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4 gennaio 2014 6 04 /01 /gennaio /2014 22:01

waitInsomma, eccoci qui.
Il 2013 maledetto se ne è andato, il 2014 è arrivato e secondo moltissimi stati di FB sarà il migliore di sempre. Come tutti gli anni nuovi, del resto. Per me, però, questo sarà certamente un anno diverso, un anno di cambiamento e di cambiamenti.
Sopravviverò? Cambierò? Resterò me stessa o evolverò in una nuova specie di me?
Ancora non lo so. So solo che aspetto. Sì, sono in attesa e non sono mai stata brava ad avere pazienza, anzi tutt'altro.
Ma questa è una attesa molto diversa, che non dipende da nessuno, men che meno da me. Non si può far nulla, tranne aspettare che la piccola deliziosa buzzicona che abita la mia pancia si decida a venire a vedere com'è questo mondo.

Intanto passo il tempo vegetando. H o sempre immaginato che avrei scritto, o letto tutto il giorno. O comunque fatto qualcosa di interessante ed intelligente, insomma qualcosa che fosse cstruttivo.
Invece non faccio che vivacchiare sul divano giocando a Candy Crush Saga (programmatore di CCS, che tu sia maledetto!) e dormicchiando. Una ameba, avete presente? Al massimo mi metto a guardare programmi trash come "Il mio grosso grasso matrimonio gipsy" o "16 anni incinta".
Costruttivo, eh.
Soprattuttutto per la piccola.
Non le ho nemmeno fatto ascoltare musica classica durante la gravidanza.
MAI. Al massimo Max Gazzè. 
Madre degenere sin dall'inizio.

Comunque sono qui che aspetto.
Potrebbe essere domani o tra dieci giorni, ma in ogni caso ormai ci siamo.

Lo posso dire? Sono in ansia. Come sarà? Sarà doloroso?
Ma soprattutto, poi? Che cosa succederà dopo? Sarò in grado?
Dicono tutti che saprò cosa fare per istinto, che ogni donna se lo porta dentro nel DNA. E se invece io ne fossi sprovvista? Se non sapessi nemmeno prendere in braccio mia figlia?
Oddio, mia figlia.
Al momento non la riesco nemmeno ad immaginare e forse per questo proprio adesso sta trasmettendomi tutte le due rimostranze spingendo i suoi piedini contro il mio sterno. Come darle torto, in fondo?
Io le dovrei dare certezza e sicurezza, e invece non ce l'ho nemmeno per me.
Tutte le mia amiche mi dicono che è normale, che appena la vedrò cambierà tutto.

Bèh, ve lo farò sapere...

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29 dicembre 2013 7 29 /12 /dicembre /2013 11:45

images-copia-1.jpgUltimamente sto notando in me una strana trasformazione. No, non intendo la trasformazione progressiva in balenottera e nemmeno quella in vecchia signora che è ben più lenta ma irrevocabile.
No, da un po' di tempo, settimane direi, ho perso la fantasia, la capacità di inventare mondi e storie, buttarle su carta o anche solo raccontarle. Avete presente un foglio bianco? Un paesaggio con la neve, fu quelli immacolati che nemmeno le orme dei passerotti incrinano? Ecco, sono io.
Me ne sono resa conto l'altra sera, quando davanti ad una piccola platea di bambini di età variabile radunati per le feste, la figlia dell'Amoremio mi ha chiesto:"Ci racconti una storia?"
Bianco.
Niente.
Vuoto. E dire che non era una richiesta inusuale, anzi. Dopo l'iniziale momento ti sbattimento, ho ripiegato su un classico sempreverde. Roald Dahl sempre sud lodato. Sperando che lui o i suoi eredi non mi facciano causa per plagio, voglio dire.

Sul momento me la sono cavata, certo, ed i bambini hanno apprezzato la vena scorretta della storia, applaudendo e ridendo.
Io un po' di meno, ad esser sincera, che una cosa simile da quando ho memoria non mi era mai successa. Per me inventare storie è sempre stato come respirare. Alle elementari i miei temi giravano le classi, i bambini ho volevano tutti venire a giocare a casa mia perché orchestravo piccole imprese teatrali ed in genere la fantasia non mi è mai mancata.
E che succede ora?
Proprio ora che sta per nascere mia figlia, che tutto il frulla frulla di folletti, maghi, fate e gnomi che per anni hanno abitato il mio cervello potrebbe aver senso, proprio ora svanisce tutto??  
Forse è solo un problema di prospettiva. In questi giorni, i primi a casa dal lavoro, non riesco a vedere oltre. Oltre il parto, oltre l'arrivo di mia figlia, oltre a tutto questo monte di eventi che mi fa paura e mette gioia contemporaneamente.

Forse è questo che mi blocca, non riuscire nemmeno ad immaginare come sarà.
Essere atterrita e non sapere nulla di domani, del quando succederà e del come sarà.

Passerà? Sì, certo, come no. Passerà, speriamo, tornerà la mia fantasia, quella che mi ha sempre permesso di creare un mio mondo dove rifugiarmi e portare chiunque avesse voglia di ascoltare.

Passerà, sì.

 

Sicuri?? 

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24 dicembre 2013 2 24 /12 /dicembre /2013 17:15

img-thing.jpgVenerdì è stato il mio ultimo giorno di lavoro prima del congedo obbligatorio di maternità. 

Sembra ieri che facevo il test, incredula e nevrotica con l'Amoremio che zompettava al bagno incapace di star fermo, e siamo già alla fine dell'ottavo mese.

Credevo che entrare in maternità sarebbe stato facile, naturale e doveroso e invece per quanto questo mese possa essere stato duro e faticoso, con una pancia abitata in continuo tsunami e le mie colleghe che l'hanno nutrita a cioccolato fondente senza soluzione di continuità, lasciare la mia scrivania non è stato facile.

Sarà che, come mi dice scherzando la mia collega, sono una maniaca del controllo e voglio sempre infilare il naso ovunque. Non per niente ho lasciato mail di promemoria  alla mia sostituta per progetti almeno fino a metà febbraio e con una dovizia di particolari che se quancuno l'avesse mandata a me si sarebbe visto recapitare un sonoro vaffanculo. 
No, davvero.
Me ne rendo conto.
Stanotte ho sognato di non averle ricordato cose vitali per l'azienda e che la chiamavo nel cuore della notte.
Poveraccia, non si immagina nemmeno quello che l'aspetta.
Alcuni miei colleghi che mi conoscono da molto tempo ipotizzano già telefonate dalla sala parto. 
Serpi.

Ad ogni modo, poi, da quando sono im maternità obbligatoria mi stanno accadendo un sacco di piccole spiacevolezze. Tanto per cominciare, mi è venuto il raffreddore e considerando che non posso drogarmi con qualcosa che sia davvero efficace (no, la tachipirina non lo è cari miei) questa è una piccola tragedia. Voglio un Vicks su per il naso, grazie. 

Sì, ok, tutti ce l'hanno intorno a me: mia madre, l'Amoremio, metà dei miei contatt su FB. Insomma, era solo questione di tempo, forse non c'entra la sfiga

Però non è mica finita. Mi si è rotto un dente devitalizzato, così all'improvviso. Ho iniziato a sentire dolore venerdì sera, sempre di più, finché ieri pomeriggio non sono stata dal dentista. Santo subito, eh, lui che m'ha visto il 23 dicembre senza appuntamento, ma questo non fa di lui un essere meno sadico di quello che è in realtà.
Sadico, sì, sennò uno non farebbe il dentista. Insomma, la diagnosi è stata che un dente devitalizzato venti anni fa (venti, vorrei sottolinearlo) si è spezzato, batte sulla gengiva e mi può causare infezioni. 
Senza avere avuto il tempo di dire nulla, mi ha messo un braccio sul petto, una pinza in bocca e... Buahhhhhhh!!!! L'ha tolto! Alla faccia del pezzetto piccolo!
Un dolore inenarrabile. La mia prima volta in lacrima dal dentista. Credo di aver urlato cazzo così forte che due clienti in sala d'attesa sono stati colti da impegni improrogabili.
"Così ti abitui all'idea del dolore del parto"
"Faccio l'epidurale, sadico malefico!"
Siamo amici, via.

Ora sto meglio.

Il raffreddore è passato e acqua e sale mi hanno aiutato con le gengive traumatizzate.  
Non so se sia sfiga da abbandono del lavoro, karma o solo paura di pedere il controllo.
E' che la mia vita sta per cambiare e nulla sarà più come prima.
Paura, eh?
Sì, in effetti un po'.
Ma con me c'è l'Amoremio, posso farcela.

Solo che nel frattempo è arrivato Natale e io, come tutti gli anni, son arrivata corta.
Corta coi regali, con i preparativi, con le decorazioni.
Che poi c'è casa da mettere a posto, creare lo spazio per la nuova vita che arriverà. riordinare, fare la valigia per l'ospedale.

Insomma, in extremis, buon Natale.


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16 dicembre 2013 1 16 /12 /dicembre /2013 18:16

yay-pregnant_black_and_white-500x337.jpgCosa si prova nel sentire un'altra vita che si muove nella tua pancia non è una sensazione facile da spiegare.

Forse è più facile far capire quello che non è.


Non è un dolore, almeno quando non ti pianta i piedi con delicatezza elefantiaca sullo sterno o sull'intestino e spinge forte per far sentire che lei c'è, intendo.

Non è nemmeno come se Alien fosse dentro di te pronto ad uscire e divorarti sana, anche se magari il paragone può calzare meglio ad un occhio leggermente cinico.

Non è come una scossa elettrica e nemmeno come il giorno dopo un pranzo di nozze pantagruelico di 27 portate

 

E' più come un'onda che mi attraversa, una lotta senza quartiere per la vita che si consuma dentro di me.
La sento muoversi dentro di me, cercare il suo spazio, reclamare un diritto alla vita che è già suo, anche se lei non lo sa ancora.

Ma è anche una compagnia costante, una parte di me che presto (spero presto, in un certo senso) si staccherà e diventerà autonoma, una entità separata da me.

Ma ora no.

Ora è un pezzo di me che cresce, che vuole, pretende e si alimenta di me, cercando di farsi spazio con forza, cercando di trovare la strada giusta per venire a vedere il sole.

 

E' una sensazione strana, particolare: non mi sento mai sola, mai. Siamo in coppia, viaggiamo sulla stessa carovana che sono le mie gambe e devo dire che stiamo anche prendendo una buffa andatura da ippopotamo. Povera bimba, già la traumatizzo con questi paragoni.

Che poi, lei è stata sempre buonissima, s'è mossa sempre lo stretto indispensabile, come se volesse non disturbare. La notte mi fa dormire, di giorno si comporta come una vera signorina perbene. O almeno, così faceva fino a circa dieci giorni fa, data dalla quale ha deciso di dover imparare a fare Zumba da autodidatta.

E balla tutto il giorno, signori miei.

La notte no, e di questo ti ringrazio, bimba mia.

 

"Ah, balla? Vedrai quando viene fuori che tipino!"

"Ah, si muove molto? Nasce presto!"

"Ah, si agita? Non promotte nulla di buono!!"

 

Ma a parte la gente che chiacchiera per dar fiato ai denti, mi piace sentire la mia pupa. Mi piace quando l'Amoremio o la futura sorellina si spalmano sopra di me con l'orecchio e ascoltano cosa accade nella mia pancia.

 

Mi piace vedere le onde che agitano la mia pancia come se fosse un mare in tempesta.

 

Ma non vedo l'ora di ammirare il suo faccino.

 

 

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13 dicembre 2013 5 13 /12 /dicembre /2013 00:00

 

Capita di andare al cinema o di incuriosirsi per un film giusto per gli attori che troviamo sullo schermo e di trovare poi al cinema l'inimmaginabile. E così io e l'Amoremio, da sempre in fissa per Zoolander, potevamo esimerci dall'andare a vedere i nuovo film di Ben Stiller? No, decisamente no. 
Solo che  The secret life of Walter Mitty, in uscita il 19 dicembre, non è il solito film comico, magari con uno sfondo rosa, che ti aspetteresti di vedere. Tratto da un racconto di James Thuber del 1939, il film, diretto ed interpretato da Ben Stiller, narra le avventure tutte sognate ad occhi aperti di Waletr Mitty, photo editor di una rivista e segretamente innamorato di una collega (Kristen Wiig). Il suo mondo, per lui banale e riduttivo, è arricchito dai suoi sogni ad occhi aperti, fatti di avventure eroiche, storie d'amore da harmony, personaggi favolosi. E si basta così, fino ad un certo punto gli basta sognare. Fino a quando lui e Cheryl, la collega di cui è segretamente innamorato, rischiano di perdere il lavoro, Walter decide di imbarcarsi in un viaggio intorno al mondo e prendere il suo destino nelle proprie mani. Ad all'improvviso la realtà diventa più bella di qualsiasi cosa lui abbia mai potuto immaginare fino a quel momento.

Un bel film, di quelli che fanno riflettere, che fanno pensare a tutte quelle volte in cui abbiamo preferito essere spettatori o attori di secondo piano nella nostra stessa vita. E se da un lato è bello immaginare, avere un angolo per sé dove rifugiarsi, dall'altro non è giusto non vivere per vivere una fantasia. E se lo dico io, la regina dei voli pindarici, potete crederlo. 

E voi, ce l'avete un sogno segreto da realizzare?
Un sogno che magari siete anche riusciti a realizzare, nel frattempo. O che state provando a mettere in atto.

Io ce ne ho due, ma non sono proprio #sognisegreti, nel senso che uno lo conoscono tutti, mentre l'altro ormai è abbastanza evidente. Il primo è quello classico, riuscire a scrivere un libro che la gente ami leggere, che rimanga nel cuore e regali un'emozione.
L'altro? L'altro è un cammino che pensavo non avrei mai intrapreso prima dell'arrivo nella mia vita dell'Amoremio: avere una famiglia, costruire il nido e fare un figlio. La pancia che cresce ogni giorno un pochino, con la pupa che ci si agita dentro ballando la Zumba lo dimostra. E anche se fino a pochi anni fa non avrei nemmeno immaginato una cosa simile, ora è molto più bello di qualsiasi sogno abbia mai fatto.


 E voi? Me li raccontate i vostri  #sognisegreti?


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9 dicembre 2013 1 09 /12 /dicembre /2013 09:40

5391171-168688-silhouette-of-pregnant-woman-retro-illustratHo deciso di fare la visita per una eventuale epidurale al momento del parto. E questo nonostante le ostetriche del corso che sto seguendo lancino anatemi e peana lamentosi alla sola nomia della terribile puntura.

Io, da donna pratica (vabbè, almeno in queste cose) mi son detta che non avendo mai partorito in vita non c'è ragione per precludersi vie alternative.

E poi, insomma, parliamoci chiaro: è gratis e basta fare un colloquio prima con l'anestesista. Che ci vuole?

Si tratta delle solite domande pre-intervento: la famiglia? Tutto bene? Allergie? Blabla blabla.

Prenoto la visita e vado all'ospedale, informandomi prima sull'orario. Che è, come nelle migliori e più organizzate democrazie terzomondiste il seguente: tutti alle 14:00, poi chi prima arriva meglio alloggia.

Esco dal lavoro alle 13 e mi fiondo, trovando sedute nell'atrio già quattro persone avanti a me. E niente numeri. Vabbè, mi dico, siamo un paese civile in fondo, no? Lo sappiamo chi c'è prima e chi è arrivato dopo, un po' come dal fruttivendolo. Abbiamo noi mica bisogno di una certificazione? Sioamo forse galline?

Sì, ne abbiamo bisogno.

La gente sbuffa, si affastella nel corridoio, arrivano almeno altre venti donne palesemente portatrici di pancia. La contabilità per le priorità acquisite diventa difficile, l'attesa è resa aspra dalla mancanza di sedie e dalla lontananza della toilette.

Alle 14 in punto arriva una infermiera che tira fuori da uno stanzino il dispenser dei numeri come dal macellaio della Coop. 

Ed è subito guerra.

Immaginate 25 plantigradi (me compresa) che corrono verso il numerino. La vincitrice, più fresca delle altre perché appena arrivata, strappa il numero 1 tutta tronfia. 

"Scusa, guarda che c'è gente in fila da più di un ora"

"E quindi?"

"E quindi non credo che sia tu il numero uno, ma è lei" sentenzio indicando una ragazza con gli occhiali modello Arisa rimasta seduta stringendo la cartellina delle analisi in grembo.

"Certo, come no"

"E poi lei è la seconda, e la terza, la quarta ed infine io. Poi ho perso il conto e fai come vuoi tu."

"Ma io ho preso il numero uno" protesta indispettita.

"Guarda cocchina che qui c'abbiamo tutti gli ormoni impazziti ed io non è che c'avessi un buon carattere manco prima. Vogliamo litigare? Che dici?"

Avverto dietro di me la presenza confortante delle altre future puerpere, i cui occhi iniettati di sangue mi fanno intendere che sono pronte a sgozzare la povera scema al mio via.

Mi sento molto il Governatore in questo momento.

La mentecatta, nel frattempo, stringe il numero tra pollice ed indice, rifiutandosi di cedere e serrando le labbra.

Sto per liberare le belve alle mie spalle, quando la dottoressa esce dalla stanza chiamando il numero 1. Con un movimento fluido, Arisa si alza, strappa il bigliettino dalle mani della prepotente ed entra per la visita, lasciando il mondo in fermo immagine.

Come si chiude la porta, prendo in mano la situazione distribuendo i bigliettini fino al numero 5 (cioè il mio) e lasciando le altre ad accapigliarsi.

 

Non posso salvare tutto il mondo, me ne basta una fetta.

 

 

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25 novembre 2013 1 25 /11 /novembre /2013 14:30

oh-no-monday-morningTi alzi la mattina ed è lunedì.

Ommioddio.

Quando mi chiedono se in gravidanza dormo e se c’è qualcosa che non mi fa riposare bene, la mia risposta è “Sì, la sveglia” e la gente mi guarda male.

Lunedì, lunedì, lunedì.

Ma chi l’ha inventato 'sto giorno velenoso? Pure il nome è odioso, malmostoso, fastidioso.

L-U-N-E-D-I’.

Sentite come suona male?

 

Certo, poi scoprire una volta sveglia che i termosifoni che si dovevano accendere nel primo giorno freddo dell'autunno (che è venuto di lunedì, strano no?) non hanno funzionato e la tua casa sembra un igloo non aiuta. Anche perché il tecnico, diligentemente da te chiamato quindici giorni fa, giura e spergiura che va tutto bene, nonostante tu gli abbia espresso le tue pacate rimostranze alle otto meno un quarto di mattina.

Di lunedì, appunto.

 

E poi incontri gente in ascensore. No, non gente. Donne che credono di sapere tutto. Tanto già è lunedì, che vuoi che sia!

"Bella pancia che t'è venuta"

"Grazie"

"Ehhhh! come mai prendi l'ascensore tu che non lo prendi mai?"

"Sai, la panzona comincia a pesare! scherzo. 

Scute la testa, io guardo la pulsantiera.

"Ma il bello guarda che viene ora, eh!" sentenzia acida.

Ed esce dall'ascensore trotterellando.

Puttana.

 

E' lunedì.

 

Respira, respira.

 

 

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21 novembre 2013 4 21 /11 /novembre /2013 10:30

10103761-vintage-people-symbol.jpgIn fila alla Asl per mail prelievo mensile, mi piace mettermi in un angolo ad ascoltare la sin troppo varia umanità che mi circonda. Non è spiare, ma voglia di capire e anche, perché no, di inventarci una storia sopra.

In fondo sono qui che aspetto senza far nulla, il mio cervello si annoia e mancano ancora 25 numeri.
Il mio numero, il 66, sembra lontanissimo, di un'altra galassia.

 

Proprio accanto a me due pettinatissime signore intorno alla settantina parlano dei loro guai familiari imprescindibili.

Che, in due parole, consistono in questi ragazzi d'oggi che spendono e si indebitano per sposarsi e poi si separano per un nonnulla, mica come loro che han retto al marito finché, voglia Gesucristo, sono stati chiamati in cielo.

"Mica come la figlia di X eh, quella è andata a convivere!"

"E non è meglio? S'imparano a conoscere e se si stufa arvà a casa sua senza tutta sta confusione!"

"Che poi quando uno si separa ti rimangono parenti uguali"

"Guarda, non mi ci far pensare... La mi'nuora..."

Segue segno di disapprovazione sincronizzato della testa, tipico di suocere dotate solo di (venerati) figli maschi.

Vabbè, ora sono a conoscenza che nella bucolica campagna umbra i divorzi sono in aumento. Le corna no, quelle sono stabili.

 

Andiamo oltre.

Un paio di vecchietti disquisiscono di politica leggendo "Il corriere dell'Umbria" e minacciamo di bruciare le terrese del PD in piazza che tanto ormai alla società operaia ci si va solo per giocà a briscola e la rivoluzione è difficile arrivi prima della loro dipartita. Però son troppo carini, lì a chiacchierare in tre, coi cappelli ancora calati in testa e l'età di Matusalemme. Mi mettono allegria ed è bello immaginarseli litigare per aver calato l'asso al momento sbagliato, tra un Montenegro e un grappino.

 

Ma continuiamo ad esplorare la saletta.

Giusto più in là c'è una ragazzina, avrà vent'anni ed indossa un buffo cappello di lana color acquamarina. È accompagnata dalla madre ed è incinta (di quattro mesi, la madre l'ha sbandierato anche all'usciere), ma con l'aria dimessa di chi si trova lì sì, ma solo per caso, di passaggio verso un altro mondo.

Non posso far a meno di notare che tutti i conoscenti che si avvicinano alla ragazza, e in una Asl di paese sono tanti e variegati, vengono intrattenuti dalla madre qualsiasi età essi abbiano con i dettagli più intimi della gravidanza della figlia mentre lei vegeta in un angolino, manco la conversazione non riguardasse il suo utero.

Sto per dirgli qualcosa tipo Esci dal coma, bellina! quando una attempata signora vestita e bardata come per la maratona di New York mi si para davanti.

"Ciao!"

"Buongiorno!"

"..."

"..."

"No, ma ciao eh!"

"Buongiorno Signora, serve nulla?"

La signora indica la mia pancia e sorridendo fa ad alta voce: "E' un piccolo *cognomedelragazzodimiasorella* quello, vero?"

"No, guardi, no..."

"ODDIO, VI SIETE LASCIATI???????"

Tutti gli occhi sono su di me, i vecchini si tolgono il cappello, le signore cotonate sbarrano gli occhi e pure la ragazzina ha un barlume di vita in fondo agli occhi.

"No, è che io..."

"NO, SCUSAMISCUSAMISCUSAMI! CHE FIGURACCIA! E POI NELLE TUE CONDIZIONI!!!"

"No, è che..."

"PURE RAGAZZA MADRE!! POVERINA!!"

"Signora, si calmi. Le volevo dire che mi confonde con mia sorella!"

La signora diventa livida in volto, mentre i vecchietti si coprono dietro al giornale per non scoppiare a ridere.

"..."

"Signora?"

"Eh, ma la colpa è vostra, eh! Siete uguali! fate qualcosa!"

Gira sulle scarpe da ginnastica e se ne va.

Mi dispiace, gli ho fatto saltare il gossip pomeridiano e gliel'ho tramutato in una gigantesca figura di cacca.

 

La sindrome di Barbara 'Urso colpisce ancora...

 

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5 novembre 2013 2 05 /11 /novembre /2013 10:05

you have been warned funny pregnancy shirtL'essere incinta dà il via ad una sorta di razzismo all'incontrario. La gente ti guarda con un misto di occhio languido e compassione francamente immotivata e, se la gestante c'ha una giornata no, potrebbe generare zuffe mica da poco.

 

E questo vale per tutte le donne incinta, non solo  per me che ho un così amabile carattere.

Perciò, o comune volgo che mi stai leggendo, voglio renderti edotto su cosa non fare assolutamente se lungo il vostro cammino vi trovate ad affrontare una donna in stato interessante.

 

1) Non toccatele la pancia a meno che non abbiate una estrema confidenza con lei. E' un gesto intimo, molto intimo. Ed è piacevole solo se fatto da una persona con cui c'è un legame. Voi vi fareste toccare le parti intime dal primo che passa? E allora? No, non va bene nemmeno chiedere il permesso prima, ché molte donne non hanno lo spirito per rispondere "Provaci e ti tronco la mano all'altezza del polso". Suvvia, tenete le mani a posto che non vi dovrebbe costare poi così tanto.

 

2) Non chiedetele in continuazione "Come stai?", "Tutto bene?", "Ma stai bene?" E' molto fastidioso dover sempre dire che va tutto bene ed inoltre se una fosse un tantino supestiziosa non sarebbe nemmeno bello. Per non fare torti a nessuno, io mi sa che inizio a portarmi nella borsa un ferro di cavallo.

 

3) Non fate battute sul peso, specie se siete uomini. Specie se siete idioti. Non è bello e non fa ridere. E poi guardatevi prima quell'appendice mollicce che avete dopo l'ombelico. No. non lì: più su, caspita!!!!!

 

4) Non iniziate con la paternale. Una donna incinta, specie se al primo figlio, può essere già molto in ansia per la miriade di cose nuove che immagina scombussoleranno la sua vita. Frasi del tipo "Finita la pacchia, eh?" oppure "Vedrai che casino dopo che l'hai sfornato!!". Non aiuta nemmeno raccontare eventi poco edificanti del tipo "Mia cuggina c'ha avuto 28 ore di travaglio" oppure "Mio cugggino mi ha raccontato che suo figlio fino ai tre anni non ha dormito mai". Non-è-carino.

 

Allora, mi chiederete, come comportarsi se si incontra una donna incinta?  Secondo la mia modesta opinione, sempre che sia una semplice conoscente e non un'amica, la parola d'ordine è EDUCAZIONE. Come dovrebbe essere sempre, del resto, anche con chi non ha una pancia abitata. O dopo che il pupo è nato.

Costa così tanto essere educati e, magari, anche cordiali senza trascendere nel triviale?

 

Evidentemente sì.

 

 

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30 ottobre 2013 3 30 /10 /ottobre /2013 09:56

foto-copia-1.JPGSe ve lo state chiedendo, la risposta è NO.

No, una sola parte non bastava, ho saltato troppe cose e devo fare un capitolo 2.

Devo, capite?

 

I berlinesi non bevono acqua. Strano, vero? Eppure è così, nessuno ha la classica bottiglietta d'acqua in borsa, a meno che non sia aromatizzata a qualcosa di strano, tipo lime, passion fruit o un frutto che esiste solo nella parte est dell'Australia. Qui vanno per la maggiore bibite gassate, soprattutto la Sprite da quello che ho visto, e l'immancabile birretta, che tanto piccina difficilmente è.

 

I berlinesi vanno tutti in bici, la pista ciclabile è ovunque, in ogni parte della città e treni, tram e metro sono attrezzati per il caricamento delle due ruote. Bello, eh? Sì sì, ma se siete pedoni attenzione: i ciclisti non si fermano manco morti, piuttosto vi prendono sotto e sti cazzi. Quindi state alla larga dalle piste ciclabili, piuttosto fatevi mettere sotto dai tram.

 

I berlinesi sono educati per DNA. In metro (non particolarmente affollata) ho assistito alla seguente scena: ragazzo che legge il giornale, sale una donna con una carrozzina. Lui si alza senza nemmeno un attimo di esitazione, continuando a leggere. Lei si siede senza ringraziare. Diretto. Lineare. Tedesco.
Io al gate dell'aeroporto per Roma, dopo non so quanta fila e quanto camminare non ho trovato chi m'ha fatto sedere.

Per dire.

 

I berlinesi non hanno ambulanti nelle loro città. Non ci sono souvenir di nessun genere a parte quelli "istituzionali" dei musei o gli shop "I love Berlin", dove un orsetto simbolo di Berlino ed alto tre centimetri costa € 15. A Parigi con la stessa cifra il senegalese di Montmartre di rifila 1,5 kg di statuette della Tour Eiffel in colori fluo, per non parlare di quel che accade a Roma o Lisbona. Se da un lato è giusto e sacrosanto, dall'altro mi sono resa conto dell'importanza degli ambulanti quando ha iniziato a diluviare all'improvviso e NESSUNO vendeva ombrelli. 

Sono problemi gravi, disagi.

 

I berlinesi hanno le notizie di gossip passate a rotazione in schermi all'interno dei treni della metro. Così se vogliono sapere qualcosa di Miley Cirus o Lady Gaga sono sempre aggiornati.

 

I berlinesi amano alla follia Michelle Hunziker, dove è la regina dell'equivalente tedesco di "Scommettiamo che?".

 

E questi, francamente, son problemi loro...

 

 

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Tutto quello che c'è nella mia testa...vita, amore, arte, libri, immaginazione, musica. Il tutto naturalmente immerso nella confusione più totale. Poco? Qualche volta, pure troppo!!!

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