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23 maggio 2005 1 23 /05 /maggio /2005 22:14

Come saremo tra dieci anni?”

Eravamo belle stese in spiaggia, al sole, a guardare qualche bel bicipite ed un paio di addominali a tartaruga fare bella mostra di sé parcheggiati sul fisico di uno niente male, quando la Vale se ne esce fuori con questa frase ad effetto.

 “Come saremo tra dieci anni?”

Ecco, questo è uno dei pensieri che sa terrorizzarmi, atterrirmi e lasciarmi senza parole. E chi mi conosce, sa che non è una cosa facile.

Zittirmi, intendo.

Sono rimasta un po’ spiazzata lì per lì, fissa a spalmarmi la mia cremina protezione 4 al cocco sulle gambe.

E mi sono ricordata che, a dire il vero, una domanda simile me l’ero già fatta dieci lunghi anni fa. Come sarebbe stata la mia vita di ventinovenne?
Come me la immaginavo da teenager?

Ero al primo anno di Università.
Il futuro non era un mio problema.
Cacchio, c’era ancora un mucchio di tempo! Ero piena di speranze, di ideali. Tutto era bianco o nero, niente sfumature, tutti contorni netti.
Andavo a  ballare, mi mettevo i pantaloni stampati lucertola, non vedevo oltre l’esame di procedura civile e pensavo che il mondo fosse mio.
Ah, dimenticavo.
Disprezzavo enormemente le “tardone” quasi trentenni che giravano intorno ai miei amici, non consce della propria età e che volevano fare le ragazzine come se il tempo non contasse.

A 29 anni, pensavo, sarei stata diversa, io.

Magari fidanzata col principe azzurro, oppure sposata.

Magari con un figlio.

La vita perfetta.

Realizzata un po' in tutto, anche nei sogni.

Magari, fuori da questo buco asfissiante, polveroso, provinciale,noioso e senza stimoli che è Perugia. Via, in una grande città.

Perché no? In fondo, dieci anni sono così tanti, si possono fare un sacco di cose in dieci lunghi anni.

E invece, eccomi qui.

Niente di tutto quello che immaginavo s’è realizzato.

Sono diventata una donna (er… ehm.. . facciamo una ragazza, và!) con un lavoro, una famiglia, tanti amici e qualche sogno nel cassetto, difficile da aprire in verità.

Sono ancora qui, in questo buco di città che offre parecchio ai turisti ma poco agli abitanti assonnati e riottosi.

Non ho spaccato il mondo, non l’ho cambiato e nemmeno rivoltato come un calzino.

Vivo ancora coi miei, perché non voglio lasciare mia nonna che sta male. So che le darei un dolore andandomene, non capirebbe il mio desiderio di indipendenza che, nella sua mente ricca di saggezza contadina, s’acquista solo col matrimonio, dica quel che vuole la Maria De Filippi.

Insomma, tutto diverso.


E tra dieci anni?

Ho un po’ paura a chiedermelo, a mettere su carta le mie aspettative.

Cosa voglio? Cosa mi aspetto?

Niente è lasciato al caso, siamo noi che decidiamo, bla bla, bla bla. Ma è proprio vero?

Oppure noi non abbiamo possibilità di scegliere ed è già tutto scritto?

Il tempo vola, non è lento come la sabbia in una clessidra. Va molto più veloce di quello che ci si immagina.

Un battito di ciglia e PUF! Gli anni sono diventati trentanove e sei uscita fuori target anche per Cosmopolitan senza nemmeno accorgertene.


“Tra dieci anni come saremo?”

Spero che gli amici di oggi siano ancora tutti nella mia vita, che qualche piccolo desiderio si sia realizzato. Spero di non essere solo ed avere vicino il principe celestino che mi possa rendere felice. E che io possa fare altrettanto.

Vedremo.

Speriamo.

 
Que sera, sera
Whatever will be, will be
The future's not ours to see
Que sera, sera

Cantava Doris Day. Il futuro non lo possiamo vedere, non possiamo sapere chi, come e quando busserà alla nostra porta.
Posso solo star attenta al campanello e vedere che succede.

Intanto, a furia di riflettere sotto il sole, mi sono pure abbronzata..

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18 maggio 2005 3 18 /05 /maggio /2005 13:06

Quando pensavo di aver capito la psicologia maschile, quando mi sentivo certa di avere un quadro clinico sufficientemente chiaro, proprio quando ero convinta di aver incasellato tutti i più piccoli dettagli così come del fatto che la radice quadrata di 144 è 12, ALLORA e solo ALLORA tutte le mie convinzioni sono andate in piccoli pezzi.
Per cercare di ricomporre questo puzzle più complicato di un tramonto ad Hong Kong, sono obbligata a fare un passo indietro.

Noi donne siamo fondamentalmente e mortalmente delle insicure.
E non è retorica facile, e nemmeno l’allucinante scoperta dell’acqua calda.
Siamo così insicure da pensare che, a rigor di logica, chi ci lascia lo faccia per una oggettivamente meglio di noi: più bella, più alta, con più seno, più intelligente.
Insomma, una strafiga con un QI da paura, emula della miglior Sharon Stone.
E questo perché, in fondo in fondo, non ci sentiamo mai abbastanza patinate, splendenti, stellari come il glamour ed i giornali vorrebbero.

E poi, diciamocelo in confidenza sottovoce: è molto più facile credere di venire abbandonate da un porco materialista che guarda solo le tette e che s’è fatto abbindolare come un deficiente, piuttosto che ammettere la realtà e che cioè c’erano dei problemi, il nostro cervellino faceva cilecca o, più ovviamente, non andava.
Da questo circolo mentale vizioso, nasce il mito dell’ex e il conflitto con le nuove fiamme che poca colpa hanno dei dolori delle abbandonate, ma che è fin troppo facile inquadrare come puttane.
All’onor del vero, poi, come dice mia nonna, spesso a pensar male non si fa peccato.

Ma le nuove esistono, mica si può negarlo. Che poi, il luogo comune "La donna lascia perché non ama più, l’uomo perché c’ha un’altra" non è un modo di dire, è verità sacrosanta.
Che, Dio non voglia, magari frequentano la nostra stessa palestra e ci danno modo di ammirare la loro ridondante ed aberrante cellulite sotto la doccia.
Già, perché può avvenire l’imprevisto: la nuova, tanto stigmatizzata, immaginata, sognata, odiata, alla quale magari si son fatti anche un paio di riti voodoo per farle venire l’acne più aggressiva che la post-adolescenza ricordi, ragazza del vostro compianto ex amore è un catafalco.

Brutta.
Sciatta.
Senza verve, senza carattere.
Non bruttina, ma interessante.
E’ proprio un cesso.
E pure con l’aria da matta, per non dire da stronza.

Così, mentre sulla fit-ball faccio gli addominali pensando che, in fondo, potevo pure restare a casa a guardare "Chi vuol essere milionario" e rispondere alla domanda "Perché il punto interrogativo ha questa forma?" mangiando patatine invece di sbattermi in equilibrio su una palla, mi sento io stessa un punto interrogativo.

Ma alla fine, durante lo streching isometrico una lampadina mi si è accesa nella testolina vuota: ognuno, nella vita, fa quel che vuole e, prima o poi, ottiene quel che merita.
Ecco, si vede che lui non mi meritava.
Magra consolazione?
Sì, può darsi.

 

Oppure no.

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16 maggio 2005 1 16 /05 /maggio /2005 22:37

Non serve vincere alla lotteria, trovare 100 euro per terra, sbattere il naso contro Brad Pitt o rimanere a bere il caffè coi colleghi per tre ore perché è saltata l’elettricità per essere felici.

Per essere felici e soddisfatti basta molto, molto meno.

E se è vero che è facile dirlo, difficile è rendersene davvero conto.

Ma DAVVERO, eliminando dalla mente tutte le negatività, tutte le cose materiali e (soprattutto) non che sono irraggiungibili, impossibili e/o non ci è dato avere.

Almeno per il momento.


Per meglio rendermene conto e dare un senso a quel leggero ed impercettibile stato di euforia che banalmente si chiama serenità, ho deciso di fare una lista sommaria di piccole soddisfazioni quotidiane e non.

Politically correct o meno.

Et voilà:


- Il tuo gatto che ti sveglia facendo le fusa non perchè ha fame, ma perchè vuole le coccole anche se ha 15 anni ed oramai non è più un cucciolo da quel dì e tu non sei Adriana Lima in preda a deliri matematico-esistenziali.


- Prenotare una vacanza per agosto con le tue amiche del cuore, una quadrupla a Mykonos a soli 700 euro o poco più che aspetta solo noi. Inizia il countdown e mi sembrerà una eternità per arrivare cariche e felici ad una settimana di svago e relax. Anche se prima ce ne andiamo tre giorni al mare a Pineto, per ritrovare vecchi amici e dare una spolverata violenta all'abbronzatura.

- Scoprire all'improvviso e per uno strano caso che la vita del tuo Mr. Big non è tutta rose e fiori e sentirti attraversare da un lampo di perversa felicità che fa tanto Matrigna di Biancaneve. Che, diciamocelo, in fondo è più glamour mille volte della tipa con le gote rosse e di certo fa più tendenza.

- Andare da Intimissimi e scoprire che ti serve una terza e non una seconda. Andare in un negozietto outlet e comprare un paio di pinocchietti jeans a 15 euro. Ed è una 27...

- Riuscire a scrivere due racconti di più di 3000 lettere in una sola sera sul taccuino verde che mi ha regalato la Vale, quando solo un mese fa, in preda a blocco creativo, mi sarebbe sembrato praticamente impossibile.

- Mettere le ciabatte infradito ai piedi, osservare quanto sono brutti i miei piedi esposti in quel modo, con le dita lunghe che sembrano quelle di una mano e le unghie piccolissime. Guardarle ancora meglio. Poi prendere la borsa e uscire, che chissenefrega.


- Vedere mia sorella che mette a posto quello stronzo del suo ragazzo ricordando ad alta voce davanti alla TV che figo che è Gabriel Garko. Mica scema... Io che lo incontrai al Toqueville una sera con la Babi posso testimoniare la sua figaggine anche sotto giuramento.


- Venire a sapere che in settimana usciranno a Perugia i risultati dell'esame famoso e pensare che, oh, pazienza, sarà quel che sarà, io ho dato tutto, fatto il massimo, alle brutte ci riprovo a dicembre. La consapevolezza del capitone il giorno dell'antivigilia di Natale...


- Sentirsi dire da una persona speciale che "sei un passo avanti agli altri", non crederci nemmeno per un nanosecondo, continuare a sentirsi inadeguati, ma capire che certe cose scaldano il cuore lo stesso, anche se son dette col cuore più che col cervello e va bene così.

- Andare in libreria e trovare, così, a colpo sicuro, il libro che cercavi sperando che sia degno del precedente e che ti piaccia senza deludermi come spesso fanno le nuove opere di sfolgoranti promesse letterarie.

- Andare a Zocco, la spiaggia più in del Trasimeno (vabbè, sai la scelta...) a  prendere il sole per la prima volta, peggiorare la tosse che mi affligge, ridere con le mie amiche all'ombra di quella maledetta parete da climbing che proprio non vogliono buttar giù e pensare che il tempo passa veloce e lascia solo le briciole dietro di sè. E le persone importanti, quelle che non ti abbandonano mai.

 

 Non male per essere lunedì, no?

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13 maggio 2005 5 13 /05 /maggio /2005 16:12

ODIO quelli che camminano sulla corsia di sorpasso della superstrada a 50 km/h, magari con un macchinone che si potrebbe mangiare la mia Polo a colazione e invece annaspa in terza. E no, non sono solo donne a farlo, ci sono anche i famigerati uomini col cappello. Nonchè quelli che odio di più: quelli che telefonano mentre guidano. O peggio, fumano col braccino fuori dal finestrino.

ODIO
quelli che ti devono raccontare per forza tante balle per far credere che "Sì, io son figo, c'ho kultura" per poi scoprire che è tutta fuffa e le frasi di Nietzche, Keats o Platone che citano a memoria son le uniche quattro che sanno o, peggio, se le sono imparate dai biglietti che stanno nei Baci Perugina.

ODIO la gente che non vuole impegnarsi in quello che fa, che tira a campare così, per vivere un altro giorno senza mettere nel lavoro non dico il cuore, ma almeno un neurone su due, incasinando la vita dei poveracci che lavorano con lui e facendo flippare i loro di neuroni.

ODIO me stessa, quando mi scopro all’improvviso invidiosa della felicità degli altri, alla notizia di un matrimonio, di un fidanzamento, di una bella storia d’amore che sta nascendo. Dovrei essere felice per le persone che ho accanto, e invece sono cinica. Peggio, faccio finta di essere cinica.
E mi sento tremendamente cattiva, perfida. Mi sento come la Strega Cattiva di Biancaneve.
E questo mica mi piace.

ODIO quei grandissimi stronzi che mi hanno rubato il cellulare 10 giorni fa durante la visita di Reo, (che mica mica porterà un po’ sfiga?) che si son portati via insieme al cellulare 10 anni di numeri telefonici. Che siano maledetti e che possano bruciare tra le fiamme dell’infermo con Freddie Kruger che li insegue cercando di strappargli la pelle di dosso con le sue manine di fata. Per l’eternità.

ODIO quelli per cui leggere un libro vuol dire comprarsi l’ultimo best seller pubblicizzato da Vespa e metterlo in bella vista in libreria dopo le prime 13 pagine, che sia "Il Codice da Vinci" o l’ultimo di Faletti poco conta. E che ti dicono "Che cazzate leggi?" quando gli dici che il tuo scrittore preferito attuale è Jonathan Carroll. No, non è quello che ha scritto "Alice nel paese delle meraviglie", quello è Lewis!!!

ODIO il ragazzo di mia sorella, che davanti alla TV stravaccato senza scarpe, mangiando M&M straveria sulla bellezza delle tipe mezze svestite dei film, Arcuri in primis, denigrando la mia splendida sorellina che, nonostante il caratteraccio derivato dai cromosomi in comune con me, non ribatte e se la prende. Lo odio così tanto che gli ho fatto notare allegramente il fatto che, a furia di mangiare M&M davanti alla TV, presto non si vedrà più le scarpe.

E la lista potrebbe essere ancora molto lunga.
Molto.
Moltissimo.
Ma potrei farmi venire un'attacco di gastrite dal nervoso ed è venerdì: voglio star calma.

Lascio che siate voi a continuare.

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10 maggio 2005 2 10 /05 /maggio /2005 17:07

Aspettando la lezione di conversazione d’inglese delle 20, e siccome non si vedevano canadesi all’orizzonte, ho fatto il gioco dei promotori pubblicitari e mi sono messa a sfogliare il catalogo 2005 della Valtur.
Sapete com'è, era la prima lezione del nuovo livello ed ero un po' tesa.

Eccolo lì.
Ammiccante, con immagini ispirate al cinema e con una bionda che scimmiotta Anita Ekberg dentro la Fontana di Trevi, con la sua bella carta satinata e spessa, stava lì che mi guardava.

E io ho abboccato.
E mi sono lasciata sedurre.
Eccomi qui immersa tra le pagine colorate.

Affascinare dalle bellissime foto di posti esotici, dalle gabbie dorate cinte da muri bianchi, avvolgenti e opprimenti allo stesso tempo come solo un villaggio vacanze Valtur può essere.
O un villaggio in generale.
Che poi ci sono stata in un villaggio del genere, lo so com’è.
Ero a S. Domingo in un bellissimo posto, ma bello davvero.
E soffocante.
In mezzo al nulla.
ARGH.

Ma lasciarsi incantare da cavalli che corrono sulla spiaggia al tramonti, da paesaggi mozzafiato, da pesci colorati, da buffet imbanditi.
Il tutto molto romantico, iconografico.
Romantico.
Romanticissimo.
Issimissimo.
Troppo romantico.
Datemi una motosega.

Insomma, ero tutta immersa nel nulla, mezza convinta a prendere il telefono e prenotare oppure a chiamare una triste agenzia di cuori solitari, quando mi si è seduto accanto il canadese e guardandomi coi suoi occhioni nocciola mi ha riportata alla realtà chiedendomi nel suo italiano stentato come stavo.
E per fortuna.
Potenza del marketing e delle belle scatole.
Che io, quest’estate, vado a far casino selvaggio con le mie donne come l’anno passato.
Non sappiamo ancora dove, ma intanto stasera passo in agenzia, che mi sapranno consigliare un postom altrettanto bello.

E saranno danni.

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2 maggio 2005 1 02 /05 /maggio /2005 16:56
L’ha detto anche quel maledetto gufo di Giuliacci.
L’estate è esplosa tutta di un botto.

Ed allo stesso modo, all’improvviso, tutti gli abitanti della provincia hanno scoperto la bellezza di stare fuori, di vivere all’aria aperta. Di respirare un po’ fuori dalle abitudini incrostate dell’inverno che è appena (per fortuna) passato.

Ed è già ora del costume da bagno, ma porca miseria zozza e ladra.
E nessuno mi aveva avvertito.
Non sono pronta manco per niente! Ho bisogno di più tempo! Non molto, eh! Facciamo un paio d’anni???
Ed invece il resto del mondo lo è, perché le spiaggette intorno al lago brulicano già die stivi bagnanti con costume, pareo, solare e tutta l’attrezzatura necessaria, compresi addominali in bella vista.
E se emigro in Papua Nuova Guinea, che li magari le donne le vogliono in carne?

Il centro storico della città, semideserto d’inverno ora che la Warner ha monopolizzato il mondo di celluloide spostandolo tutto di peso in periferia, è preso d’assalto da mille milioni di persone che non bramano altro di vascheggiare e prendere un gelatino ammirando la Fontana Maggiore illuminata a festa.

Per i non autoctoni, vascheggiare è un termine metaforico, ma nemmeno poi tanto, che sta ad indicare il movimento migratorio e ondulatorio che porta gli abitanti di Perugia e zone limitrofe a fare avanti ed indietro per Corso Vannucci d’estate.

Ma non è un semplice passeggiare.
E’ molto, molto di più.
C’è della sociologia tutt’altro che spicciola dietro.

Non solo è il modo di incontrare tanta gente, che magari non si vedeva da un po’. E’ anche un’ottima scusa per spettegolare e dar adito a pettegolezzi che rimbalzeranno poi di giorno di spiaggia in spiaggia moltiplicandosi dallo spillo alla trave.

E’ una occasione esemplare per ridere dei Costantino de’noialtri acchittati in maniera vergognosa anche per uno Yorkshire che guardano le passanti col sopracciglio alzato da latin lover consumato e con la mente annebbiata dall’overdose di gel.

E’ un’occasione per flirtare, conoscere, coltivare amicizie più o meno fraterne che forse si evolveranno, ma magari anche no.

Certo, il tutto sempre che non si finisca al centro di una rissa al Blitz mentre si dava del deficiente al barista ubriaco che non sa fare nemmeno il mojito e che si è limitato ad inventarti un cuba libre lì per lì.

E, ovviamente, ci vuol pazienza.
Molta pazienza.
Perché quando io e le mie donne passeggiamo, per fare una sola semplice vasca che sarà, chessò, al massimo 700 metri, può volerci anche un’ora abbondante. Insomma, teniamo la sconvolgente media di 0,7 km/h.
Ed è verità, mica un'esagerazione. Chiedetelo a Reo e signora. L'han testato sulla pelle.

Ma il centro ha comunque il suo perché.
Al di là di tutto, è meraviglioso. Sa di estate, di attesa per quello che sarà, di voglia di vivere, di ciabattine e di pantaloni bianchi.
Di pelle scottata dal sole, di capelli intrecciati dal vento e anche un po' scoloriti ma va bene così.
Insomma, una vera promessa di gioia e relax.

Sempre che si riesca a trovare un parcheggio…

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27 aprile 2005 3 27 /04 /aprile /2005 18:05

Ci dovrebbe essere una legge apporta, qualcosa di studiato e calcolato, previsto dalle convenzioni sociali. Gli ex dovrebbero sparire dalla vita e dalla vista.

E non sto parlando dell’ex che ancora fa rodere il fegato e battere il cuore quando salta fuori una foto che doveva essere altrove. Non sto parlando dell’ex al quale scrivereste volentieri "S-T-R-O-N-Z-O" con un chiodo arrugginito sulla fiancata della Micra.

Parlo proprio dell’ex medio, quello che ha fatto parte di un periodo più o meno importante della vita passata ma col quale poi, per motivi più o meno fondati si è chiusa la porta.

Magari la porta l’ho sbattuta, a dire il vero.
In faccia.
Forte.

E comunque il rancore e/o il senso di colpa alla fine è passato ed i ricordi brutti sono decantati lasciando all’aria solo quelli belli e divertenti.
Tutto passato, anche l'attrazione.
Li incontri e non sneti più le farfalle nello stomaco.

Ecco, dovrebbe esserci una legge che impedisca di rivederli, questo genere di ex.
Che ce li faccia ricordare com’erano.
Belli, virili, sfrontati.
Col capello fluente.
Forti.
O almeno così sembravano.
Non rovinare un ricordo.

Dovrebbe essere vietato incontrarli di nuovo e trovarli acciaccati dalla vita, impigriti, invecchiati nell’anima. In lotta con un mondo che non ha preso in considerazione nemmeno per un minuto tutti i suoi sogni e le sue aspettative.
Anzi, peggio, stufi di lottare.
Diventati l’ombra della persona che ci faceva battere il cuore.
Ma che tristezza.
Queste sono le disavventure di vivere in una piccola cittadina di provincia che conta poche anime e ancor meno posti di ritrovo.
Succede.
Pazienza.

Gli ex dovrebbero smettere di avere vita propria e finire archiviati in una parte remota del cervello; e tirarli fuori dallo schedario al momento giusto.
Eccoli. Oplà.

Era l’aura dell’infatuazione che ce li rendeva irresistibili, o la maledizione dell’ex esiste veramente? E' vero che a tutti quelli che mi hanno lasciata poi cadono i capelli, cresce la panza e cala la vista, oppure è un caso?
Può essere che una volta c'avevamo la mente ottenebrata dai feromoni e poi tutto è svanito?
Oppure crescendo si cambia così tanto da non riconoscersi?
Si cambia davvero così tanto?
E di me, cosa diavolo diranno i miei ex?

Son problemi, eh!
 

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23 aprile 2005 6 23 /04 /aprile /2005 13:52

E’ circa un anno e qualcosa che non ho una storia sentimentale degna di questo nome.

Posso orgogliosamente affermare che, per motivi di forza maggiore, oramai sono guarita dall’azione mefitica di cuoricini, campane, sentimentalismi assortite e dai coniglietti con in mano mazzolini di fiori, e sono quindi in grado di offrire uno sguardo disincantato sul mondo

In una parola, sono diventata cinica.


Magari ero predisposta, eh. Però ho fatto grandi passi avanti.


Magicamente, forse proprio in virtù di ciò, ho assunto agli occhi delle persone che mi stanno intorno il ruolo di consigliere di coppie in crisi e/o afflizioni varie di pene d’amore assortite.

Ora, ben venga tutto ciò, sono contenta se posso dare una mano ad un amico in difficoltà.
Solo che proprio non riesco a capire l’utilità marginale può avere il mio parere dal basso della mia encomiabile esperienza relazionale.

Anche alla luce della sconvolgente verità: cara la mia vasta platea di lettori affezionati e non, la mia relazione più lunga ha avuto una durata totale inferiore all’anno solare ed è stato pure un mucchio di tempo fa.


Che posso io saperne dei meccanismi interni che regolano la vita ed il tran-tran quotidiano ed intrapersonale delle coppie storiche? 
Cosa????


Posso certo fare come gli psicologi in TV, che nulla sanno per esperienza loro e vanno a naso.

Oppure come i maghi che leggono la vita nei fondi del caffè.

Oppure posso attingere a richiesta dalla lettura di interessanti libercoli pre e post femministi che offrono nove volte su dieci una prospettiva non realizzabile.


Ora, lo ribadisco, io sono molto contenta di dare una mano specie alle persone a cui voglio davevro bene e per cui mi preoccupo. Ma non so come mai ma la gente ha sempre avuto la tendenza a chiedermi consiglio anche se mi conosceva poco.

Sarà, come dice il solerte Giacomo, che ho anche una certa attitudine caratteriale a non farmi mai i cazzi miei nemmeno a pagamento che mi dà una certa mano.

 

Ma ilfatto, grave, è un altro.

E' numerico.


Sarà la primavera, sarà l’avvicinarsi ed il limitare verso i trent’anni, classica età di passaggio tra l'età della post adolescenza e non ho ancora capito bene cosa, ma ultimamente davanti ai miei occhi marroni da Bambi si sono proposti casi e casi, tutti enormemente diversi oppur troppo simili.

Ma tanti!

Troppi!

Tanto da fari vacillare alla prospettiva eventuale e remota di fare la stessa poco invitante fine.


Senza entrare nel dettaglio e rischiare una sicura denuncia per violazione della privacy, posso comunque affermare con certezza che alla base di molti problemi di coppia c'è l'assoluta paura di rimanere di nuovo soli.

Perchè, giustamente, "c'ho un'età e mi mette pensiero ricominciare da capo" oppure perchè "non posso mica buttare tutti questi anni!!".

Embèh. Allora buttane altri 6. Anzi, buttali tutti, và.

Non che alla prima necessita si debba buttare tutto nel gabinetto.

Lottare, lottare, lottare.

Ma quando l'elettroencefalogramma diventa piatto, l'accanimento terapeutico non mi sembra una decisione sana. Mi sembra una decisione facile.

O per lo meno, la più facile.

Da fuori, eh!!!!
Ribadisco la mia totale ed estraniante inesperienza a riguardo.


Soprattutto se poi si finisce per acciaccare l'anima dei propri "poveri"amici single (per scelta o per caso) con frasi ad alto rischio di strangolamento quali "AH! Andate via in vacanza tutte donne? Che invidia!!! Ohhh! Che bello essere liberi!!" che possono ingenerare nel "povero" amico single l'istinto di tirare fuori la motosega da sotto il letto, spargendo brandelli dell'amica accoppiata un po' ovunque sul parquet.

 

Non dico che sia facile star soli.

Non dico nemmeno che sia bello svegliarsi la mattina con l'unica compagnia della propria gatta.

Ma scioccamente o romanticamente, io sono ancora convinta che stare con una persona dovrebbe migliorare la vita, renderla più bella, più completa.

Non ammorbarla.

Credo si tratti di dignità, di affezione per la propria persona. Di voler essere felici, consci della banalità più grande, ma anche della verità più lampante.


La vita è una sola. E non nel senso di seccatura...

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19 aprile 2005 2 19 /04 /aprile /2005 22:33

Il tempo passa in fretta e non lascia molte tracce dietro di sé, a parte una manciata sparuta di ricordi e qualche foto che novanta volte su cento vorresti rinchiudere in un cassetto molto profondo o bruciare con la fiamma ossidrica.

Eppure quello che siamo stati ci insegue, specchiandosi negli occhi e nei modi delle nuove generazioni che, aggressive come funghi parassiti, vengono alla ribalta.


Sono dappertutto.


Ovunque ti giri, con quei vestiti troppo colorati e alla moda, quel trucco troppo accentuato e quella fame di vivere e di vedere/fare/toccare che ti fa quasi impressione.

Che ti eri dimenticata.

Le ragazzine, è innegabile, sono tra di noi.
C’è sempre qualche giovane donna nata dopo il 1980 davanti a noi.

Sono ovunque.

Le trovi a passeggio in centro, con certi capelli gonfiati di lacca o di solo Dio sa cosa da far impallidire le strutture tricologico-architettoniche dei ruggenti anni’80 e inguainate in vestitini che almeno la maggioranza assoluta di loro non si può permettere e conseguente sovraesposizione di adipe.

Ed è proprio questo che mi sconvolge, l’assoluta sicurezza in sé stesse, almeno apparente e nelle loro capacità.

La voglia, la irrequietezza, la vitalità.
La forza.

Le trovo e le osservo soprattutto in palestra, tutte agghindate nell’atto di sudare (o occhieggiare), perizoma in bellavista e panza  col piercing di fuori, ostentando una sicurezza che io quasi-trentenne mi sogno alla grande.
Te le ritrovi nello spogliatoio a monopolizzare lo specchio per ore, a rifare un trucco che la Cappella Sistina in confronto è nulla, con l’inseparabile aiuto di piastra e spazzola, mentre tu ti dai una passata di rimmel  ed una riavviata ai capelli, poi  via di corsa che c’è un cartellino da timbrare.


Ascolto i loro discorsi sotto la doccia, le loro speranze.
Gli occhi luccicanti in attesa di vedere realizzati i propri sogni con l'agilità di un battito d'ali.

Ci credevo. Ci credevo anch'io.
Com'ero io? Com'eravamo noi? 
Pensavo tutto possibile, tutto lì a portata di mano.

Ma la vita non è così facile.

Solo che a quell'età non lo sai ancora, o almeno la maggioranza delle appena ventenni o poco meno non lo sa. Ed è giusto che non lo sappia ancora per un po'.

Pensi che a te non succederà, a te no.
A te no, perchè hai talento, volontà, capacità.

E poi, ovvio, l'amore vero arriverà, che te lo meriti.

Ci vuole un po' di tempo passato a sbattere la testa contro lo stipite della porta per capire che non è così easy la vita.

 

E' per questo, credo, che gli uomini sono atavicamente attratti da questa forma di disimpegnato candore e maliziosa sicurezza. Per afferrare quel che non si è più, quel che non si può essere per tutta la vita.

Ed anche perchè sono dei porci, ovviamente.

Ci sarà sempre una ragazzetta del 1984 davanti a me, volente o nolente.

 

A loro parziale e blanda discolpa, posso affermare che intorno a me e al gruppo di auto-aiuto sono all'improvviso comparsi appena poco più che ventenni che non ti aspetti, allucinantemente belli, colti, divertenti (tra cui spicca il mitico insegnante canadese). Ma sempre decisamente imberbi...
Ma perchè quando eravamo appena ventenni noi non c'erano questi soggetti in giro????

I ragazzetti di oggi sono forse più cool di quelli di ieri?

O sono i quasi trentenni ad essere mosci?

Oppure quello che attira noi matrone è proprio la stessa cosa che attira i maschi (porci) verso le lolite?

 

Ah, la guerra delle generazioni...

 

 

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9 aprile 2005 6 09 /04 /aprile /2005 14:26

Se chiudo gli occhi lo sento ancora forte l’odore dell’estate.

L’odore dolce dell’uva che matura sul pergolato, della terra riarsa, dell’erba che cresce, dei fiori nati sulle colline un po’ più in là.
Le cicale che intonano il loro monotono canto nell'orto.
Ma nonna che prepara la pasta al forno in cucina.

Ed io.

Io che corro con la gonna a balze colorata, fatta giusta per saltare, il mio cagnolino bianco e nero dai grandi occhi neri mi saltella tra le gambe.

La mia Diana.

Corro tra le pozzanghere lasciate da mio nonno, che annaffia l’orto col tubo. E io dietro con l’innaffiatoio di plastica rosa made in Riccione, giocando alla contadinella oberata di lavoro o alla tenutaria della grande azienda agricola che se ne va a spasso col cane.

Quel giorno d'estate, il mio gioco preferito era quello di provare ad affogare e distruggere tutti i formicai che trovavo nell’orto buttandoci sopra l’acqua. Vedere la frenesia e la pazzia causata da una cosa troppo grande per quei piccoli insetti , una cosa che non capiscono, contro natura.
E sono io a farlo, sono io il loro piccolo Dio con le trecce castane.
Batto i piedi e ballo nell’estate.

Sono un Dio cattivissimo e potente.

Il mio cane abbaia.

Incuriosito dal rumore del festino improvvisato, mio nonno abbandona le zucchine e decide di vedere se la sua unica nipote sta ancora bene. E mi trova ancora lì, felice, con l’innaffiatoio di plastica rosa roteante e le formiche in fuga.


Mio nonno è per me un omone immenso.

Un gigante dagli occhi nocciola dolci e dalla voce calda.


“Che combini?”

“Annaffio le formiche. Hai visto come scappano?”

“Mmmm. Bello. E il formicaio?”

“L’acqua l’ha distrutto.” Gli rispondo orgogliosa del mio bell'operato.
Ma lui ha smesso di sorride, i suoi grandi occhi nocciola sono diventati severi, le sopracciglia incurvate. Guarda la piccola devastazione ed il frullio incessante delle formiche impazzite.
"Come ti sentiresti se un gigante cattivo distruggesse la tua casa e tu non riuscissi più a trovare nessuno, nemmeno la mamma? Ogni piccola cosa che fa Dio in terra ha un valore, anche solo una piccola formica!"
"Ma io..."
"E se tu fossi nata formichina, ora come staresti?"

A quel punto, come una qualsiasi bambina colpita nel vivo, tiro sul col naso e scoppio a piangere, vittima e carnefice allo stesso tempo.
Ma lui mi solleva da terra e mi asciuga le lacrime in un abbraccio che risana, nonostante le protesta della cagnolina pezzata che si sente messa da parte.

Quando il peggio è passato, mi riappoggia a terra, mi aggiusta le trecce mentre finisco di tirar sul col naso, più per fare compassione che per necessità vera. E lui mi dice: "Non temere, nella tua vita verranno giganti, uragani, neve, freddo e terremoti. Ma io sarò sempre con te per abbracciarti e sollevarti via. Capito?"
Faccio sì con la testa e lui me la accarezza.
I suoi dolci occhi nocciola ridono.

Sono passati tanti anni. La mia cagnolina è morta, quell'orto è diventato un parcheggio, i miei nonni non abitano più là, tutto è cambiato un po' come in una brutta rivisitazione della via Gluck.
Tutto è cambiato.
Mia nonna vive con me e non cucina più per nessuno, piegata nel fisico, ma non nell'animo da una brutta malattia.

Mio nonno se lo portò via l'Alzehimer pochi anni dopo, troppo presto. Quando ancora non ero pronta a capire, quando il fatto che non fosse più la mia guida ma poco più di un bambino come me era un affronto al mio bisogno di lui.
Non ho pianto al suo funerale, per me era morto il giorno in cui non mi aveva riconosciuta più.
Ed in ogni caso, anche se avessi pianto, non ci sarebbe stato più nessuno ad asciugare le mie lacrime. Non mia madre o mia nonna, troppo chiuse nel loro dolore. Non mia sorella, troppo piccola per capire un dolore che rimane. Non mio padre, freddo e distante.
Così diverso da lui.

Penso sempre che se Dio non me l'avesse portato via così presto, ora sarei una persona migliore. Diversa, più sicura, più aperta verso l'amore e gli altri. Se non fosse volato in cielo così presto, magari. Se non avesse tradito la sua promessa.

Questo mi son sempre detta, ma poi col passare del tempo, ho capito che lui è sempre con me. Che la sua promessa, in fondo, l'ha mantenuta.
E' nei miei sogni, nelle mie preghiere. Cammina con me, quando sono triste è la mano sulla testa che consola. L'abbraccio che ancora, dopo 20 anni, scalda il cuore.
 

 

 

 

Perchè l'amore rimane. Sempre.

 

 

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Tutto quello che c'è nella mia testa...vita, amore, arte, libri, immaginazione, musica. Il tutto naturalmente immerso nella confusione più totale. Poco? Qualche volta, pure troppo!!!

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