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29 gennaio 2016 5 29 /01 /gennaio /2016 08:00

Interno giorno.
Io, mia madre, mio padre e la gnocca.

Emma gioca con mio padre, stravaccato sul tappeto a fare le costruzioni e con l'espressione ebete di tutti nonni

Emma: "Mio nonno!!!!" esclama abbracciandolo sorniona mentre mio padre si scioglie come un budino.
Io: "Emma, lo sai che il tuo nonno è anche il mio papà?"
Aggrotta le sopracciglia. Continuo: "E la nonna e anche la mia mamma! Hai capito?"
Emma: "No."
Io: "Come no?"
Emma: "No. No. No. Mio nonno, mia nonna!"
I miei genitori sghignazzano, compiaciuto del senso di possesso della creaturina nei loro confronti.
Io: "Emma, certo. Sono il tuo nonno e la tua nonna, ma anche il mio papà me la mia mamma. Capito?"
Emma mi guiarda malissimo e sbattendo i piedi esclama: "NO, NO, NO!!!! Mio nonno, mia nonna, mia mamma!"
Io: "Emma, invece sì"
Emma: "NO!"
E attacca a piangere disperata, come se le avessi tolto i parenti dallo stato di famiglia.
Mio padre: "Ecco, l'hai fatta piangere. Vieni qua tesoro, il nonno è solo tuo" e se la prende in braccio coccolandosela, mentre la ruffiana tira su col nasoe  se lo compra con due spicci sussurandogli : "Mio nonno."
Mia madre? Mia madre sghignazza.

I nonni...

 

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25 gennaio 2016 1 25 /01 /gennaio /2016 11:00

L'influenza di stagione sta arrivando, arriverà, eccola... cazz, è arrivata!
Da venerdì Emma ha una specie di bronchite che nel fine settimana le ha portato febbre alta, malessere generale, mammismo al cubo, tosse col fischio e insonnia genitoriale. Niente di grave, eh.
Ma insomma, ad andare a spasso si sta meglio.

Oggi, lunedì, dopo più di una settimana  va un po' meglio ed ho anche scoperto che c'è una specie di epidemia in giro. Benissimo. 
Gli zombie stanno arrivando, sappiatelo.

Ad ogni modo, sopravvivere alle malattie infantili ed a un nano lagnoso e inappetente si può, magari adottando qualche piccolo correttivo alla vita familiare.

1) Tenere le medicine necessarie sempre pronte. Non si sa mai, i nani sono traditori e sono sempre pronti ad ammalarsi di sabato pomeriggio. O durante un ponte. O a Natale, mannaggiaallaputtana. E voi se non c'avete la Tachipirina che fate? E il Nurofen? E i fermenti lattici? Io, da buona maniaca del controllo, ho anche le gocce per le orecchie, lo spray e lo sciroppo per la tosse. TUTTO DOPPIO. L'ho già detto che non si sa mai? E che sono maniaca del controllo?

2) Niente panico. Non è ebola, non è una nuova infezione che trasforma in zombie, non è pleurite: è influenza. Una rogna immane, siamo tutti d'accordo, ma passerà. Prima o poi. Non fatevi prendere dai patemi d'animo, dalle pezzoline bagnate sulla fronte e dalla manina tremula di vostra figlia: tachipirina in giuste dosi e balla la macarena (voi no).

3) Adeguatevi alla nuova condizione. Speravate in un fine settimana rilassante? In una gita fuori porta? Inutile arrabbiarsi perché l'influenza mura in casa e tutti i piani sono andati a remare da soli: accettare il proprio status è l'unica cosa da fare. Volevate un fine settimana ruggente e vi trovate a guardare la Pimpa? Pigliatela in allegria, andrà meglio la prossima volta. 
Fate scorta di beni di conforto, come serie tv e strufoli al miele: aiuta. Non la dieta, ma in genere aiuta.

4) Siate stalker del vostro pediatra. Devo aggiungerte altro? Pure a Natale l'ho chiamato per fargli gli auguri, secondo me se mi incontra per strada cambia direzione. Poveraccio.

5) Tenete duro, rafforzate le difese immunitarie e ammalatevi SOLO a prole guarita. Io sono arrivata a sniffare tachipirina, pur di non cedere. Ammalati tutti no, non ce la posso fare.

Insomma, dicevo:poi passa. 
Ci vuole un po' ma poi passa.
E si torna ad una vita normale, all'asilo, alle corse ad ostacoli la mattina, a fare tuttto di... etciù!!!!!! 
No, no, no, non io!

Etciù!

Dicevamo?


 

 

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12 gennaio 2016 2 12 /01 /gennaio /2016 13:00

Sono stata recentemente in un negozio di giocattoli che in genere non frequento mai, non solo perché non a prezzi accessibili, ma perché preferisco sempre comprare su Amazon e non portare Emma in luoghi che possono generare conflitto.
Se vi state chiedendo quale genere di conflitto si possa generare in un negozio di giocattoli, è più che evidente che non avete prole al seguito, altrimenti stareste già annuendo con veemenza.

Insomma, cercavo un paio di scarpe per la bambola che ho regalato ad Emma per Natale e di cui la poveretta è sfornita con grande disappunto della proprietaria (che è già in fissacon le calzature, poverammè), quando mi sono accorta che in questo negozio di giocattoli gli scaffali erano ben divisi in due sezioni distinte: quelle contrassegnate con il rosa - giochi da bambina, mentre quelli con l'azzurro - giochi da maschio.

Ora, io non voglio stare a sindacare sulle politiche di mercato, né sulle credenze educative dei genitori, ma in tutta sincerità vorrei farvi una domanda: Peppa Pig dove la mettereste? E Masha? Perché un puzzle con uno di questi due personaggi deve essere considerato da femmina mentre uno coi Paw Patrol sono da maschio? Lascia stare che a mia figlia fanno schifo e che non li vuole nemmeno vedere quei cagnacci, ma mi sembra una destinazione giusta? E i lego sono da maschio? Solo se hanno temi da maschio, ovviamnete. Quelli con le principesse sono da femmina, ma a mia figlia piace il trenino: come facciamo?
Ma soprattutto perché quegli adorabili dinosauri che si dovrebbero decorare la cameretta di un maschietto non possono decorare anche quella di una femminuccia?
E la Pimpa? La Pimpa dove va? Che poi la Pimpa è il cartone animale gender per eccellenza, è chiaro. In fondo è un cane che si comporta come un bambino e che vive insieme ad un uomo attempato con i baffi di cui non si capisce nemmeno il lavoro. Cosa li lega? Un'adozione? Una sperimentazione genetica finita male?  E perché Armando non ha una fidanzata?

Ma torniamo a noi. Questa divisione mii è sembrata davvero poco credibile, oltre che poco fruibile sia ai genitori che ai bambini. Un bambino che vuole una cucina per giocare allo chef deve girare tra i banchi delle femmine? E una bambina a cui piacciono le macchinine si deve sentire un maschiaccio?

Io trovo che i bambini siano creature semplici, Che non si facciano tante domande, ma che vadano direttamente a quello che trovano di loro gusto o meno. E' giusto incatenarli in queste convenzioni sociali? E' giusto mettere un'etichetta al gioco, l'attività più pura e bella dell'esistenza? 

Un bambino non deve essere libero di giocare con quel che vuole?
 

Attendo commenti.

 

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8 gennaio 2016 5 08 /01 /gennaio /2016 15:00

Casa Phoebe, ora della nanna.

- Dai Emma, ora bisogna dormire. Facciamo la nanna insieme. Vuoi che ti racconto una favola?
- No.
- Coccole?
- No.
- Aehm...
- Osssso?
- Sì, Orso è qui.
- Pimpi? Nanna?
- Sì, anche la Pimpa fa la nanna.
- AAAAndo???
- Sì, anche Armando fa la nanna.
- Moniiiia? Nanna?
-Sì, amore, anche la tua maestra fa la nanna.
- Iaia?
- Sì, anche Catia, l'altra tua maestra. 
- Annaaaaaaaaa?
- Sì, anche la cuoca Anna fa la nanna.

- Asciiiiii?
- Ashley fa la nanna.
- Ioia?
- Vittoria fa la nanna.
- Attta?
- Marta fa la nanna.
- Assscia?
- Asia fa la nanna.
- Pallo?
- Anche Paolo fa la nanna, ora dormi.
- Sì.

Dopo tre minuti.
- Papa?
- Fa la nanna.
- Nonna? 
- Fa la nanna.
- Nonno?
- Fa la nanna.
- Zizza?
- La zia dorme.
- Toto? 
- Tobia fa la nanna.
- Gato?
- Anche il gatto fa la nanna.
- Giuuuugia?
- Anche Giulia fa la nanna, dormi!

- Dado?
- Anche Davide dorme.

- Mmmmm... Dado pizzzzzaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!
Questa associazione che il cervello di mia figlia fa tra il ragazzo di mia sorella e la pizza è tutta da studiare. 
- Emma mettiti giù e chiudi gli occhi, sennò lo dico al dottore.
- NO. 
- Lo chiamo?
- NONONO.

Si mette giù, chiude gli occhi e in venti secondi dorme.
Tutte le sere, ma non prima dell'appello.
Tutti devono dormire e devono essere tranquilli, sennò non sta serena. 

Piccoli maniaci del controllo crescono?

 


 

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7 gennaio 2016 4 07 /01 /gennaio /2016 19:00

Io e il mio compleanno abbiamo da sempre un problema concettuale: io non piaccio a lui e lui non piace a me.

Non si tratta di una presa di posizione, né la paura dell'avanzare dell'età. Semplicemente sin da piccola ho sempre trovato fastidioso un giorno in cui dover essere felice ed allegra per forza. Un giorno che, tra l'altro, per tradizione è sempre carico di aspettative; in tutti i romanzi rosa, il giorno del compleanno della protagonista succede qualcosa che la fa svoltare, o eventi che dovrebbero cambiare il corso della sua vita. Io, mai.

Da piccola per me era il giorno in cui si tornava a scuola, e già questo lo rendeva inviso ai miei compagni di classe. Ah, sei nata il giorno in cui si torna a scuola, mi dicevano ("Semmai il giorno in cui cominciano i saldi abbello! avrei risposto poi con gli anni). 
Come se non bastasse, con l'arrivo della pubertà prima e della adolescenza poi si è trasformato nell'obbligo di fare festa e di organizzare qualcosa di memorabilmente figo che potesse essere ricordato come la festa dell'anno per tutta la settimana successiva. E se poi alla mia festa non fosse venuto nessuno? Se non si fossero ballati i lenti? E se i miei compagni se fossero annoiati?  
Insomma, diciamo che l'otto gennaio l'ho sempre visto come uno scapato pericolo. 
E dire che io sono una che adora preparare ed organizzare eventi e feste fin nei minimi dettagli, ma solo per lavoro o per gli altri. Farlo per me mi genera un'ansia indescrivibile e se possibile, appena raggiunta l'età della ragione e della possibilità di decidere in autonomia, ho detto anche no.  No allo stress di organizzare feste, sì al piacere degli amici.
Senza fretta però, che siamo appena usciti da un tunnel di feste.


Eccoci qui, siamo arrivati ai 40.
QUARANTA.
C'è chi dice che i 40 siano i nuovi 20, ma per me che sono già nata un po' vecchia questo non è che abbia molto significato. Non mi sento diversa da ieri, né più vecchia né più saggia, nemmeno più scafata. Uguale, ma proprio uguale, a ieri.
Segno dell'età: dieci anni fa festeggiai i miei trenta con i miei amici in montagna, con quello che fu il più grosso ubriacamento collettivo della nostra compagnia di amici. Alle cinque del pomeriggio. Con la grappa ai frutti di bosco. Una storiaccia, per carità. Oggi invece lo festeggerò in pigiama con la gnocca, guardando la Pimpa.

E, in fondo, mi piace così.

 

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5 gennaio 2016 2 05 /01 /gennaio /2016 08:00

Io ho sempre avuto un pessimo carattere, di quelli con il collegamento bocca-cervello davvero troppo corto ed una lingua che non ha esitato nel corso degli anni a mettermi ripetutamente nei guai. Anche grossi, eh. 

Ma la maternità mi ha migliorato. Sì. Giuro. E' vero. Mi ha addolcito. Sì, sì. Oppure è che ho talmente tante cose da fare che parlare con gli idioti penzola al numero 421 della mia lista di cose da fare e quindi mi tocca soprassedere.

Ero in farmacia a fare la mia solita scorta paranoica di medicine estemporanee per Emma (no, niente psicofarmaci, tranquilli: solo Tachipirina e Nurofen da tenere in casa che, si sa, i bambini si ammalano sempre la domenica, signora mia!) e stavo aspettando il conto, quando accanto a me compare una mia conoscente in evidente stato di gravidanza in attesa di pagare il ticket. 
Ora, potrei dire tante cose su questo soggetto, ma mi limiterò a dire che l'ho bloccata su facebook e sul resto taccio.
Ad alta voce e con la grazia che l'ha sempre contraddistinta sin dalla più tenera infanzia, si lamenta delle tasse da pagare e svocia a tutta bocca: "Mah... sai che faccio? Ora vado in Marocco e torno qua col gommone, così oltre a non pagare mi danno pure i soldi."

Ora, a me è salito un acido che nemmeno uno tsunami di Gaviscon avrebbe potuto arginare. Non solo per la cosa in sé, ma per tutto il contesto. Avrei voluto rispondergli in maniera colorita e degna, e nella mia testa si sono fatte strada diverse possibilità:

1) Opzione piccolo borghese. Vorrei spiegarti con calma il perché quello che vai affermando con tale sicumera è una castroneria senza pari, viste le attuali condizioni socio-economiche mondiali. Fermo restando il fatto che il concorrere alla spesa pubblica secondo le proprie posibilità è più che giusto.

2 ) Opzione socio-politica. Vorrei farti capire, qualora fosse possibile, che la situazione mondiale attuale prescinde dal tuo piccolo orticello di tre metri quadrati. Ci sono persone disperate, in fuga dalla guerra, che hanno perso tutto. Ma anche persone che vengono semplicemente a cercare un futuro migliore, perché nel paese dove vivono non hanno prospettive. I marocchini, come li chiami tu in senso dispregiativo, nel 99% dei casi starebbero a casa loro, se potessero. Credimi, tesoro bello de'zia, l'Italia non è un parco giochi, nemmeno per loro. 

3) Opzione Sgarbi. Capra!! Capra!!! 

4) Opzione Montessoriana. Che caspiterina opperdincibacco pensi di insegnare a tuo figlio? Ma sotto la messa in piega che c'hai, un esercito di mucche al pascolo che guardano il treno? Un neurone solo che a forza di sbattere sulle pareti della scatola cranica come una maracas si è rincittullito?

5) Opzione bullismo delle medie. Tu sul gommone non ci puoi andare: lo fai ribaltare.

6) Opzione arcobaleno. Ma certo che c'è gente che si preoccupa tanto delle famiglie con genitori dello stesso sesso e delle adozioni agli omosessuali, quando gli idioti non li controlla nessuno invece. 

Tutte queste opzioni facevano allegramente a gomitate nel mio cervello, mentre l'acido mi saliva in gola alimentando la mia ernia iatale. Il fatto che questo personaggio fosse anche incinta ha solo aumentato il mio senso di nausea: è così che nascono? Cioè, Salvini è nato così? 
Poi, invece, sono stata zitta.
Zitta perché non volevo metter su teatrini né sterili polemiche, ché come dice mio padre far nascere arance nel deserto non si può. Zitta perché erano le sette e da undici ore non vedevo mia figlia ed i suoi giganti occhi nocciola, quindi tu essere inutile rimani nella tua ignoranza. 

Io vado oltre (ma con un po' di reflusso però...)
 

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14 dicembre 2015 1 14 /12 /dicembre /2015 19:00

Il mio professore di italiano alle scuole medie era quello che sottovoce definivano un uomo particolare. Burbero e dall'aspetto un poco grigio, sembrava uscito direttamente dal libro Cuore senza passare per il via.
Era considerato un uomo particolare dagli altri insegnanti perché non solo non si era mai sposato e viveva solo, ma era stato un attivista del partito radicale negli anni in cui aveva avuto una importanza cruciale per quel quattro diritti civili che l'Italia tuttora si ritrova. 
Credeva nell'informatica e mosse mari e monti pur di far avere alla nostra scuola di provincia  un laboratorio con dei computer che i ragazzi potessero imparare ad usare. Lì imparai ad usare Lotus 123 e Wordstar, i nonni di Office in pratica, ma non solo.
Aveva lottato per le leggi sul divorzio e sull'aborto e credeva nella laicità dello stato, concetto iconoclasta oggi, figurarsi alla fine degli anni '80. Parlava di politica e di attualità in classe, senza preconcetti. A volte risultava noioso a noi studenti impantanati negli ormoni, a volte invece no, ma riusciva sempre a scatenare una discussione in classe ed a casa.
Per la gioia di mio padre, che si ritrovava a spiegarmi le dinamiche del pentapartito che fu, o a guardare con me la caduta del muro di Berlino ed a rispondere alle mille milioni di domande che mi saltavano in testa, sbuffando a volte, certo. Ma più spesso orgoglioso di questa figlia che cercava di vedere con lui il telegiornale e di capire cose che spesso sembrano incomprensibili. Perché così? Perchè questo? E questo? Ma non è giusto!

Penso spesso a lui, ultimamente,
A lui che si spendeva per i suoi alunni cercando di prepararli al mondo, che nel suo strano modo burbero e un po' severo ci voleva bene e ci capiva. Che cercava di aprire orizzonti troppo ciusi dall'età e dalla collocazione geografica in una omologazione imposta che mi sarebbe stata ben presto troppo stretta.

Seminava germogli, spargeva idee. Alcune, molte, cadevano nel vuoto. Altre, abbastanza direi, crescevano e prendevano vita nuova, strade diverse.  

Parlava tranquillamente di sé e del suo ateismo, rivangava le vecchie battaglie politiche e ce ne spiegava l'importanza. Ci fece imparare a memoria la costituzione, ce ne spiegò la storia e l'importanza di ogni singolo articolo. Non faceva proseliti, non cercava approvazione. Oggi, nel paese delle paure e del finto politicaly correct, lo brucerebbero al fuoco del gender e del "ai ragazzi dobbiamo dire che è tutto a posto".

Alla figlia del mio compagno che ha 11 anni dopo i fatti di Parigi gli insegnanti hanno dettto... vediamo... ah, nulla. Si è fatta scuola come se nulla fosse, con la pace del paese del nonno di Heidi. Nulla, non una parola. Anzi, tutti attenti a non parlare, perché poi chissà che dicono i genitori.

Ma è questo il ruolo della scuola? Oppure aveva ragione il mio professore?
La scuola non dovrebbe creare i cittadini di domani?

Forse, e dico forse, si stava meglio quando si stava peggio.

 

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23 novembre 2015 1 23 /11 /novembre /2015 08:00

Mia figlia ama il caffè.
Sì, gliel'ho fatto assaggiare, sono una brutta madre. O meglio, nei tempi in cui sedeva beata sgranocchiando croste di pane mentre noi pranzavamo, un giorno non sospetto la gnocca allungò la sua tenera zampetta verso una tazzina lasciata avventatamente incustodita sulla tavola dopo l'uso. 

Ora, è bene sapere che io prendo il caffè rigorosamente senza zucchero, quindi amaro. Amarissimo.

Per lei, nonostante questo, è stato amore. Un grande amore.

In qualunque posto si trovi, casa propria o di altri, bar o locale che voi vogliate, se vede passare una tazzina è subito storione: E' mio, mio mio, mio, mioooooooooooo! 
MIOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!

Avete presente un passerotto arruffato? Un cagnolino abbandonato? Remi nel momento in cui gli muoiono i cani, la scimmietta e pure il Maestro Vitali? Ecco, la sua faccia è quella lì.
Infame.

Così, in preda alla libido, agguanta la tazzina ormai vuota con la delicatezza del velociraptor e cerca di dirarne fuori le poche, ultime e preziosissime gocce.
Tossica.

Per fortuna che l'Amoremio si è dato al decaffeinato ed io indirizzo la mania della gnocca verso di lui, povera vittima inconsapevole che viene assalita da una duenne in preda alla voracità.

Le scene mifgliori avvengono al bar, dove orde di mamme perfette ed inferocite osservano con estremo disprezzo mia figlia intenta a ripulire con certosina attenzione la tazzina del caffè del padre, arrivando a ripulirla con una tale dovizia e precisione da farla brillare manco fosse appena uscita dalla lavastoviglie.
Son cose.

Un giorno o l'altro chiamano i servizi sociali, me lo sento...

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20 novembre 2015 5 20 /11 /novembre /2015 18:30

Quando sabato mattina mi son svegliata con Emma addosso che rideva e l'Amoremio che sulla soglia mi diceva serio "Ci sono stati degli attentati a Parigi" non avevo ben capito cos'era accaduto davvero. In fondo ero andata a dormire presto, sfatta dalla combinazione micidiale raffreddore + ciclo, e non sapevo proprio nulla. L'ultimo mio ricordo televisivo della serata riguardava un orso, una tigre ed una partita a scacchi vinta dalla piccoletta bionda.

Sembra impossibile che sia passata meno di una settimana, eppure è così. La rilevanza della tragedia e la sovraesposizione mediatica hanno dilatato il tempo peggio del martelletto di Pakkun, lasciandoci attoniti.

Prima feroci ed incomprensibili all'animo umano attentati che scuotono la nostra civiltà.

Poi il delirio.
Chiunque in televisione a gridare l'odio verso chiunque (e non solo verso i diretti interessati). Ragazzine aggredite perché indossano lo chador, finto cattolici che predicano l'interventismo e contestano Papa Francesco,e i musulmani che sono tutti terroristi bastardi, e la Fallaci che l'aveva detto (cazzo, meglio di Nostradamus... ah Oriana, ma quattro numeri al lotto non me li dai in sogno che t'ho amato tanto?), tutti i topi mediatici che escono dai buchi festeggiando l'avvenimento manco fosse Natale. 
E poi, buontemponi che procurano allarmi ingiustificati su e giù per lo stivale, pacchi bomba che invece son borse della palestra dimenticate in metro, prese di posizione assurde, la paura che viaggia nell'etere cavalcata dai leoni da tastiera che altro non aspettavano che 15 minuti di celebrità.

E i morti?
E il capire di chi sono le colpe?
E le soluzioni?

C'è rimasto qualcuno a cui interessa capire? Capire davvero, non con la retorica di Catena UmanaSolo Italiani o altre pagine di FB che campano sugli solti che rilanciano le loro bufale, Non con il finto buonismo di chi oggi vorrebbe alzare barriere fatte di crocifissi e chiudersi dentro casa manco fossero arrivati gli zombie.

Capire il dove e il come, il perché e il come cazzo è potuto succedere, per impedire che non accada mai più.

Quello che è accaduto a Parigi è una tragedia, ancor più forte perché occorsa sotto casa, nella mite e civile Europa. In Francia, più volte portata ad esempio di integrazione culturale, ma che con le sue banlieue esempio di integrazione culturale certo non è.

Ma quello che la rende ancor più tragica è il feudalesimo con cui i media italiani stanno trattando l'accaduto, il banchetto nunziale messo su dalle varie emittenti (gli speciali di Canale5 fatti dalla D'Urso, parliamone) con una prontezza ed una lucidità che fa invidia ai vari coccodrilli precompilati delle celebrità. 

Sopravvivere ed informarsi si può?

Io dico di sì e vi suggerisco di mia sponte due testate on line gratis (almeno in parte la prima, del tutto la seconda):
- L'internazionale
- The Post Internazionale

E un consiglio disinteressato e spassionato, non mi pagano e non lavoro per nessuno dei due.

Purtroppo...

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18 novembre 2015 3 18 /11 /novembre /2015 13:30

- Amore di mamma, andiamo a letto che è ora
- Sì, Miemi nanno. Ma Ossssso...
E mi indica il suo peluche preferito, quello che si porterebbe ovunque, anche in capo al mondo.
Un orso.
Bianco.
Di 120 centimetri.

Di tutte le creature che vivono a casa mia,  solo lui. Non la povera Pimpa, abbandonata tristemente con la lingua di fuori, non il lupacchiotto con gli occhioni azzurrri da squilibrio della tiroide e nemmeno la deliziosa bambolina rosa o la regina dei pirati.
Lei vuole lui: OSSSSSSO.

Complice la totale dipendenza da Masha e Orso, il cartone animato più cocainomane di sempre che ripropone in loop i soliti trenta episodi da cinque minuti l'uno forever and ever, esiste solo lui: Ossso.
E dire che appena entrato in casa nostra, dono della zia Elisa dopo una sfebbrata di Emma che toccò il picco dei 40, lei non lo aveva degnato nemmeno di uno sguardo, relegandolo al ruolo di appoggia bambole. 

Oggi, alla soglia dei due anni, Orso è uno di noi. Si siede a tavola, occupa la sua degna porzione di letto, prende il biberon, la pappa, il ciuccio e la gnocca gli lava con cura maniacale i denti. una cosa degna di nota, specie considerando il fatto che non ha la bocca.
Soprattutto Orso deve essere scarrozzato su e giu dalle scale sempre e solo in braccio alla sua padrona, e considerando le dimensioni di quest'ultima l'operazione non è delle più semplici.

Ma Orso ha anche i suoi vantaggi.
Non ti vuoi mettere le scarpe? Le metto a Orso. NO, io!!!!!!
Non vuoi il biberon? Lo beve Orso! NO, io!!!!!
Non vuoi metterti il pigiama? Lo metto a Orso. No, io!!!!!! Io!!!
Mettiamo lo spray al naso? NOOOOOOOOOOOOOOO! Allora lo metto a Orso. Sì, Ossso!

Non è che può valere per tutto, eh...

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Tutto quello che c'è nella mia testa...vita, amore, arte, libri, immaginazione, musica. Il tutto naturalmente immerso nella confusione più totale. Poco? Qualche volta, pure troppo!!!

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