Premessa.Premessa.
Premessa.
Ho sempre infamato in 45632 modi diversi chi va nei villaggi vacanze a fare il gioco aperitivo e la gara di limbo, lo so. Ma che dire all’Amoremio che mi guarda con gli occhioni luccicanti
e propone di scappare dagli scampoli di questo lungo inverno che non molla la presa? Mar Rosso?
E sia!
Smanetto su Internet, attendo come una leonessa acquattata nella savana l’uscita di last minute (o last second,
meglio ancora), scelgo, pondero, faccio due conti… ed alla fine si parte: destinazione Marsa Alam. Il nostro tour operator è Phone&Go e questo nome dopo una rapida ricerchina su
Internet mi mette un po’ in agitazione.
Scopro infatti che molta gente vorrebbe dar fuoco alla sua sede e strappare le unghie dei piedi ai dipendenti della società, ma ormai abbiamo prenotato e visto il prezzo pagato decidiamo di
comune accordo di rimetterci alla divina provvidenza. Amen.
Valigie&Affini.
Prenotando una settimana prima non c’è molto tempo per sentirsi in vacanza e organizzare tutto. Chiaro che
l’Amoremio, uomo preciso e metodico, vada in crisi. Ma ci sono io, la regina dell’arruffo!!!!! In due giorni riesco a fare, nell’ordine:
- Mettere me e l’Amore mio in posa dentro una macchinetta fai-da-te per delle orribili fototessere degne del
miglior Marilyn Manson, indispensabili per il visto d’entrata.
- Buttare cose a caso in valigia, senza dimenticare l’essenziale cioè ciabattine e costume. E libri,
ovvio.
- Comprare una crema protezione 50 e una a 30, perché io valgo.
- Concludere tutti i lavori che portavo avanti, sistemando tutto a regola d’arte e senza sospesi
(quasi).
- Fare scorta di gallette e merendine senza frumento e lattosio, perché io sono intollerante anche in
vacanza.
- Leggere otto volte consecutive il sito del Ministero degli esteri per essere certa di non fare casini e di non
trovarmi a svernare in u carcere egiziano.
- Informarmi su escursioni, cosa da fare/non fare e sull’esistenza del mitico dugongo, sirenide molto raro che
pare viva proprio a Marsa Alam.
Si và!
3, 2, 1… si parte!
Visto che il volo parte da Roma alle 8, da bravi soldatini ci alziamo alle 3 e arriviamo due ore prima. Check
in, biglietti, tutto regolare. Solo che alle 7 di mattina mi sento come se fosse mezzogiorno. Vegetiamo sulle poltroncine guardandoci nelle pupille. Non riesco nemmeno a leggere Vanity Fair che
lascio aperto sulle ginocchia a mò di vessillo, mentre medito di uccidere due hostess a caso soffocandole con quegli odiosi foulard che indossano qualora il volo ritardi anche di soli 5
minuti.
E invece sono puntualissimi, voliamo Alitalia, posti larghissimi in cui dormo 3 ore, pranzo ottimo. Il
volo mi sembra velocissimo (sarà per lo stato semicomatoso?) e in un lampo siamo a Marsa Alam.
In vacanza!!!!
Scendiamo, ed è subito shock termico. Diciamo che non c’è proprio l’ombrosa umidità del Trasimeno, ecco. E
io c’ho il giacchetto di pelle addosso. Afa.
Bagagli in un attimo, autobus che ci attende e alle 14 siamo già nel ristorante del villaggio a ingozzarci, con
in mano le chiavi della nostra camera. Immediatamente mi metto in mostra rovesciando la bottiglia dell’aceto balsamico e chiedendo in inglese a Ismael, il caposala, se per caso avevano qualcosa
gluten free. Alla sua alzata divertita di sopracciglia comprendo con sconcerto che il mio problema non è molto sentito in Egitto. Tuttavia appena iniziamo a parlare di kamut diventiamo
grandi amici e mi promette tutto l’aiuto possibile.
Appena apriamo la porta troviamo già le nostre valigie in camera, e una valanga di fiori freschi. Ovviamente ci
buttiamo addosso il costume e scappiamo verso la spiaggia.
Lì veniamo accolti da bagnini e valletti che in cinque minuti ci accompagnano alla palma coi lettini, sistemano
materassini e asciugamani, girando il tutto perpendicolare al sole. Ecco, io a queste cose non ci sono abituata, mi trovo spiazzata, mi viene male. Sono abituata a far da me, a badare a me stessa
e tutta questa gente che si sbatte per me mi mette in agitazione. Lo so, è tutto pagato o propedeutico alla mancia (vera istituzione in Egitto), ma fra un po’ questi mi mettono pure la crema. No,
grazie.
Il nostro villaggio è il Best Western Solitaire, gestione egiziana, una struttura spartana ma pulita, con un bel
giardino (nel deserto, voglio sottolinearlo), una spiaggia ed un pontile da urlo, così bello che i possidenti facoltosi alloggiati nel bellissimo Veraclub accanto pagavamo tutti i giorni € 3 a
testa per venire ad usare.
La rivincita del proletariato, concedetemelo.
E così iniziamo a goderci la nostra vacanza, con io che lancio urletti di stupore ad ogni pesce colorato, paguro
o pezzetto di corallo che vedo, scatenando l’ilarità del bagnino. Che ci posso fare se per me la barriera corallina è un vero miracolo di bellezza? Medito già di farmi assumere dallo speziale del
villaggio e fermarmi in questo paradiso terrestre a vendere cannella e rose del deserto, mentre l’Amoremio si ricicla come bagnino.
Non male, no?
Ah, dimenticavo: sia io che l’Amoremio decidiamo in contemporanea di rinunciare alla tecnologia perciò
niente televisione, internet o cellulare a guastare il nostro relax.
Tanto, ci siamo detti, che può accadere in una settimana?
Capite come, col senno di poi, sia stata una decisione quantomeno azzardata…
Ho sempre infamato in 45632 modi diversi chi va nei villaggi vacanze a fare il gioco aperitivo e la gara di limbo, lo so. Ma che dire all’Amoremio che mi guarda con gli occhioni luccicanti
e propone di scappare dagli scampoli di questo lungo inverno che non molla la presa? Mar Rosso? E sia!
Smanetto su Internet, attendo come una leonessa acquattata nella savana l’uscita di last minute (o last second, meglio ancora), scelgo, pondero, faccio due conti… ed alla fine si parte:
destinazione Marsa Alam. Il nostro tour operator è Phone&Go e questo nome dopo una rapida ricerchina su Internet mi mette un po’ in agitazione. Scopro infatti che molta gente vorrebbe
dar fuoco alla sua sede e strappare le unghie dei piedi ai dipendenti della società, ma ormai abbiamo prenotato e visto il prezzo pagato decidiamo di comune accordo di rimetterci alla divina
provvidenza. Amen.
Valigie&Affini.
Prenotando una settimana prima non c’è molto tempo per sentirsi in vacanza e organizzare tutto. Chiaro che l’Amoremio, uomo preciso e metodico, vada in crisi. Ma ci sono io, la regina
dell’arruffo!!!!! In due giorni riesco a fare, nell’ordine:
Mettere me e l’Amore mio in posa dentro una macchinetta fai-da-te per delle orribili fototessere degne del miglior Marilyn Manson, indispensabili per il visto d’entrata.
Buttare cose a caso in valigia, senza dimenticare l’essenziale cioè ciabattine e costume. E libri, ovvio.
Comprare una crema protezione 50 e una a 30, perché io valgo.
Concludere tutti i lavori che portavo avanti, sistemando tutto a regola d’arte e senza sospesi (quasi).
Fare scorta di gallette e merendine senza frumento e lattosio, perché io sono intollerante anche in vacanza.
Leggere otto volte consecutive il sito del Ministero degli esteri per essere certa di non fare casini e di non trovarmi a svernare in u carcere egiziano.
Informarmi su escursioni, cosa da fare/non fare e sull’esistenza del mitico dugongo, sirenide molto raro che pare viva proprio a Marsa Alam.
3, 2, 1… si parte!
Visto che il volo parte da Roma alle 8, da bravi soldatini ci alziamo alle 3 e arriviamo due ore prima. Check in, biglietti, tutto regolare. Solo che alle 7 di mattina mi sento come se fosse
mezzogiorno. Vegetiamo sulle poltroncine guardandoci nelle pupille. Non riesco nemmeno a leggere Vanity Fair che lascio aperto sulle ginocchia a mò di vessillo, mentre medito di uccidere due
hostess a caso soffocandole con quegli odiosi foulard che indossano qualora il volo ritardi anche di soli 5 minuti.
E invece sono puntualissimi, voliamo Alitalia, posti larghissimi in cui dormo 3 ore, pranzo ottimo. Il volo mi sembra velocissimo (sarà per lo stato semicomatoso?) e in un lampo siamo a
Marsa Alam.
In vacanza!!!!
Scendiamo, ed è subito shock termico. Diciamo che non c’è proprio l’ombrosa umidità del Trasimeno, ecco. E io c’ho il giacchetto di pelle addosso. Afa.
Bagagli in un attimo, autobus che ci attende e alle 14 siamo già nel ristorante del villaggio a ingozzarci, con in mano le chiavi della nostra camera. Immediatamente mi metto in mostra
rovesciando la bottiglia dell’aceto balsamico e chiedendo in inglese a Ismael, il caposala, se per caso avevano qualcosa gluten free. Alla sua alzata divertita di sopracciglia comprendo con
sconcerto che il mio problema non è molto sentito in Egitto. Tuttavia appena iniziamo a parlare di kamut diventiamo grandi amici e mi promette tutto l’aiuto possibile.
Appena apriamo la porta troviamo già le nostre valigie in camera, e una valanga di fiori freschi. Ovviamente ci buttiamo addosso il costume e scappiamo verso la spiaggia.
Lì veniamo accolti da bagnini e valletti che in cinque minuti ci accompagnano alla palma coi lettini, sistemano materassini e asciugamani, girando il tutto perpendicolare al sole. Ecco, io a
queste cose non ci sono abituata, mi trovo spiazzata, mi viene male. Sono abituata a far da me, a badare a me stessa e tutta questa gente che si sbatte per me mi mette in agitazione. Lo so, è
tutto pagato o propedeutico alla mancia (vera istituzione in Egitto), ma fra un po’ questi mi mettono pure la crema. No, grazie.
Il nostro villaggio è il Best Western Solitaire, gestione egiziana, una struttura spartana ma pulita, con un bel giardino (nel deserto, voglio sottolinearlo), una spiaggia ed un pontile da urlo,
così bello che i possidenti facoltosi alloggiati nel bellissimo Veraclub accanto pagavamo tutti i giorni € 3 a testa per venire ad usare.
La rivincita del proletariato, concedetemelo.
E così iniziamo a goderci la nostra vacanza, con io che lancio urletti di stupore ad ogni pesce colorato, paguro o pezzetto di corallo che vedo, scatenando l’ilarità del bagnino. Che ci posso
fare se per me la barriera corallina è un vero miracolo di bellezza? Medito già di farmi assumere dallo speziale del villaggio e fermarmi in questo paradiso terrestre a vendere cannella e rose
del deserto, mentre l’Amoremio si ricicla come bagnino. Non male, no?
Ah, dimenticavo: sia io che l’Amoremio decidiamo in contemporanea di rinunciare alla tecnologia perciò niente televisione, internet o cellulare a guastare il nostro relax.
Tanto, ci siamo detti, che può accadere in una settimana?
Capite come, col senno di poi, sia stata una decisione quantomeno azzardata…Premessa.
Ho sempre infamato in 45632 modi diversi chi va nei villaggi vacanze a fare il gioco aperitivo e la gara di limbo, lo so. Ma che dire all’Amoremio che mi guarda con gli occhioni luccicanti
e propone di scappare dagli scampoli di questo lungo inverno che non molla la presa? Mar Rosso? E sia!
Smanetto su Internet, attendo come una leonessa acquattata nella savana l’uscita di last minute (o last second, meglio ancora), scelgo, pondero, faccio due conti… ed alla fine si parte:
destinazione Marsa Alam. Il nostro tour operator è Phone&Go e questo nome dopo una rapida ricerchina su Internet mi mette un po’ in agitazione. Scopro infatti che molta gente vorrebbe
dar fuoco alla sua sede e strappare le unghie dei piedi ai dipendenti della società, ma ormai abbiamo prenotato e visto il prezzo pagato decidiamo di comune accordo di rimetterci alla divina
provvidenza. Amen.
Valigie&Affini.
Prenotando una settimana prima non c’è molto tempo per sentirsi in vacanza e organizzare tutto. Chiaro che l’Amoremio, uomo preciso e metodico, vada in crisi. Ma ci sono io, la regina
dell’arruffo!!!!! In due giorni riesco a fare, nell’ordine:
Mettere me e l’Amore mio in posa dentro una macchinetta fai-da-te per delle orribili fototessere degne del miglior Marilyn Manson, indispensabili per il visto d’entrata.
Buttare cose a caso in valigia, senza dimenticare l’essenziale cioè ciabattine e costume. E libri, ovvio.
Comprare una crema protezione 50 e una a 30, perché io valgo.
Concludere tutti i lavori che portavo avanti, sistemando tutto a regola d’arte e senza sospesi (quasi).
Fare scorta di gallette e merendine senza frumento e lattosio, perché io sono intollerante anche in vacanza.
Leggere otto volte consecutive il sito del Ministero degli esteri per essere certa di non fare casini e di non trovarmi a svernare in u carcere egiziano.
Informarmi su escursioni, cosa da fare/non fare e sull’esistenza del mitico dugongo, sirenide molto raro che pare viva proprio a Marsa Alam.
3, 2, 1… si parte!
Visto che il volo parte da Roma alle 8, da bravi soldatini ci alziamo alle 3 e arriviamo due ore prima. Check in, biglietti, tutto regolare. Solo che alle 7 di mattina mi sento come se fosse
mezzogiorno. Vegetiamo sulle poltroncine guardandoci nelle pupille. Non riesco nemmeno a leggere Vanity Fair che lascio aperto sulle ginocchia a mò di vessillo, mentre medito di uccidere due
hostess a caso soffocandole con quegli odiosi foulard che indossano qualora il volo ritardi anche di soli 5 minuti.
E invece sono puntualissimi, voliamo Alitalia, posti larghissimi in cui dormo 3 ore, pranzo ottimo. Il volo mi sembra velocissimo (sarà per lo stato semicomatoso?) e in un lampo siamo a
Marsa Alam.
In vacanza!!!!
Scendiamo, ed è subito shock termico. Diciamo che non c’è proprio l’ombrosa umidità del Trasimeno, ecco. E io c’ho il giacchetto di pelle addosso. Afa.
Bagagli in un attimo, autobus che ci attende e alle 14 siamo già nel ristorante del villaggio a ingozzarci, con in mano le chiavi della nostra camera. Immediatamente mi metto in mostra
rovesciando la bottiglia dell’aceto balsamico e chiedendo in inglese a Ismael, il caposala, se per caso avevano qualcosa gluten free. Alla sua alzata divertita di sopracciglia comprendo con
sconcerto che il mio problema non è molto sentito in Egitto. Tuttavia appena iniziamo a parlare di kamut diventiamo grandi amici e mi promette tutto l’aiuto possibile.
Appena apriamo la porta troviamo già le nostre valigie in camera, e una valanga di fiori freschi. Ovviamente ci buttiamo addosso il costume e scappiamo verso la spiaggia.
Lì veniamo accolti da bagnini e valletti che in cinque minuti ci accompagnano alla palma coi lettini, sistemano materassini e asciugamani, girando il tutto perpendicolare al sole. Ecco, io a
queste cose non ci sono abituata, mi trovo spiazzata, mi viene male. Sono abituata a far da me, a badare a me stessa e tutta questa gente che si sbatte per me mi mette in agitazione. Lo so, è
tutto pagato o propedeutico alla mancia (vera istituzione in Egitto), ma fra un po’ questi mi mettono pure la crema. No, grazie.
Il nostro villaggio è il Best Western Solitaire, gestione egiziana, una struttura spartana ma pulita, con un bel giardino (nel deserto, voglio sottolinearlo), una spiaggia ed un pontile da urlo,
così bello che i possidenti facoltosi alloggiati nel bellissimo Veraclub accanto pagavamo tutti i giorni € 3 a testa per venire ad usare.
La rivincita del proletariato, concedetemelo.
E così iniziamo a goderci la nostra vacanza, con io che lancio urletti di stupore ad ogni pesce colorato, paguro o pezzetto di corallo che vedo, scatenando l’ilarità del bagnino. Che ci posso
fare se per me la barriera corallina è un vero miracolo di bellezza? Medito già di farmi assumere dallo speziale del villaggio e fermarmi in questo paradiso terrestre a vendere cannella e rose
del deserto, mentre l’Amoremio si ricicla come bagnino. Non male, no?
Ah, dimenticavo: sia io che l’Amoremio decidiamo in contemporanea di rinunciare alla tecnologia perciò niente televisione, internet o cellulare a guastare il nostro relax.
Tanto, ci siamo detti, che può accadere in una settimana?
Capite come, col senno di poi, sia stata una decisione quantomeno azzardata…
Premessa.
Ho sempre infamato in 45632 modi diversi chi va nei villaggi vacanze a fare il gioco aperitivo e la gara di limbo, lo so. Ma che dire all’Amoremio che mi guarda con gli occhioni luccicanti
e propone di scappare dagli scampoli di questo lungo inverno che non molla la presa? Mar Rosso? E sia!
Smanetto su Internet, attendo come una leonessa acquattata nella savana l’uscita di last minute (o last second, meglio ancora), scelgo, pondero, faccio due conti… ed alla fine si parte:
destinazione Marsa Alam. Il nostro tour operator è Phone&Go e questo nome dopo una rapida ricerchina su Internet mi mette un po’ in agitazione. Scopro infatti che molta gente vorrebbe
dar fuoco alla sua sede e strappare le unghie dei piedi ai dipendenti della società, ma ormai abbiamo prenotato e visto il prezzo pagato decidiamo di comune accordo di rimetterci alla divina
provvidenza. Amen.
Valigie&Affini.
Prenotando una settimana prima non c’è molto tempo per sentirsi in vacanza e organizzare tutto. Chiaro che l’Amoremio, uomo preciso e metodico, vada in crisi. Ma ci sono io, la regina
dell’arruffo!!!!! In due giorni riesco a fare, nell’ordine:
Mettere me e l’Amore mio in posa dentro una macchinetta fai-da-te per delle orribili fototessere degne del miglior Marilyn Manson, indispensabili per il visto d’entrata.
Buttare cose a caso in valigia, senza dimenticare l’essenziale cioè ciabattine e costume. E libri, ovvio.
Comprare una crema protezione 50 e una a 30, perché io valgo.
Concludere tutti i lavori che portavo avanti, sistemando tutto a regola d’arte e senza sospesi (quasi).
Fare scorta di gallette e merendine senza frumento e lattosio, perché io sono intollerante anche in vacanza.
Leggere otto volte consecutive il sito del Ministero degli esteri per essere certa di non fare casini e di non trovarmi a svernare in u carcere egiziano.
Informarmi su escursioni, cosa da fare/non fare e sull’esistenza del mitico dugongo, sirenide molto raro che pare viva proprio a Marsa Alam.
3, 2, 1… si parte!
Visto che il volo parte da Roma alle 8, da bravi soldatini ci alziamo alle 3 e arriviamo due ore prima. Check in, biglietti, tutto regolare. Solo che alle 7 di mattina mi sento come se fosse
mezzogiorno. Vegetiamo sulle poltroncine guardandoci nelle pupille. Non riesco nemmeno a leggere Vanity Fair che lascio aperto sulle ginocchia a mò di vessillo, mentre medito di uccidere due
hostess a caso soffocandole con quegli odiosi foulard che indossano qualora il volo ritardi anche di soli 5 minuti.
E invece sono puntualissimi, voliamo Alitalia, posti larghissimi in cui dormo 3 ore, pranzo ottimo. Il volo mi sembra velocissimo (sarà per lo stato semicomatoso?) e in un lampo siamo a
Marsa Alam.
In vacanza!!!!
Scendiamo, ed è subito shock termico. Diciamo che non c’è proprio l’ombrosa umidità del Trasimeno, ecco. E io c’ho il giacchetto di pelle addosso. Afa.
Bagagli in un attimo, autobus che ci attende e alle 14 siamo già nel ristorante del villaggio a ingozzarci, con in mano le chiavi della nostra camera. Immediatamente mi metto in mostra
rovesciando la bottiglia dell’aceto balsamico e chiedendo in inglese a Ismael, il caposala, se per caso avevano qualcosa gluten free. Alla sua alzata divertita di sopracciglia comprendo con
sconcerto che il mio problema non è molto sentito in Egitto. Tuttavia appena iniziamo a parlare di kamut diventiamo grandi amici e mi promette tutto l’aiuto possibile.
Appena apriamo la porta troviamo già le nostre valigie in camera, e una valanga di fiori freschi. Ovviamente ci buttiamo addosso il costume e scappiamo verso la spiaggia.
Lì veniamo accolti da bagnini e valletti che in cinque minuti ci accompagnano alla palma coi lettini, sistemano materassini e asciugamani, girando il tutto perpendicolare al sole. Ecco, io a
queste cose non ci sono abituata, mi trovo spiazzata, mi viene male. Sono abituata a far da me, a badare a me stessa e tutta questa gente che si sbatte per me mi mette in agitazione. Lo so, è
tutto pagato o propedeutico alla mancia (vera istituzione in Egitto), ma fra un po’ questi mi mettono pure la crema. No, grazie.
Il nostro villaggio è il Best Western Solitaire, gestione egiziana, una struttura spartana ma pulita, con un bel giardino (nel deserto, voglio sottolinearlo), una spiaggia ed un pontile da urlo,
così bello che i possidenti facoltosi alloggiati nel bellissimo Veraclub accanto pagavamo tutti i giorni € 3 a testa per venire ad usare.
La rivincita del proletariato, concedetemelo.
E così iniziamo a goderci la nostra vacanza, con io che lancio urletti di stupore ad ogni pesce colorato, paguro o pezzetto di corallo che vedo, scatenando l’ilarità del bagnino. Che ci posso
fare se per me la barriera corallina è un vero miracolo di bellezza? Medito già di farmi assumere dallo speziale del villaggio e fermarmi in questo paradiso terrestre a vendere cannella e rose
del deserto, mentre l’Amoremio si ricicla come bagnino. Non male, no?
Ah, dimenticavo: sia io che l’Amoremio decidiamo in contemporanea di rinunciare alla tecnologia perciò niente televisione, internet o cellulare a guastare il nostro relax.
Tanto, ci siamo detti, che può accadere in una settimana?
Capite come, col senno di poi, sia stata una decisione quantomeno azzardata…