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12 maggio 2011 4 12 /05 /maggio /2011 13:35

La moda, il marketing e la pubblicità sono, senza alcuna ombra di dubbio l’oppio dei nostri giorni. Prima c’era la religione, la necessità di garantirsi un appartamentino terrazzato in paradiso, la voglia di essere pii almeno all’apparenza. Insomma, il cattolicesimo era uno status symbol: se non eri all’altezza, era un problema tuo.
Oggi lo stesso ruolo lo riveste l’apparire: la moda, lo stile, il fashion. Se non siete all’altezza, niente, è un problema vostro. Siete out, non passerete mai un colloquio per un lavoro, vi fidanzerete co,l ragionier Fantozzi e potrete al massimo candidarvi nel PD.
Se siete donne, chiaro.
Altrimenti se siete uomini state tranquilli: potete sempre diventare Mark Zuckerberg.
 
Mi sembra di star sempre a parlare di prevaricazione e pregiudizi noi confronti delle donne, to diventando monotona. E’ che spesso queste distorsioni nascono proprio da noi donne. sì, proprio da noi che dovremmo fare muro compatto, difenderci, cercare di eliminare i pregiudizi. Una può essere simpatica anche se non si depila le ascelle, per dire.
Perché mi faccio queste domande, vi chiederte.
Presto detto. Mentre riflettevo sia su come attuare praticamente la fusione a freddo dell’atomo per preservare il pianeta sia sul grande svantaggio in termini di resistenza all’urto con i bordi delle confezioni del latte di soya dei sacchetti di simil-plastica fatti col mais, mi sono imbattuta nella classifica ufficiale di Glamour UK sulle 100 donne meglio vestite del 2011.

E sapete chi troneggia al ventunesimo posto, prima di due gnocche rifinite come Keira Knightley e Eva Mendes?
Indovinate??
Suri Cruise.
Anni 5.
Cinque.
C-I-N-Q-U.E.
CINQUE.

Figlia (naturale? Mah, solo Scientology può saperlo. Io la mano sul fuoco non ce la metto…) di Tom Cruise e Katie Holmes, la piccola Suri è già saltata agli onori della cronaca per il suo amore per la moda e per i tacchi (!!). Ora, la bambina è indubbiamente molto molto carina e capisco il gusto tutto anglosassone per le allucinanti Little Miss, ma questo non giustifica l’inserimento di una creatura in età prescolare in una classifica del genere.
Ah, per la cronaca le vincitrici sono Emma Watson e Cheryl Cole.
De gustibus.

Non vale  giustificate la scelta con la ricchezza del guardaroba della pupa e col suo gusto: la trovo una cosa insensata, esattamente come il fatto che la piccolina possieda una borsa che costa come lo stipendio di un adulto.
E così come trovo insensate quelle madri che vestono i propri bambini con marche prestigiose per farsi belle coi vicini e coi parenti.
 
Guarda che bel giubbino Ralph Lauren.
Vedi che bel vestitino? E’ Liu Jio!
E la tuta? Solo Deha, ovvio!
 
Non sono madre, non posso giudicare.
Ma mi sembrano tutte cazzate.
Posso capire che per i figli niente è mai abbastanza, ma renderli schiavi della moda a 5 anni è aberrante. Gli unici tacchi che una bimba dovrebbe indossare sono quelli della mamma, mentre gioca  a travestirsi da grande con le amichette. Non trovate anche voi?
I bambini devono sporcarsi, giocare, correre, andare in bicicletta. E sono molto più contenti di farlo con una maglia dell’Uomo Ragno comprata al mercato piuttosto che con una magliettina La Martina.
Ma, come mi è stato detto da una genitrice assai fashion, non sono madre e non posso capire.
Stando così le cose non lo voglio nemmeno.
 
Preferisco…

 

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11 maggio 2011 3 11 /05 /maggio /2011 14:21

Sono a dieta.
Sì.
L’ho già detto che mi sento grassa?
No?
Bèh, lo dico ora.
Sono grassa.
Issima, per la precisione.

C’ho un salvagente attorno alla vita, mascherato solo dall’ampiezza delle chiappe che c'ho sempre avuto e che non m'abbandoneranno mai. sempre che non vinca la forza di gravità, ovviamente.
Così grassa che ho chiesto all’Amoremio di convertirsi all’Islam, così un bel burqua da spiaggia quest’estate mi azzera tutti i problemi, le ansie da prestazione e le chiacchiere di quelle vipere delle vicine d’ombrellone. Puttane. E grasse, anche. Tiè!
 
E comunuqe mi ci sento, grassa.
Soprattutto in virtù di tutte quelle cose che non posso mangiare e che da brava NON mangio, cioè: pizza, pane, dolci, cioccolata, burro e varie ed eventuali.
Ecco, per mangiare come mangio io, cioè da vera donna triste che trova la massima goduria in un quadretto di cioccolata fondente al 90%, voglio essere magra.
Ma proprio magra.
MAGRA MAGRA.
Sennò che giustizia c’è?

E invece no, ho il mio bell’aspetto florido come se mangiassi Nutella mattina e sera, quando non ne ricordo più nemmeno il sapore.
Maledette intolleranze.
E siccome questa situazione non mi sta bene, stasera incontrerò una (ennesima) nutrizionista. Che mi dicono brava, pignola e competente. E cara, che discorsi.
Perché, mi son detta, magari sbaglio qualcosa. magari mangio tropppo poco, devo integrare o mangiare diverso.
Magari togliendo grano e latte ho fatto casino.
Magari con poco riequilibrio il tutto.
Magari ho sottovalutato una cavolata.
 
Magari esco da lì e sono già magra...

 

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9 maggio 2011 1 09 /05 /maggio /2011 14:07

Erano due anni e più che l’Amoremio me lo prometteva, ma il fato e il portafoglio complottavano contro di noi.
Ogni volta che fissavamo un giorno, poi succedeva qualcosa che rimandava la scampagnata di shopping. magari solo per un accesso di noia.

E poi eravamo cullati dalla promessa ormai quinquennale: “Apre anche a Perugia, prestissimo!”.
Sì, come no.

Inoltre l’Amoremio si sentiva molto Paolo Migone mode on e quindi la lotta è stata dura.

Ma l’Ikea, meraviglia svedese e icona dello shopping per la casa consapevole, restava nei miei sogni.
Finalmente sabato, dopo mille tribolazioni, decidiamo di andare all’Ikea più vicina e cioè ad Ancona.
Dopo un’ora e mezza di macchina, la familiare, agognata e gigantesca insegna gialla e blu ci compare davanti come la terra promessa.
Parcheggiare, entrare e agguantare il catalogo è stato tutt’uno.
E sono stata travolta, perché è proprio il genere di negozio che piace a me.
Prima di tutto è un luogo pulito e senza polvere nonostante la mole di mobili ed oggetti in generale che ci sono stipati, e questo per me che sono allergica è indispensabile per non dovermi drogare di cortisone.
Poi è estremamente rispettoso di tutto. Dell’ambiente, per cominciare, con contenitori della raccolta differenziata sparsi ovunque: carta, plastica, indifferenziato. E poi delle famiglie e dei bambini, con giochi disseminati in ogni reparto, personale cortese ed anche bagni studiati appositamente. Hanno anche un menu per celiaci, per dire. I clienti si sentono coccolati ed amati, compresi addirittura. Io, personalmente, non volevo più uscire dalla palazzina.
Dite che si può abitare all’Ikea?
No?
Peccato.
 
Ecco, noi italiani abbiamo parecchio da imparare.
Ma come è andata alla fine la mia visita?
Possiamo riassumerla così, indicando le cose che ho fatto all’Ikea:

  • Girato come una folle con matitina e foglietto, mentre l’Amoremio rischiava di strozzarsi col metro di carta
  • Mangiato le polpettine svedesi (buonissime) con la salsa di mirtilli (buonissima), ma niente panna (veleno!!!!)
  • Mi sono persa letteralmente nel piano inferiore dove si può trovare di tutto e anche di più.
  • Rischiato di comprare mille mila bicchieri di tutte le fogge e dimensioni perché possono sempre servite
  • Cercato di buttarmi nelle palline colorate. Inutilmente.
  • Fatto una colossale figura di cacca con un genitore che richiamava abbastanza incazzato la figlia Michelle. Io, tra  una prodotto svedese e l’altro non mi sono accorta di avergli fatto eco come Fabio De Luigi in Love Bugs: “Miiichellll!”. E il genitore mi ha sentito. Eccome.
  • Comprato n.1 Benno, n. 1 Lack, n.2 Basiks e svariate carabattole.
  • Progettato l’acquisto imminente di un Kivik beige (ma che a me sembra ecru, checché ne dicano gli svedesi)
  • Snervato l’Amoremio con la scelta del tappetino del bagno da € 3,90.
Dopo 4 ore e un carrello pieno zeppo, siamo ripartiti alla volta delle ridenti sponde del Trasimeno con una imprecisata quantità di roba da montare e la totale convinzione di non essere in grado di farlo.
Ed infatti è intervenuto mio cognato, che sebbene odi l’Ikea per i materiali di alcuni mobili cavilloso che è, uffa!) ha fatto il lavoro in venti minuti.
Casa mia sembra già diversa, bellissima.
 
Ed è solo l’inizio…

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6 maggio 2011 5 06 /05 /maggio /2011 14:06

Ci sono autori che segnano una generazione dando il via a miti, stereotipi e catene indissolubili, nonché (se proprio si è sfortunati) a veri e propri fenomeni sociale. Come dimenticare, anche volendo, Stephanie Meyer ed il ciclo di Twilight ad esempio. Ma non ci sono solo esempi negativi. Ci sono autori che divengono miti, certo, spesso a ragione veduta e che cambiano le regole per sempre.

Poi ci sono scrittori che, per fato o grandi capacità, diventano molto di più ed a distanza di secoli riescono ancora a imperversare nella vita dei lettori, più o meno accaniti che siano.
Jane Austen è così. Ci ha lasciato giovane da quasi due secoli, eppure i suoi sei romanzi fanno parte della formazione adolescenziale e non di qualsiasi donna degna di questo nome. Ed è buffo, perché all’epoca non è che fosse una celebrità, anzi.
Figlia di un pastore anglicano, scrisse sempre sotto pseudonimo ed alla sua morte nipoti e parenti vari bruciarono tutto il non pubblicato, lettere comprese, consci di quanto fosse inappropriato per una donna scrivere e pensare di essee un’intellettuale.
Prima i calzini del marito e la ramazza, sia mai. Ah, e anche la preghiera, che sia chiaro.
Eppure il corso degli eventi l’ha trasformata postuma in un mito che affascina ancora le donne di tutte le età, e prova ne sono i romanzi moderni a lei direttamente o indirettamente ispirati. “Il Caso Jane Eyre”, “Shopping con Jane Austen”, “Sognando Jane Austen a Baghdad” solo per citarne alcuni a memoria. Ed anche il cinema non scherza, rinnovando di anno in anno il suo mito con nuove pellicole e citazioni.

Ma è solo l’effetto crinolina al tempo della Reggenza? Nostalgia delle emancipate nonché smutandate donne di oggi verso un tempo in cui tutto era diverso e la donna viveva comoda e si occupava solo di fidanzamenti e feste? Frivolezza? Voglia di sognare di indossare vestiti vaporosi stile impero e cuffiette legate coi nastri?  Voglia d’amore?
 
No, l’effetto Jane Austen è molto diverso.
In un mondo fatto solo di ipocrisia, di formalismi e preconcetti sociali stretti in un bustino coi lacci, come può una donna dotata di intelligenza sopravvivere senza diventare un’emarginata sociale? Possono arguzia e fiducia in sé, condite con una abbondante spruzzata di ironia e sincerità agevolarne la vita e condurla verso la strada del matrimonio d’amore?  Secondo la Austen, sì. Le sue eroine, di cui sbeffeggia modi e atteggiamenti da operetta, sono pazienti, maturano, attendono. Ed alla fine coronano il loro sogno d’amore.
Ed è per questo che è bello leggerla.
Non a caso la nostra scrittrice viene definita da Virginia Woolf “l’artista più perfetta tra tutte le donne”.
 
Certo, c’è da dire che Jane Austen è morta di una malattia misteriosa per l’epoca ed è morta zitella, perché il suo amore fu osteggiato per motivi economici. Quindi, pare predicare bene e razzolare male. Non è molto incoraggiante, specie per le lettrici che sognano un Darcy nel proprio letto ed invece hanno la borsa dell’acqua calda.
Ma Jane Austen fa compagnia, rende le giornate meno buie ed i problemi meno presenti. Inoltre, i suoi sei libri (solo sei, che peccato!) possono essere riletti a distanza di anni ed offrono sempre diversi spunti e modalità consolatorie differenti. E tutto ciò non mi pare poco.
 
E’ vero, molta della chick-lit che ha invaso il mercato editoriale dagli anni novanta in poi si ispira a lei, e che molti di questi libri sono così infimi da non poter essere letti  nemmeno sotto l’ombrellone.
Ma a sua discolpa occorrerebbe notare che ora l’invasione della letteratura rosa è stata surclassata prima e spazzata via poi dalla mania dei vampiri, quindi accontentatevi.
 
E poi, forse, senza di lei la storia della letteratura femminile sarebbe stata diversa…

 

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5 maggio 2011 4 05 /05 /maggio /2011 16:43

Ho il blocco dello scrittore.
Sì. Ho. Il. Blocco. Dello. Scrittore.
Ammesso che mi si possa definire scrittore, ovviamente.
Anzi, a pensarci meglio, visto che non sono ufficialmente uno scrittore, diciamo che ho il blocco del blogger, che detto così sembra un a di quelle malattie misteriose che colpiscono (quasi) solo americani che poi ci fan su i reality.
Dicevo. Sì.  
Non riesco a scrivere e per me è drammatico. Perché nella mia testa ondeggiano decine di post, articoli, chiacchiere e menate varie che non trovano sfogo e mi otturano le sinapsi. Non escludo che mi facciano anche ingrassare, perdinci.  Mi si sta saturando il cervello, oppure è la menopausa.
Parlo da sola. E mi rispondo, anche.
Nella mia testa ovvio.
Sarà un brutto segno?
 
E’ drammatica questa mia inconcludenza nello scrivere ed ha risultati devastanti. Non solo questo blog va alla deriva ed è solo ed abbandonato come non mai, ma non riesco nemmeno a sintetizzare una mail di senso compiuto per una amica bisognosa. Ad esempio. Ho scritto orride frasette di circostanza senza senso, ciclostilate.
Che schifo.
E se ho perso il tocco? E se la mia capacità di raccontare se ne fosse andata a puttane insieme al gotha della nostra politica?
Però, ancora una battuta (pessima) riesco a farla.
Magari guarisco.
O forse no.
E non ne esco, giro come un criceto russo sulla ruota, mi arrotolo come uno spaghetto sulla forchetta di un tedesco, mi disperdo.
Sono stata chiara?
No?
Peccato.
 
Meglio di così non mi viene di spiegarlo…

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27 aprile 2011 3 27 /04 /aprile /2011 16:28

Abitare in una località di vacanza o simile ha i suoi innegabili vantaggi. Non solo l'estate non si devono affrontare file immani per sdraiarsi al sole, ma d'inverno si gode il vantaggio dell'abbandono da parte delle masse. Tutto è così immoto e silenzioso che ci si dimentica del chiasso e del traffico dell'estate, tutto scorre lento e le domeniche hanno il sapore del borgo antico.
Poi, all'improvviso, esplode la primavera. E tutto è ancora più bello, i fiori spuntano come pietre preziose dagli alberi, la natura rivive, il lago brilla.
E piano piano, insieme col sole, tornano i primi sparuti turisti.
Fino a Pasquetta che segna con ineluttabile precisione il ritorno dell'orda scatenata.
E quale giorno migliore per mettersi ad osservare il prossimo?
Seduta al solito bar con l'aperitivo e i passeri che vengono a rubare le patatine, vedo passare questi estimatori del fuori-porta.

Li riconosci da lontano.
Prima di tutto se hanno la decappottabile o il tettino apribile spalancano tutto anche se ci sono 15 gradi, ché oramai ce l'abbiamo e dobbiamo mostrare.
Poi sfoggiano mise improbabili, ripescate dal fondo dell'armadio: improbabili cardigan di cotone con la zip, cappellini da baseball che non possono e non devono andare oltre lo stadio, scarpe lucide di qualche strano animale per lui. Per lei camicette con le rouches, ballerine al limite della decenza, occhialoni over size e, ovviamente, calze color carne.
In genere girano in coppia, con o senza marmocchi vestiti Ralph Lauren (il meglio per i pupi, no?), e spintonano il prossimo per un gelato artigianale come se non ci fosse domani, caracollando in massa verso le sponde del lago. Si accendono una sigaretta e rimirano, col sopracciglio alzato da VIP a mezzo servizio.

Questo lago non è un granché.
Troppo verde.
Sempre lo stesso, più che altro.
Certo, non è come quando era pieno di stranieri.
Che noia.
Sì.
Già.

Chiedono, toccano tutto, soppesano, sbranano menu del ristorante tipico e poi si involano nuovamente verso la città.
Lasciando a terra le cartacce.
E i mozziconi delle loro preziose sigarette.
Bellini, sì.

Il turismo verde, il motore dell'Umbria...

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26 aprile 2011 2 26 /04 /aprile /2011 22:42

Ci sono certi giorni che proprio non hanno fine. Non basta il lavoro, la routine, la cellulite che avanza, l'orologio biologico che tintinna insistente in testa fino a rintronarti.
No. non basta.

Perché ci sono anche le bollette da pagare, il conto del meccanico, le zanzariere da cambiare ed il gatto che decide di farsi venire l'otite. Favoloso. Poi non è che la tua banca sia proprio accomodante, eh. Non solo si premura di telefonarti appena il tuo conto supera il massimo scoperto di un centesimo facendoti sentire come una barbona, ma le tue richieste mica le ascolta.

Tre, dico tre, volte ho implorato la mia banca di farmi avere il conto online. Già faccio casino di mio, figurarsi se non vedo nemmeno cosa combino col mio conto. Eppure per molte banche questa è una funzione innovativa. Sì, innovativa. C'è poco da ridere.
Almeno lo è per la mia, che ha una procedura così complicata che dovrei prendere le ferie per riuscire ad attuarla. Mi ci manca solo quello. 
Ma non si può proprio avere qualcosa di più facile? Una banca un po' più facile, che io possa gestire in qualunque parte del mondo mi trovi, che mi capisca e che non cerchi di fregarmi con le spese più assurde, compresa la supercazzola prematurata con scappellamento a destra? Impossibile. 
Poi mia sorella, che nella vita è incasinata come poche, ma sa fare i conti meglio di Ebenezer Scrooge mi fa: "Perché non Provi Webank? noi a studio lo consigliamo ai clienti perché è senza spese e comodissimo!" 
Ho storto un po' il naso. Sono provinciale, lo so, ma non ero convinta. Così sono andata sul sito e mi sono letta ogni più piccolo regolamento presente (e ce ne sono pure troppi!) e mi sono resa conto che forse mia sorella aveva ragione. Per una volta sola, eh.
Tanto più che se si sottoscrive un conto il 27 e 28 aprile ti regalano un Ipad2.
Cioè, calma. Non è così semplice. Si sottoscrive un conto, che già è un vantaggio. Poi ci si fa l'accredito dello stipendio, che è completamente senza spese. Se presenti un amico, poi a lui regalano anche un buono di € 120,00 da Mediaworld. Vi sembra troppo bello per essere vero? Anche a me, che quindi ho indagato meglio di uno de "Le Iene" per scoprire possibili fregature. 
Non le ho trovate. Giuro. Ho cercato anche nella loro pagina d Facebook e in tutti i loro regolamenti. 
Quindi ho deciso di approfittare dell'occasione, così quella supponente della mia banca impara.

E io mi diverto con l'Ipad2...


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22 aprile 2011 5 22 /04 /aprile /2011 18:51

La vedi, lì in fila alla cassa o a passeggio per il centro commerciale.
Ma anche in ufficio, o solo per strada.
Sicura di sé, molto donna manager o mamma in carriera.
E tu non puoi far a meno di guardarla. Almeno IO non posso far a meno di guardarla.

E’ più forte di me, non posso non alzare il sopracciglio e farle le radiografie.
Un po’ come quando arriva un ragazzino emo al banco del pane al supermercato e ti viene da chiederti se vuole davvero una rosetta o se invece è venuto solo a vedere la miseria umana che lo circonda.
Sì. Dicevamo.
Ah, già.
L’obbrobrio di primavera.
Perché tra le poche cose di moda che mia madre mi ha insegnato, c’è che mai mai mai mai mai mai una donna dovrebbe mettersi le calze velate color carne.
A meno che non si sia porno-infermiere in un film polacco degli anni ’80..
A meno che non siano contenitive o contro le vene varicose.
In questo caso, pregasi mettere cartello.
Eppure questa semplicissima regola base in primavera viene meno ed il perché rimane un mistero irrisolto insieme al colore ed alla consistenza dei capelli di Carlo Conti.
Tu, donna che hai fatto il cambio dell’armadio con un tantino troppo ottimismo e ora non vedi l’ora di esibire i tuoi vestitini a fiorellini e gonne svolazzino, tu che non puoi aspettare l’innalzamento della temperatura  e che sei ancora ferma alle calze nere o ai più primaverili jeans (che vanno su tutto) non puoi non guardare col sopracciglio alzato tale spregio al buon gusto.
No, le calze color carne no.
Sopra i 20 denari poi ASSOLUTAMENTE NO.
a meno che non sia una calza riposante. o contro le vene varicose. O comunque indossabile solo da un over 85 molto poco stilosa.

Ci dovrebbe essere una legge che le vieta, tipo un oltraggio al pubblico gusto.
A me fanno subito effetto coscia di Barbie. Sapete quelle che se manovri la Barbie con troppo vigore fanno STAP!  e ti rimangono in mano? Ecco, a me fan pensare a cose di quel genere.
Oltre ovviamente ai film porno polacchi.
Lo vogliamo dire che poi oltre tutto inquartano?
Su signore mie, non son belle da vedere nemmeno un po’.
Ma allora perché ogni primavera rifioriscono?
 
Questo sì è un mistero per Giacobbo…

 

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20 aprile 2011 3 20 /04 /aprile /2011 13:35

Nello spogliatoio della palestra, preparandosi per la lezione, mentre i maschi passano il tempo misurandosi il loro amico Giovanni (un mio ex lo chiamava così, giuro!) con righelli improvvisati, noi donne ci dedichiamo ad attività ben più edificanti: chiacchieriamo.
E spettegoliamo, anche.
Visto che io vado all'ora di pranzo in palestra, la gente è più o meno la solita e quindi dopo un po' è inevitabile diventare amici con quelli che hanno più affinità con te. Noi, nello specifico, siamo un centro di recupero per storditi.
Questa la conversazione i oggi.
Eliminando quel che non si può dire, ovviamente.
E anche quello che i nostri compagni NON dovrebbero mai immaginare.

Amica1: “Oh, Phoebe! Ho letto il tuo post su Luca Argentero! Ma quant'è bello!!!”
Phoebe: “Eh, lo so...”
Amica2: “Ma lo sai che una volta mi ha tamponato? All'ospedale! Ma non mi ha fatto danni alla macchina...”
(coro dello spogliatoio): "NOOOOOO! RACCONTAA!!"

Phoebe: “Ma... ma.. ma come??”
Amica1: “Ha casa a Città della Pieve! Lo vedo sempre, anche con la moglie”
Amica2: “E com'è dal vivo? Alto? Bello?”
Phoebe: “Ma soprattutto... perché non hai simulato uno svenimento, non gli sei caduta tra le braccia, non hai simulato svenimenti o malattie incurabili, non hai accattato il numero cellulare?”

E certo, parlo io che ho fatto nel corso della vita figure inenarrabili.

Amica2:"Già, perchè???"
Amica1: “Vabbè, non sapevo che dire!!!!”
(coro dello spogliatoio): “Ma com'èèè????”

Amica1: “Bello!”
Amica2: “Eh.”
Phoebe: “Eh.”
Amica1: “C'ha un sorriso”
(coro dello spogliatoio): “CUCCIOLOOO!

Amica2: “Pure la moglie però è bella...”
Amica1: "Confermo, l'ho vista. E' una gnocca pure lei."

Momento triste.
Molto triste.
Cala il silenzio
Amica1: “Ma che ci pensi a quella che si sveglia la mattina e nel letto c'ha Luca Argentero?”

Momento di raccoglimento generale.

Amica2: “Penso che non t'incazzi ma nemmeno se il capo ti piglia a pesci in faccia”
Amica1: “Ma nemmeno se per strada incontri l'uomo col cappello che guida a 35!”
Phoebe: “Ma se c'hai Luca Argentero nel letto che t'alzi a fa?????”
(coro dello spogliatoio): “E' VEROOOOO!”

Mentre siamo prese da sì intellettuali e piacevoli chiacchiere un urlo ci riporta alla violenta realtà: “Allora, venite in palestra per chiacchierare o per sudare?”
Colte sul fatto, corriamo a fare lezione.

 

Ah, com'è dura la vita...

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19 aprile 2011 2 19 /04 /aprile /2011 08:01

Ansia.
Ansia.
Ansia.
Oddio, che ansia.
Oddio che ansia.
ODDIO CHE ANSIA.

Sono un po' ansiosa ultimamente, l'avete notato? No, così, era per dire.
E' che l'ansia è una droga. Sì.
Si comincia per carattere o per una serie di fattori contingenti che portano ad avere tutto sulle spalle. Oppure è sfiga.
C'è il lavoro, in cui siccome sei donna devi lottare il triplo perché sennò sei donna, rendi meno di un uomo. E poi non sei nemmeno leccaculo, quindi peggio. E la tua ansia da prestazione è sempre alta, vorresti essere sempre precisa, senza errori, senza intoppi. Un cylone, per dire. Epperò non lo sei affatto. Anzi.
Ansia.

Senza contare la vita privata.
I genitori che invecchiano, hanno bisogno di te. Non te lo chiederanno mai e poi mai, ma tu vedi la camminata ingobbita di tuo padre, le rughe intorno agli occhi di tua madre e lo sai lo stesso. Anche col loro silenzio. Anche grazie al loro silenzio. Tutta la vita hai contato su di loro ed ora all'improvviso tocca a te. Sei pronta? No? Peggio per te.
E tua sorella? Tua sorella come un canarino impazzito svolazza verso la stratosfera senza maschera ad ossigeno e cerca conforto in te. Come se tu potessi dargliene. E il tuo essere sempre sorella maggiore rende la tua impotenza la sublimazione dell'ansia.
Ansia da controllo, certo.
Ma fa differenza?

Ansia, ansia, ansia.

E sentirsi un campanello che suona in testa a memento dei tuoi 35 anni suonati. Quando lo fai un figlio? Ma che ne so. E se poi non sono in grado? Se sono troppo egoista, se non sono capace? E se, e se, e se?
Vogliamo parlare poi dei soldi e del buco rosso del mio conto corrente.
No, se solo ci penso mi viene l'ansia.
Se poi penso a mia nonna che mi spinge al risparmio della monetina, mi viene un'ansia doppia.
L'ho già detto che sono ansiosa?

E la casa che urla vendetta perché l'hai abbandonata tra peli di gatto e polvere? Ed il mucchio di panni da piegare? Ed il tuo gatto che per protesta va a mangiare scatolette dai vicini? 
Ansia, moltissima ansia.

Ma l'ansia è subdola, si appiccica al suo ospite come una tenia. E cresce, si nutre della paura, del dolore, della carenza di ore in una giornata.

Quando poi l'ansia s'accomoda in casa, basta poco per far sì che comandi a bacchetta.
Come te ne puoi liberare?
Come?
Ah, io non lo so.
Non me lo chiedere, ché mi metti ansia.

Al massimo, posso preparare una tisana al finocchio. Se aiuta...

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Tutto quello che c'è nella mia testa...vita, amore, arte, libri, immaginazione, musica. Il tutto naturalmente immerso nella confusione più totale. Poco? Qualche volta, pure troppo!!!

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