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28 ottobre 2015 3 28 /10 /ottobre /2015 19:00

Sabato pomeriggio ero al parco con Emma e la figlia del mio compagno. Le bimbe giocavano tranquille da un gioco all'altro e io mi sono messa ad ammirare la varia umanità che navigava avanti ed indietro, ingannando un pomeriggio autunnale.

Nella quiete del parco hanno fatto irruzione una brigata di ragazzini, orientativamente non più di quattordicenni che, appollaiatisi in ordine sparso su di una panchina, hanno dato il via a diversi teatrini antropologicamente interessanti.

La femme fatale.
Le ragazzine del gruppo, alcune in evidente sovrappeso da sovradosaggio di merendine, vestite come un catalogo di moda per non-vedenti erano tutte truccate e dotate di meches. roba che se io a quell'età osavo il mascara finiva malissimo e queste si sparano il rossetto opaco arancione modello Barbie battona.
Stanno lì, una fa finta di giocare con una sigaretta ed all'avvicinarsi di un coetano l'apostrofa con un "Stammi lontano che tu mi stupri!"
Alzo lo sguardo verso di lei perché credo (spero?) di aver capito male e lei lo ripete: "Stammi lontano che tu mi stupri!"
Vorrei tanto farle la filippica sia sul suo vituperio dei modi verbali sia sul più grave uso improprio di certi termini, ma qualcosa mi ferma.
Sono diventata forse vecchia?

Arrendevole?
Ho bisogno di ferie?

La coppia che non (si) molla.
Non troppo discosti dal gruppo, una coppietta ha deciso di controllarsi vcendevolmente le tonsille e di farlo con una dovizia impressionante.
Meno.
Basta meno.
E soprattutto, tenete a posto le mani a meno che non siate così fortuna da usufruire di ore di educazione sessuale a scuola. E non ridete se vi spiegano cose utili: ascoltate, cazzo.

Sono gggiovani, che ci volete fare?
Gestisco il trasbordo di Emma dall'altalena al girello e mi cade l'occhio sulla parte maschile della combriccola, tutti alquanto bisognosi che Masha canti loro la canzone dell'igiene personale. Sono in tre, tutti vestiti come Justin Bieber dopo un uragano: uno è il sedicente stupratore e si guarda intorno annoiato, il secondo sputa reiteratamente a terra con metodicità degna di nota mentre il terzo sta bruciando la panchina con un accendino.
Aspè, che sta facendo?
Brucia la panchina?

Affido Emma ad Alice che mi guarda come a dire Non mi far fare figuracce che magari un giorno ne sposo uno,  e mi fiondo.
"Scusa ragazzino, che fai?"
"Ehm..."
"Ehm una cippa, smettila subito! Questa panchina non è tua, ma di tutti!"
"Mi scusi SIGNORA"
SIGNORA.
Che suona come vecchia babbiona, vero? 
Sto studiando come incenerirlo adeguatamente, quando sento Emma che mi chiama ridendo come una matta perhcé la sorella le ha fatto scoprire l'emozione dello scivolo da grandi.
Mi distraggo, perdo l'attimo e niente, l'aridità e il veleno sono volati via.

Niente, sono vecchia.
Ho peso mordente.

"Tu" dico rivolta ad Alice mentre rincasiamo "se diventi così tra qualche anno ti spedisco in Svizzera in un collegio di suore di clausura. E pure se non sei mia figlia, chiaro?"
Lei ride e si schernisce.

Forse non tutto è perduto.

 

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4 settembre 2015 5 04 /09 /settembre /2015 11:00

La foto di questo bambino morto in spiaggia ha fatto il giro di Facebook tra l'indignazione di chi pensa che certe cose debbano rimanere nascoste come la polvere sotto il tappeto, la frustrazione di chi immaginava i propri figli sdraiati sulla sabbia e la noncuranza di chi apostrofa sempre tutto quello che riguarda i migranti con un placido "aiutiamoli a casa loro".

Io penso che la vita in genere, ma i social per possa essere vissuta in due modi: il primo è quello di decidere di staccare il cervello dal mondo circostante e vivere semplicemente la propria quotidianità come se esistesse solo il proprio piccolo cerchio di conoscenze ed il proprio piccolo orto coltivato ad ortensie e lillà. È questo il caso di tutte quelle ragazze, o meglio donne, che imbastiscono la propria bacheca di Facebook con gattini, cuoricini, aforismi di Osho, frasi d'amore, allegri buondì e caffè e quant'altro senza mai cedere il passo al pessimismo o semplicemente la realtà circostante. Io queste persone le invidio veramente: la loro unica preoccupazione rigurda il selfie giornaliero: sarò venuta bene? Il piatto di aperitivo che ho postato sarà abbastanza figo? Caspita, non mi sono taggata nella discoteca del momento, accidenti! Questa foto sarà sufficientemente puccipucciosa?

Al contrario si può decidere di vivere con gli occhi aperti, senza necessariamente ammorbare il prossimo con tutte le disgrazie del mondo o con esternazioni politiche 24 ore al giorno sette giorni la settimana (quelli sono i Grillini, una specie animale a parte), ma diluendo la propria esistenza in una sana disincantata ironia che a volte brilla nel cinismo. Oppure no, quando il pelo sullo stomaco non basta più o quando tutto è troppo brutto per riderci su.
Si può decidere semplicemente di essere oltre a donna, madre e figa (buahahahahhah!) anche con una coscienza sociale, seppur minima. Non che si pretende di cambiare il mondo, per carità, ma almeno cercare di renderlo un posto un po' meno schifoso.
Il minimo sindacale, insomma.

Le foto di questo bambino morto sono molto disturbanti, concordo, e credo che debbano non far dormire per ben più di una notte non solo chi è già genitore ma tutti quelli che sognano o hanno sognato di diventarlo almeno una volta.
È giusto che siano disturbanti, è giusto che diano fastidio e che sollevino l'animo popolare. Sono foto che fanno indignare, troppo crude per un popolo abituato a discettare solo del calciomercato nella calura di fine estate. Meglio biascicare su Balotelli e sulle liti via social ad alto QI di Belen e Nina Moric.
Sono foto che fanno male, sono un pugno nello stomaco proprio come lo sono le parole di un genitore distrutto che cercava solo una vita meno pericolosa per i propri figli.

Come ha scritto di recente una mia amica molto cara, che tra l'altro ha un'idea politica opposta alla mia, "Nessuno metterebbe i propri  figlio su una barca, a meno che l'acqua non sia più sicura della Terra". Quel bambino morto sulla spiaggia pesa sulle coscienze di tutti noi, grandi e piccoli, poveri e ricchi, potenti o semplici cittadini. Ci ricorda che in un passato non troppo lontano erano i nostri bisnonni a tentare viaggi della speranza, ci ricorda che domani potremmo essere noi a tentare la stessa via.

Disturba, è vero; fa andare di traverso l'aperitivo.
E deve essere così, è giusto che sia così.

Si fa presto a guardare il telegiornale con un occhio solo mentre si cena  e dimenticare tutto quello che accade nel mondo con una bella scrollata di spalle.
Io non ci riesco. 

Se voi ci riuscite continuate a postare foto di gattini.

 

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3 settembre 2015 4 03 /09 /settembre /2015 14:00

Mia nonna paterna non era una donna particolarmente buona, né particolarmente volta istruita. Era il riflesso della società rurale in cui era cresciuta, ha accresciuto i suoi figli in modo anche duro a volte, senza le coccole e la comprensione che i genitori di oggi si sentono in dovere di largire alla loro prole. Anche con nipoti non è mai stata la cara nonnina, ma anzi veniva apostrofata con i peggiori epiteti dai suoi quattro nipoti.
Non era colpa sua, oggi lo capisco. Era figlia di un mondo spicciolo, dove la sopravvivenza era legata alla quotidiana lotta con il mondo circostante, specie per le donne. Un mondo più crudo, dove la verità spicciola e contadina potevi trovarla nella tasca del grembiule.

Mia nonna però nonostante non fosse la nonna perfetta, una cosa me la comunque insegnata: la compassione.  Tutte le volte che sulla porta della sua casa di campagna compariva un venditore ambulante mia nonna sbuffava e sbatteva, inneggiando alla voglia di fregare soldi che i venditori ambulanti portano con sé. Poi il più delle volte, specie se il venditore ambulante allargava il proprio viso in un sorriso o si faceva scappare una battuta o un complimento vago, mia nonna abbassava le braccia lungo il corpo e con un sospiro lo invitava a pranzo o gli offriva un pezzo di pane e formaggio, e se era estate la possibilità di rinfrescarsi al pozzo dell'orto.

Non era perfetta mia nonna, non era nemmeno buona, ma aveva visto la fame, l'aveva sofferta insieme alla guerra che stringe lo stomaco e se la ricordava bene. Forse la vedeva riflessa negli occhi di chi le si parava davanti vendendole una carabattola, e il ricordo le smuoveva qualcosa dentro, non lo so. Non solo la fame e la guerra, credo, ma anche il duro lavoro nei campi, la fatica fisica ripagata poi dal ghigno del padrone che non è mai sazio. 
Un mondo diverso, che non esiste più ma che tornava a vivere nei suoi ricordi.
Fattostà che lo  faceva non come un vanto, ma come lo scorrere naturale delle cose. Non credo la facesse sentire più buona o più cattolica, ma che le placasse un moto interiore questo sì.

Mi è tornata in mente la mia nonna paterna l'altro giorno, quando ad una sagra paesana con mia sorella siamo andate a comprare porcherie dolci in quei baracchini che vendono caramelle gommose e arachidi. Accanto a noi due bimbi di crca sei/sette anni di colore, con quella magrezza tipica di chi ha una conformazione fisica da corridore e con la faccia spalmata contro il vetro, abbacinati dai colori vividi delle caramelle gommose. 
Il venditore, novello Mangiafuoco, soppesava attentissimo e con grande impegno col bilancino la giusta contropartita in caramelle dei 70 centesimi che i bambini gli avvevano allungato speranzosi.
Ci siamo così disgustate che ce ne siamo andate. 

No, ma il problema non è solo "Aiutiamoli a casa loro" o altre manfrine propagandistiche simili. Io mi preoccupo di che diavolo di paese siamo diventati, seduto ed accomodato in un finto benessere che pensiamo solo a tenerci stretti. 
Che fa dire che le 71 persone morte soffocate in un TIR sono frutto solo della propaganda buonista e sinistroide. 


Con tanti saluti all'empatia tra esseri umani.

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7 agosto 2015 5 07 /08 /agosto /2015 14:00

Avrei voluto scrivere un post parlando di quella gente che si fa schermo dei social per scrivere cose orrende e sostenere tesi ed idee che non avrebbe mai il coraggio di sostenere apertamente in pubblico senza vergognarsi come un ladro.

Avrei voluto scrivere di amene signore di mezza età dedite a nipoti che grazie ai social si trasformano in arrabbiate megeret rita-immigrati.

Avrei voluto scrivere del mio stato d'animo, che mi porta a sentirmi sola sopra uno scoglio con tutto il mare intorno e con la sensazione di aver passato la vita ad inseguire gente che in realtà non è interessata a te più di quanto tu non lo sia alla fisica quantistica.

Avrei voluto scrivere del mio disturbo alla tiroide che mi porta insonnia, sbalzi d'umore e sbalzi di temperatura incontrollati, rendendomi una brutta persona più di quanto la natura abbia già fatto.

Avrei voluto scrivere una recensione de "Il deserto dei tartari", libro bellissimo appena finito e colpevolmente mancante tra le mie letture. avrei voluto raccontravi del modo di scrivere di Dino Buzzati, del suo leggere l'animo umano in maniera universale, della paura del tempo che fugge, di Giovanni Drogo e della Fortezza che ci costruiamo intorno tutti quanti.

Avrei voluto scrivere un post intelligente, ironico, divertente, di quelli che rimangono nella storia e dopo anni, se li ritiri fuori, ti piacciono ancora.

Avrei voluto, sì.
Ma ogni volta che ho provato a buttar giù un'idea lei, la gnocca, arrivava come un treno in corsa davanti alla mia scrivania con la sua fila di denti in bella mostra, le fossette cicciotte e quell'espressione che la rende così somigliante a mia sorella dipinta in viso. Mi guarda ed allunga la mano e cerca la mia, in un invito più che esplicito ad andare a giocare e ballare con lei.


Come rifiutare?

 

 

 

 

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30 luglio 2015 4 30 /07 /luglio /2015 09:00

Sin da bambina sono sempre stata considerata complicata. Non mi piaceva giocare con gli altri bambini (a meno che non potessi dirigere tutto io), inventavo storie per me e le mie bambole giocando da sola per pomeriggi interi, mi piaceva costruire il mondo come volevo che fosse, eliminando tutto quello che non andava.

Facevo finta che fosse sempre tutto perfetto, senza urla, litigate o problemi da risolvere. Senza malattie a portarsi via la mente di mio nonno. No, non era vero. Il mondo era bello, io lo sapevo, e me lo sarei costruita come volevo.

Gli anni sono passati, la bambina timida e solitaria si è trasformata in una donna che troppo spesso cerca di affermare la sua personalità, anche con mezzi poco canonici.

Ma certi giorni, no.
Certi giorni è troppo faticoso.
E' troppo e basta.
Certi giorni mi sembra di esser caduta in un buco nero fatto di terra argillosa. E mi arrampico, mi graffio, ma non riesco ad uscirne nemmeno applicandomi al massimo e mi sale l'ansia, mentre le pareti mi si sbriciolano intorno.

Certi giorni mi sento all'angolo, inchiodata con i piedi al pavimento. 

C'è stato un giorno, lo ricordo bene, un giorno in cui mi son detta: "La mia vita è perfetta, non posso desiderare di più". E poi niente, l'attimo è passato e io sono rimasta qui a guardare il mondo che corre velocissimo. 

Domani magari sarà un giorno migliore. Sì, certo, lo cantava Cremonini, ma non so se nemmeno lui c'ha mai creduto veramente. Magari sì.

Magari è vero.

Magari domani smetto di vedere tutto nero.

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29 luglio 2015 3 29 /07 /luglio /2015 09:00

Molti mi chiedono perché me la prenda così tanto contro chi non veda la naturalezza delle unioni tra persone dello stesso sesso. In fondo la loro legalizzazione in Italia non riguarda qualche mio parente stretto o un amico caro.

A parte il fatto che per perseguire una ingiustizia non dovrebbe essere necessario averne titolo, quello che più mi lede il sistema nervoso è il pregiudizio ed il cinguettio sociale che lo precede e contraddistingue.

In seconda battuta, la mia incazzatura deriva dall'ignoranza che dilaga in questo paese ed alla sua ipocrisia. Oggi anche il peggior cristiano della penisola si erge a paladino della morale, rivendicando l'univocità della parola famiglia come se ne fosse l'unico fiero detentore. 

E non posso fra a meno di pensare che, in questo paese che dimentica e che copre le storture con un colpo di spugna e servendo in tavola una bella ciotola di spaghetti, i nonni o i bisnonni di quelli che ora predicano contro le famiglie diverse erano quelli che negli anni '40 e '50 ce l'avrevano con il tipo di famiglia che oggi è il mio. Sono quelli che mi avrebbero chiamato donnaccia per strada, puttana sottovoce e rovinafamiglie al bar prendendo il caffè con gli amici prima della partita di briscola.

Prima l'unica famiglia accettata era quela generata dal matrimonio cattolico, unico ed indissolubile, ed i figli nati fuori da questo inscindibile vincolo erano reietti, figli di NN  o comunque di serie B. Se poi lui o lei avevano alle spalle un matrimonio... anatema!!!!! Divorziare? Roba da andare all'inferno per direttissima, macchia incancellabile, diffida sociale! Dove mai andremo a finire?? E' la morte della famiglia!!! 
Vi suona familiare?

Poi, dopo lotte e lunghi periodi in cui i più facoltosi sganciavano denaro alla Sacra Rota per eliminare il vincolo o facevano legittimare da giudici progressisti sentenze di divorzio ottenute in altri paese, nel 1970 anche l'Italia ha avuto la sua legge sul divorzio.

Prima piano piano, poi sempre più velocemente, è diventato un fatto normale. Grazie alla legge, ad un referendum, ma anche alle telenovelas brasiliane. Tutto normale, quasi banale.

Ed eccomi qui, nel 2015. Compagna di un uomo divorziato, madre e matrigna tutt'altro che odiata. Eppure non mi hanno ancora lapidata, anzi. Anche se solo cinquant'anni fa sarei stata additata per la strada come un male della società, come Rita Pavone o la Dama Bianca. Esempi glamour, c'è poco da dire.

Eppure quello della matrigna cattiva era un mito difficile da scardinare, proveniente dalle favole, dall'inconscio nascosto di ogni babino che vive dentro di noi. Matrigne cattive, che vogliono il cuore delle figliastre per metterlo in una scatola o che abbandonano i poveri pargoli nel bosco per farli mangiare dai lupi. 
Brutte persone, insomma, ma sempre vestite bene. E' un must.
Esiste una donna più fashion di Grimilde?

Eppure niente, il loro mito è finito, destinato a rimanere confinato nelle favole di una volta. 

E allora mi chiedo, cosa risponderò ad Emma quando tra trent'anni mi chiederà: "Ma davvero neggli anni '10 c'era tutto sto casino contro le unioni civili? Mamma mia, che ridicolezza!!" Perchè non solo nel frattempo sarà diventata l'ennesima consuetudine italica che nessuno mai si era sognato di avversare.

Pensateci.

Ma soprattutto si accettano scommesse su chi sarà additato a nuovo mostro.
 


 

 

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27 luglio 2015 1 27 /07 /luglio /2015 09:00

Qualche giorno fa sui social è comparsa l’immagine che trovate a sinistra. Come molte immagini, anzi solo come quelle più belle, racconta una storia. La sua storia è quella di una bimba di un campo profughi di Feldkirchen ander Donau, in Austria, che gioca con l’acqua che i pompieri dei vigili del fuoco della città stanno spruzzando su di loro per gioco, per vincere la calura improvvisa che sconvolge anche l’Austria.
Un’immagine bella, un sorriso che regala speranza anche dove di speranza se ne trova poca. Vivere in un campo profughi, in Austria o in Libano, non è comunque divertente, sentirsi inchiodato in una realtà non propria, senza una lingua comune, scaraventati lontano da tutto quello che conoscevano prima e che, molto probabilmente, non esiste nemmeno più.

Una bella immagine, un gesto felice e semplice sia per i pompieri che l’hanno compiuto che per i bambini, liberi per un giorno di giocare e di sentirsi come i loro coetanei.

Mi direte: “Ok, e quindi?

E quindi sui social è scattata la cattiveria umana, spesso nascosta da nickname e da finti acronimi. Come? Non ho fatto gli screenshot per decenza (e anche mancata voglia, lo ammetto), ma ve li riporto integralmente, spero vi fiderete.
Che possa il mio disgusto essere il vostro.

“Bella foto, ma poi diventano grandi ed entrano nelle case a rubare”
“Ci dovrebbero spruzzare un po’ d’arsenico insieme all’acqua, allora sì!”
“Pensate anche ai pensionati”
“Siete buonisti del cazzo”
“Vi meritate che vi stuprino tutte, puttane comuniste che non capite niente"
“Ora mettete mi piace, ma quando vi verranno a rubare in casa che farete?”
“E ai disoccupati italiani chi li rinfresca?”
“Tanto l’acqua non la pagano loro”
“Questa ride, mentre tanti italiani non c’hanno più un cazzo da ride”

 

Ma la più bella è: “E i pompieri quando ci vanno a rinfrescare i vecchi del centro anziani?” Mi sono trovata a dover rispondere: “Spero mai, perché se agli anziani gli spruzzi l’acqua con la pompa mentre passano col deambulatore magari gli rompi un femore. Non è meglio un ventilatore?”

E via andando.

Ora, posso dirlo che non ce la faccio più?
Posso dirlo che la mia fiducia nell’umanità vacilla? Che ci meritiamo l’estinzione, l’eruzione di un vulcano, una brutta morte?
No, sta brutto. Non siete convinti? E allora beccatevi questa. Bello vedere un che mette nella sua foto del profilo un bambino scrivere che se una bimba siriana muore perché le hanno buttato l’insulina è una in meno da mantenere?

Basta.
Voglio diventare un gatto.
Un cane.
Un pappagallino.
No, un pappagallino no, che puzzano.

 

Azz… sono diventata razzista pure io! 

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22 luglio 2015 3 22 /07 /luglio /2015 14:00

C’era una volta una pecorella un po’ distratta che, in una notte piena di stelle, perde il sentiero e si smarrisce nel bosco. Intorno, il buio fa paura, la pecorella è spaventata e si sente persa. Finché qualcosa si accende, rischiarando il cuore di improvviso sollievo: sono gli occhi belli e pieni sogni di un lupo bambino grazie al quale il tempo deserto della notte si fa caldo di compagnia.”

Questa è la tremenda sinossi di un libro bandito dalle scuole materne e dai nidi di Venezia (E, Miodddddio, mi auguro presto da quelle di tutta Italia, signora mia!) e che, secondo l’esimia esperienza del nuovo sindaco Brugnaro lede le menti di poveri bambini indifesi e li fa diventare certamente omosessuali.

E non è l'unico libro che è stato eliminato, grazie al cielo, signora mia!

Che ne dite dell'orrido Piccolo Uovo, che racconta di un uovo che sta per schiudersi, ma non sa ancora quale sarà la sua famiglia. Gira quindi il mondo per conoscere tutte le possibili realtà lasciandoci, alla fine del libro, con la curiosità di scoprire come sarà, al momento della nascita, la sua famiglia. Tra l'altro con le illustrazioni di Altan, che adoro.

Questi e altri 48 libri sono finiti nella lista di epurazione del sindaco di Venezia, che ha pensato bene di compiere questo come prioritario atto dovuto da primo cittadino. Non eliminare i passaggi delle grandi navi che devastano Venezia a benefici dei turisti villici. No, no.

Eliminiamo libri alla scuola per l’infanzia. Poi verranno le elementari, le medie e le superiori? A quando il rogo?

Cos’hanno di scandaloso questi libri? Parlano di omosessualità? Di sesso? Ci sono scene di nudo? Cosa? Cosa?

No, parlano di amicizia, accoglienza, ascolto. Stimolano la capacità di relazionarsi con gli altri e di comprendere gli adulti, la profondità dell’amicizia, la diversità, il coraggio, la capacità di reagire a un sopruso, il dialogo, la costruzione dell’identità, la presa in carico, la cura, l’attenzione, il rispetto.

Tutte cose che, a sentire il sindaco Brugnaro, devono essere insegnate a casa dai genitori e non alla scuola dell’infanzia. Che, evidentemente, per il sindaco è poco più di un parcheggio in cui mamme (snaturate) che non hanno smesso di lavorare appena procreato lasciano i figli. Le stesse madri (doppiamente snaturate) che vanno al lavoro otto ore al giorno e li vanno a riprendere la sera, evidentemente per il loro tornaconto personale, per far carriera. Ovviamente.

Ora, signor Brugnaro, io vivo in Umbria dove c’è il Progetto InVitro, dove la lettura (almeno sulla carta) è incoraggiata. Il che è sepre un bene, anche se lei sembra essere convinto del contrario, perché leggere anche all'asilo nido apre la mente e ci rende persone migliori.
Lei legge, caro sindaco? 
Tra l'altro. mia figlia ha educatrici eccezionali, di cui mi fido ciecamente e che nel tempo le hanno insegnato tante cose, non solo pratiche come mangiare da sola o riordinare i giochi (come vuole lei, eh), ma anche la condivisione, la comprensione dell’altro, la conoscenza del proprio corpo e dello spazio, lo stare in mezzo agli altri e la curiosità di conoscere.

Sì, ha solo 18 mesi la gnocca.

E a dire il vero io voglio che cresca in un mare di libri, giusti ed  inadeguati, belli e brutti, scritti bene e scritti male.
Ma con la capacità di scegliere lei per lei, e nessun altro.

Senza roghi.

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13 luglio 2015 1 13 /07 /luglio /2015 10:15

Cari genitori,

quando portate i bambini al mare non li portate nella jungla ai confini del mondo conosciuto. Non li depositate in un luogo oscuro, in una terra franca in cui le regole non valgono ed il rispetto verso gli altri e l’educazione vale quanto una dracma bucata. Cari genitori, mi dispiace per voi ma li depositate in un luogo libero, sì, ma in cui le regole devono comunque valere.
Almeno quelle basilari.

Se io vieto a mia figlia di buttarsi sotto l’ombrellone altrui e depredarlo della ruspa gialla che tanto anelava, tu perché devi permettere al tuo riccioluto pargolo treenne di depredare i giochi di mia figlia sbattendoli in ogni angolo della spiaggia mentre facciamo il bagno in mare? Senza considerare la tua vaghezza al nostro ritorno, che ha permesso alla tua progenie di continuare a giocare con il depredato senza batter ciglio né balbettare scuse appropriate. La prossima volta la ruspa, cara signora mia, gliela sequestro e la faccio pilotare a mia figlia verso il suo ombrellone, che lei è una gran fan del Sig. Toro.

Io capisco che i bambini sono bambini, signora mia, ci mancherebbe. Ma alzare sei metri cubi di sabbia per fare capriole e ruzzoloni e farli atterrare sulla faccia di mia figlia NON FA RIDERE nemmeno un po’. Che i suoi due mostri non si vengano poi a lamentare quando, tra vent’anni, lei non gliela darà manco morta. E farà benissimo. 

Ma soprattutto, cari genitori, al mare i bambini si sfiniscono, si caricano a molla e finiscono per trasformare giornate piacevoli in gironi danteschi. Urli, strepiti, capricci a non finire e simpatia a manetta. Se tutto ciò è generato dalla propria discendenza può anche (anche) venire tollerato, ma altrimenti genera nel proprio vicino di ombrellone la stess benevolenza della sabbia nelle mutande. Per evitare queste spiacevolezze, le strade sono due: 
1) far dormire i propri figlia la mare dopo pranzo, come faccio io con Emma che si schianta almeno due ore all'ombra godendosi la brezza marina, 
2) volare verso casa alla velocità di un supereroe, pregando che la macchina anestetizzi il brutto momento caratteriale dei propri figli.

No, rompere le palle non è una terza opzione, specie quando i figli altrui russano alla grande e io mi sono messa in testa l'idea di finire il libro che sto leggendo.

Lo so, sono bambini.
Lo so, ragionare come la vecchietta che da ragazzini ci bucava il pallone e rompevamo i suoi gerani con un colpo troppo lungo non mi fa onore.
Lo so, non ho pazinza.

Ma chi l'ha detto che ci vuol pazienza, se gli altri non hanno educazione?

 

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8 luglio 2015 3 08 /07 /luglio /2015 08:00

Sì sa, le giornate al mare sono pigre, o almeno così dovrebbero essere per definizione. Ma quando al mare ci sì va con una bambina di 10 anni che non riesce a stare ferma col cervello né con il corpo e con una creaturina di 17 mesi che vuol fare quello che fa la sorella il riposo è un eufemismo. Questo non vuol certo dire che i giorni passati al mare siano meno belli, ma certo il riposo e lo stravaccamento a quattro di spade sono un'altra cosa.
BEN LONTANA.
Da quando ho conosciuto l'Amoremio, vado sempre al mare dove abitano i suoi genitori, a Montesilvano. Un posto come tanti di villeggiatura, sbabilimenti balneari fatti di locali e turisti, giornate fatte di bagni, pisolini e sabbia nelle mutande. E' l'Adriatico e la sua bassa marea, c'è poco da fare.

Pranzando con la pasta fredda fatta a casa sotto l'ombra dello stabilimento, non posso non notare l'anziano uomo di colore che vende i cd e che ha appoggiato la sua mercanzia su un tavolino  poco lontano. E' stanco, rugoso, con la barba bianca. E straordinariamnete somigliante a Morgan Freeman. 
Non posso far a meno di pensare come, tra tutta la mercanzia in mostra, lui ed il venditore di ombrelli siano i più sfigati.

Faccio cenno all'Amoremio, che mi capisce al volo, si avvicina e gli chiede se vuole pranzare con noi. Lui, gentilmente, rifiuta.

"E' il Ramadan" mi dice con la cadenza dolce del francese
"Oh, e non è ancora finito?"
"No, il 16" mi dice sedendosi alla seggiola all'ombra che gli offriamo.
"Cos'è il Ramadan?" chiede Alice curiosa
Lui la guarda e gentilmente glielo spiega. Gli racconta del mese sacro per ogni musulmano, di quanto sia diffcile ed importante, di come beva e mangi solo dalle nove di sera alle quattro del mattino. E lei l'ascolta stupita, e magari starà pensando a tutte le volte che ha sbuffato all'idea di andare a catechismo invece di giocare al parco con gli amici.
Viene dal Senegal, l'anziano signore, e laggiù ha tanti nipoti. Sorride ad Emma che dorme nel passeggino con la bocca aperta e racconta di quanto tutti siano gentili con lui, di come viva da tanti anni in Italia e di quanto gli manchi casa sua.

Noi gli spieghiamo un po' la nostra famiglia non proprio normale, lui vuol sapere cosa farà Alice da grande.
Poi, con fatica, carica la sua merce, si tocca il cappello e con un leggero inchino se ne va, non prima di aver raccomandato ad Alice di studiare, perché è il suo  lavoro ed è un lavoro importante.

Torniamo all'ombrellone, trascinando il passeggino nella canicola fin sotto la palma.  Emma russa, l'Amoremio ed Alice sonnacchiano. La cosa buffa è che, osservando il mondo intorno, mi sono accorta che il nostro gesto non aveva nulla di speciale. 

Ecco laggiù un ragazzino che porta una fetta di anguria ad un ambulante che si ripara dal sole sotto la sua bancarella. E una coppia di signori anziani che offre acqua alla ragazza che fa le treccine alle bambine. E così via, all'infinito.

A guardarlo così, il mondo non sembra un posto poi così brutto. A guardarlo bene, da vicino e senza il filtro della televisione o del flame in Internet, magari la nostra società non si merita davvero l'invasione zombie. A vederla bene, questa società, forse regala una speranza prima dell'estinzione.

Forse, e dico forse, l'odio instillato da Salvini, da certi media complottisti e allarmisti e dagli strali di un sistema assistenzialista che cade a pezzi ogni giorni di più non riusciranno a distruggere la compassione e l'empatia nell'essere umano.

Forse, se ci impegnamo, i nostri figli saranno meglio di noi.

Io, almeno, ci spero.

 

 

 

 

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Tutto quello che c'è nella mia testa...vita, amore, arte, libri, immaginazione, musica. Il tutto naturalmente immerso nella confusione più totale. Poco? Qualche volta, pure troppo!!!

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