani! Questi puzzano, sporcano, rubano! Ah, dite che se vogliamo metterla così i kossovari son zingari? E che è colpa dello Stato Italiano che non s’è organizzato?
No, no, non è vero.
Son loro che devono stare a casa loro a farsi ammazzare per i nostri interessi petroliferi e non.
E zitti anche.
 
Ora ci vorrebbe una notizia allegra.


Sì.
Certo.

 
Me la date voi che non mi viene in mente??

 

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25 marzo 2011 5 25 /03 /marzo /2011 13:54

Ho sempre amato Elif Shafak per il suo modo di scrivere e di rendere sempre partecipe della storia il lettore. Le sue parole sembrano sempre le mie, non c’è un passo o un suo personaggio con cui non abbia qualcosa in comune. Poi adoro Istanbul, sua città d’adozione e di vita, quindi ha sempre avuto una marcia in più per me. Il suo libro più famoso, La bastarda di Istanbul, ma anche le altre sue opere, l’hanno eletta nel gotha delle mie scrittrice preferite.

Il suo ultimo libro, però, mi ha letteralmente avvolta: Latte nero.

Sarà che all'inizio della storia ha 35 anni come me, sarà che ha la mia stessa passione per la lettura e la scrittura, sarà che ha esattamente i miei stessi dubbi e perplessità sulla maternità, i miei stessi desideri, le mie stesse paure.
Mi ci sono gettata, ritrovata, sentita meno sola.
Capita in tutto e per tutto.

La storia si apre con la scrittrice a bordo del Gypsy Steamboat, il battello che attraversa il Bosforo e che collega Istanbul alle isolette tutt’intorno, di ritorno da un’intervista.
Lo sguardo di Elif incontra lo sguardo della donna che le siede accanto: giovane ma con il viso segnato, due bambini chiassosi a cui badare e un terzo che cresce dentro di lei. Una madre: tutto quello che la scrittrice non sarà mai. O almeno così crede lei, single accanita, viaggiatrice e convinta che i suoi amori siano solo i suoi libri. Ma la vita a volte riserva sorprese.

Da qui si dipana la “lotta” interiore di Elif con le Pollicine che albergano nella sua coscienza. Ce ne sono diverse e sono tutte alte come un palmo: c’è l’Ambiziosa Cechoviana, la Sufista, Miss Efficienza, la Cinica Intekllettuale. Ma a sua grande sorpresa, ne scoprirà molte altre, tra cui quella che rivela il suo lato materno.
Il libro alterna le vicende private e personali di Elif e della sua coscienza poliforme con la vita e le opere di scrittrici di tutte le epoche ma che hanno affontato i temi dell’esser donna e madre (o del non esserlo) nelle proprie opere. Ed ecco che compaiono alcune delle più grandi scrittrici mai esistite e che anche io ho molto amato: Muriel Spark, Alice Walker, Louisa May Alcott, Marguerite Duras, George Eliot, solo per citarne alcune. E vogliamo poi parlare della moglie di Tolstoj?

Un libro intenso, che tocca vari nervi scoperti dell'animo femminile: dal senso di inadeguatezza generico delle donne, all'obbligo della maternità, alla depressione post partum che colpisce molte più donne di quello che ci si immagini.
La scrittrice, ora madre di due figli, arriva alla conclusione che oggi la professione di scrittrice (ma la carriera in generale) e la maternità siano conciliabili, ma solo a patto di sconfiggere i propri jinn, i propri demoni interiori. E volendolo, ovviamente. Perché non volerlo non è un peccato, ma solo una scelta che deve però essere ragionata. E’ stato bello leggere Elif, cadere dentro le sue parole che sembravano pagina dopo pagina sempre più le mie.
Sicuramente un libro da leggere per guardarsi dentro, sia che siate uomini che donne. Un libro importante, che tira fuori argomenti e motivazioni che la vita moderna spesso ci impedisce di affrontare. Per capire che nessuno è perfetto, è solo diverso e fattoa  modo proprio, non esistono situazioni o madalità univoche.

Certo che poi, prendere le decisioni e tutt’altra cosa…


 

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Tutto quello che c'è nella mia testa...vita, amore, arte, libri, immaginazione, musica. Il tutto naturalmente immerso nella confusione più totale. Poco? Qualche volta, pure troppo!!!

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