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30 gennaio 2012 1 30 /01 /gennaio /2012 07:00

June-13-2011-Digital-Postcards-To-say-Good-Morning-is-not-a.jpgMia nonna era una persona eccezionale, entrambi i miei nonni materni lo erano. 

Spesso ne ho parlato e ho scritto di loro, fanno parte integrante di me e se sono la persona che sono molto in parte lo devo a loro.

Per la parte buona, ovviamente. Per quella cattiva, credo ci siano altri responsabili.

Spesso mi capita di pensare a loro, anche perché mentre mio nonno mi ha lasciata troppo piccola e con pochi preziosi ricordi, mia nonna è stata parte integrante della mia vita finché non ci ha lasciato.

Stava male, mia nonna, stava male da tanto. Di uno di quei mali da donna, striscianti, di cui non si parla mai abbastanza: l’osteoporosi. Una malattia subdola, deformante, invalidante che succhia via la forza, l’autonomia, la capacità di muoversi. Ma non la voglia di vivere.

Mia nonna non si è arresa mai, fino alla fine. Ha lottato, sempre. Per noi.

Era una donna forte, mia nonna, volitiva.

Una donna che da giovane teneva i cordoni della borsa con austerità e fierezza, che valutava tutto con l’occhio della contadina che sa quanto l’occhio del padrone ingrassi le sue bestie. E con la fierezza della sua terza elementare completata (“Che mica tutti ai miei tempi, eh!”) e ancor più orgogliosa della licenza media di mio nonno, presa con le scuole serali quando era già un adulto.  

Ha vissuto grandi dolori, mia nonna. Il più grande quello di vedersi portar via dal Parkinson l’uomo della sua vita.

Se lo sognava spesso, mio nonno. E in sogno lui le diceva di star tranquilla, che l’aspettava e la guardava da lassù, ma che per quanto potesse soffrire non era ancora il momento. “Stai tranquilla Spina, che andrà tutto  bene. Il tuo posto è ancora vicino ai tuoi cari!”.

 

Una donna forte, sì.

Autonoma e femminista quando questa parola non andava ancora di moda.

E allegra.

Innamorata delle sue due nipoti.

 

E quando non ce l’ha fatta più a star da sola, l’ingresso di una badante nella sua vita non lo visse come un trauma, no: come possibilità di socializzare e di non intralciare la sua unica figlia. E così Ludmilla, maestra di scuola ucraina, imparò il perugino lacustre e trovò un amore quasi materno e mia nonna alcune parole di russo e una figlia adottiva.

 

Può una persona così malata reggere l’animo delle persone che ha intorno?

A guardare la processione di parenti e vicini che la venivano a trovare, direi di sì, ed eran sempre pronti a chiedere consiglio.  Era una donna gioviale e risoluta, e non c’era pomeriggio che non trovassi qualcuno a tavolino con lei a chiacchierare davanti a un vassoio di Ore Liete.

Se avevo un problema, correvo da lei. A raccontarle cose che magari nemmeno poteva capire, specie se riguardavano lo studio prima e il lavoro poi, o su cui si crogiolava da grande esperta di telenovelas argentine, se riguardavano l’amore.

 

 

Il giorno in cui morì, mia madre mi disse tra le lacrime: “Ora dobbiamo imparare a cavarcela da soli”.

E io capii che  era vero.

Non avevamo più appoggi.

La nostra fonte di forza e di equilibrio non c’era più.

Ma l’unica cosa che riuscivo a pensare io era che lei era morta senza vedere mai il mare. Aveva fatto di tutto per me, più di una madre,  e non aveva mai visto il mare.  

 

Ho pianto tanto, poi ho capito.

Col dolore dentro, che non passa mai, ho capito.

Ho capito che quella forza ce l’ho anch’io, che vive in me.

In me che mi sogno nonna Spina seduta ai piedi del mio letto che mi guarda, che ne sento il peso del corpo che smuove il materasso.

In me che cerco di fare del mio meglio sempre, per tutta la mia famiglia.

Vive in me, che piango ancora quando sono triste e che solo davanti alla sua lapide al cimitero trovo pace.

 

Ieri sera quando sono uscita dal lavoro era troppo buio, troppo per andare al cimitero. E allora ho comprato un lumino e l’ho acceso in salotto. L’ho acceso e ho pensato a lei, a lei che mi guarda da lassù e guarda anche mia madre, mia sorella, mio padre e pure l’Amoremio (anche se non si sono mai conosciuti).

E mentre accendevo il lumino mi è sembrato proprio di sentire la sua mano sulla spalle, e anche se ero sola in casa mi è venuto spontaneo dirle ad alta voce un mio semplice e spontaneo pensiero, una cosa di cui non mi ero resa conto fino a quel momento.

 

 “Stai tranquilla, nonna. Ci penso io adesso...”

 

 

 

 

 

 

Ps. Grazie a Polly, che mi ha fatto venir voglia, semmai ce ne fosse stato bisogno, di scrivere di mia nonna.

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26 gennaio 2012 4 26 /01 /gennaio /2012 12:00

Spilled_Coffee_Bad_Day.jpgE ci sono quei giorni, quelli un po’ più complicati.

Quelli in cui svegliarsi è complicato, i neuroni non vogliono accendersi nemmeno col caffè  ed i capelli hanno deciso per l’autogestione.

Mattine difficili, difficili, difficili.

Spesso corrispondono a notti agitate, notti in cui mostri e folletti vengono a farti visita nel letto impedendoti un sonno tranquillo. Notti in cui ti arricci e stiri tra le lenzuola, pensando di non poter arrivare alla mattina senza urlare fortissimo la tua frustrazione.

 

E poi ti addormenti.

E suona la sveglia.

E il gatto si lamenta per la fine indecorosa dei croccantini nella ciotola.

 

Puttanissima di una sveglia ladra.

 

E vorresti avere la febbre, come da piccola, e non andare a scuola. Ma violentando tutto il tuo essere ti metti in moto lo stesso, il lavoro aspetta ed il giorno è già iniziato anche se il tuo cervello rifiuta di accendersi manco fosse la 126 azzurra che aveva tua madre e che tre volte su quattro vi lasciava a piedi quand’eri bambina.

No, lo so che ci stai pensando, ma no mi spiace: non esiste una formula per tornar bambini.

E così inizi a compiere gli stessi identici gesti di tutte le mattine. Prepari la borsa della palestra, ci metti dentro le scarpe, le ciabatte, l’accappatoio, tutto sempre nello stesso ordine.

Poi vai in cucina, fai colazione con il latte di soya sognando i pancakes, tagli l’insalata per il pranzo, ci aggiungi il tonno e il mais,  riempi la ciotola del tuo gatto urlante che si è rifiutato di uscire in giardino (e chiamalo scemo, visto che fuori fa -3°C).

E tutti questi gesti ti sembrano un circolo vizioso, una ripetizione cotta della tua vita, una imprescindibile follia quotidiana. Nemmeno fossi in quel vecchio film, quello con Bill Murray, quello in cui rivive sempre lo stesso giorno ma non riesce ma a far tutto perfetto.

Ti ci senti imprigionato, in questa coazione a ripetere, vorresti mettere il mais al gatto e le scarpe della palestra ai piedi. Magari uscire in accappatoio solo per fare un gesto iconoclasta e far prendere un colpo al vicino guardone (e poi morire di freddo, per la gloria però).

 

Poi senti un “Cof cof” alle tue spalle e non è il gatto, no.

E’ l’Amoretuo, l'uomo premuroso che ti ha fatto la colazione, ha sopportato in silenzio (o forse sogghignando) il tuo ciabattare scnsolato per casa manco fossi uno zombie, il cattivo umore e le tempestose nuvole emotive dei tuoi capelli.

Ridacchia e ti abbraccia.

E tu sai che ce la devi fare, anche con quest’umore.

Che tutto andrà bene.

 

Anche con questi capelli…

 

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24 gennaio 2012 2 24 /01 /gennaio /2012 12:51

407359_326447864061776_239407502765813_972435_1262046263_n.jpgAnni e anni di berlusconesimo, di culi e tronisti, di nani e ballerine ci hanno forse rincitrullito il cervello?

Abbiamo perso l’uso dell’intelletto o semplicemente siamo diventati tutti miopi?

Ok, mi calmo, mi calmo.

Respira, 1…2 … 3…

Aehm.

Scusate ma ho appena finito una accesa discussione e chiaramente l’adrenalina che avevo in corpo e che è rimasta inespressa (non ho avuto modo, ahimè, di mettere le mani in faccia al mio interlocutore. La ragione ha prevalso, ma di poco.)

Il quid della questione è non solo semplice, ma anche di attualità: lo sciopero degli autotrasportatori proclamato dal 23 al 27 gennaio.

E siccome io lavoro in una azienda di trasporti, tutti si sentono in diritto di straparlare.

 

Ma guarda che casino, ma questi proprio non c’hanno nulla da fare?? Già che intasano sempre le autostrade, ora pure a protestare???

Caro amico mio, ma secondo te i prodotti nei negozi chi ce li porta? La Befana? Degli elfi con la slitta? Il teletrasporto? Non lo sai che più dell’80% del trasporto merci in Italia avviene su gomma? E’ sbagliato, inquina e fa traffico, ne sono convinta. Ma è così ed è bene che tutti ne siano consapevoli.

 

Che palle, fra tassisti e camionisti… ora pure i farmacisti!!

No, calma. Tassisti e farmacisti non possono essere assimilati alla protesta in corso degli autotrasportatori. Questi ultimi non difendono un corporativismo, non sono una casta e non c’è certo bisogno di chissà quale rituale speciale per guidare un camion: basta la patente. E’ un lavoro duro e chi fa la linea lo sa.

Senza nulla togliere alle altre categorie, che magari vedono cadere privilegi guadagnati con fatica, i trasportatori chiedono solo di poter sopravvivere senza affamarsi.

 

Ma poi questi, che vogliono?

Che vogliono, che vogliono… vogliono che non ne possono più, che la benzina è arrivata a € 1,70 al litro, aumentando del 30% in un anno. E poi c’è il costo dell’autostrada, le assicurazione esose, gli adempimenti amministrativi sempre più onerosi. Per questo molte piccole imprese volano verso il baratro del fallimento, strozzati dai costi e dalla mancanza di credito delle banche. Volete altro?

 

Ma che vuol dire? Aumenteranno le tariffe, no?

Ahahahahhahahahahhahah!

 

Ma che ti ridi?

Rido perché non capisci il problema amico mio. Quelli che protestano non sono le grandi aziende di trasporto, che pure hanno margini molto risicati.  A protestare sono i trazionisti, i padroncini  e tutti coloro che vengono pagati a viaggio,  e sono loro che pagano il prezzo più alto. L’equazione maggiori costi = maggiori tariffe = aumento dei beni di consumo non è più automatica. La concorrenza nel mondo del trasporto su gomma è spietata e viene combattuta con armi spesso illegali: mancato rispetto dei tempi di guida nei migliori casi, lavoro nero nei peggiori. Se si aumentano le tariffe ad un cliente, nove volte su dieci lui volerà verso lidi più economici.

Capite bene che aziende come quella in cui lavoro io, dove la correttezza, il rigore e la trasparenza sono importanti e dove a regolarità contributiva è un aspetto essenziale, campano male.

 

Eh, ho capito. Pure a me hanno aumentato l’assicurazione e trovo vergognoso il costo della benzina, ma mica metto la macchina di traverso in autostrada!

Male, molto male. Abbiamo imparato a stare zitti ed accettare tutto mettendoci a novanta. Non è che sia un pregio, eh.

 

E poi, ho visto che ci sta di mezzo pure Forza Nuova…

Sì, vabbè. Questi qui sono in grado di strumentalizzare tutto, pure la morte di Pietro Taricone, per dire. E quindi?

 

Uffa, ma al supermercato non trovo più il latte fresco che uso di solito!

E ‘sti cazzi?

A parte che frasi come “aziende e regioni in ginocchio”, “caos nei negozi” e “supermercati vuoti, il terrore nella folla” mi sembrano esagerati per un giorno e mezzo di fermo. E se nevicava? Via su, siamo logici e razionali un minimo almeno per un attimo.

 

Tanto non serve a nulla.

Può essere, sì. Può essere.
e mi rendo anche conto che questo non è il metodo perfetto, ma se avete una idea migliore io la ascolto fiduciosa.

 

Ma il blocco stradale è reato.

E l’usura?

 

Ecco, con questo ho finito lo sproloquio.

Se ho offeso o indispettito qualcuno mi spiace.

Ma anche no.

Attendo, fiduciosa commenti, insulti e quant’altro. Oppure, semplicemente, possiamo istruire una bella tavola rotonda sul mio blog.

 

Io, di sicuro, idea non la cambio, ma se volete provare la porta è aperta.

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11 gennaio 2012 3 11 /01 /gennaio /2012 13:17

"speak now"

C'è la crisi.
C'è la crisi, la crisi, la crisi. 
Ce lo dicono tutti, lo strilla il telegiornale, rimbalza tra i negozi ancora pieni nonostante i saldi. 
E allora?
Che fare?
Nell'attesa che arrivino i Maya e la loro fine del mondo, poco resta da fare in questo paese che sembra prendere a schiaffi chi non ha esperienza o chi è troppo giovane per averne. 

E così la mia cuginetta, laureanda in economia, si lagna e lagna con me, che pur lavorando nell'ufficio del personale di una aziend agrande per essere umbra non ho la chiave per aiutare tutti.

"E quindi, che faccio?"
"Potresti provare a cercare un lavoro fuori, in un paese emergente magari!"
"Sarebbe bello, ma..."
"Ma tu l'inglese lo sai?"
"Eh, sì... no, cioè, a scuola..."
"Vabbè, ho capito... the cat is on the table e poco altro, sbaglio?"
"Ehm..."
"Non è che fai come i miei genitori che non sanno trovare un bagno all'estero, eh?"
"Io... ecco..."
La capisco.
Eccome.
Pure io tanti anni fa beccai una telefonata di un cliente inglese al lavoro e feci la figura dell'idiota, non riuscendo nemmeno ad appuntarmi il numero di telefono.
E allora mi è venuta l'idea: "Perchè non provi con i dvd di "speak now"?

E così le ho spiegato, chè la mia cuginetta è un po' fuori dal mondo reale.
Dal 9 gennaio, tutti i lunedì con Repubblica e L'Espresso c'è SPEAK NOW! FOR WORK, un corso di inglese in venti uscite (composte ognuna da libro + dvd) che mira essenzialmente a preparare il lettore ad affrontare il mondo del lavoro estero. Come si scrive un curriculum? Come si approccia un colloquio di lavoro? Come scegliere il lavoro ideale? E i colleghi? Come farsi assumere? 

Il tutto con divertenti sketch in dvd, esercizi collegati e pratici glossari. E con la guida istrionica di "John Peter Sloan", ex cabarettista di Zelig con l'anima dell'insegnante di inglese. Quello di Istant English, do you know? Non c'è Autogrill che ne sia sprovvisto, giuro.
La prima uscita è al prezzo promozionale di € 4,90, le altre le trovate a € 12,90. Affrontabile, vero? Poi però ci vorrà tutto il vostro impegno, non basta mettere tutte le dispense in bella mostra in salotto ed i dvd impilati accanto allo stereo!

"E se poi resto in Italia?" mi chiede la cuginetta.
"Bè, male non ti fa in ogni caso... credimi!!!"

E voi, perché non provate?



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9 gennaio 2012 1 09 /01 /gennaio /2012 07:18

lateral.gifCi giocavo sempre all’Università, nelle lunghe attese tra una lezione e l’altra o aspettando l’arrivo del professore in aula.  E poi con gli amici, magari un po’ da brilli, che c’è di meglio?

Era divertente e mi dava soddisfazione, ma poi nel tempo l’ho accantonato.

Poi qualche giorno fa alla macchinetta del caffè una mia collega lo ritira fuori: “Come te la cavi col pensiero laterale?”

“Mah, così…”

“Allora ti pongo un problema molto carino”

E mi ha sciorinato una storiella.

Che ho risolto.

No, non la sapevo.

Giuro.

Ma l’ho risolta.

Sono una grande.

Sono un mito.

Perché io sono la dea del pensiero laterale.

Cos’è? Bèh, molti (e l’Amoremio in primo luogo) lo definirebbero una pippa mentale mutuata dai giochi estivi di Focus. In realtà il pensiero laterale è una modalità di soluzione dei problemi logici che ricerca il punto di vista alternativo al problema stesso, approcciandolo da altre angolazioni rispetto al solito. Sono stata chiara? No? Un esempio classico: un uomo sposa sua sorella ed è perfettamente legale. Come mai?

Risposta: E’ un prete (o il sindaco, scegliete voi).

 

Ora che vi è chiaro, vi sottopongo il problema che ho risolto, vediamo come ve la cavate!

 

Un signore abita al decimo piano di un palazzo.
Tutti i giorni, quando esce di casa, prende l'ascensore al decimo piano e scende fino al pianterreno.
Quando invece rientra in casa, sale con l'ascensore dal pianterreno fino al settimo piano e sale il resto delle scale a piedi per raggiungere il suo appartamento.
Quel signore non è superstizioso, non è uno sportivo e odia salire le scale a piedi. Come mai allora si comporta cosi?
A onor del vero bisogna precisare che quando in ascensore ci sono altre persone e talvolta quando piove egli arriva con l'ascensore fino al decimo piano

 

 

Potete farmi delle domande nei commenti, a cui io posso rispondere solo Sì, No, o E’ indifferente.

Allora, chi vuole tentare?

 

 

Vi aspetto!

 

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29 dicembre 2011 4 29 /12 /dicembre /2011 12:13

4a4b124f25b72_big.jpgVe la ricordate la storia del pozzo dei desideri?

No? Eppure, da affezionati lettori dovreste proprio!

Vi perdono, ma solo perché siamo sotto le feste e perché non solo l’anno sta per finire, ma il prossimo contiene in sé la profezia maya preferita da Giacobbo.

(Vi concedo trenta secondi per scongiuri, toccatine al ferro e/o alle parti intime se siete maschietti).

 

Dicevamo.

 

Mio nonno materno, che da piccola era il mio eroe, aveva un pozzo nell’orto, uno di quelli antichi costruiti in muratura.
Era coperto da un piatto di metallo alto tre dita e sovrastato da un pergolato di viti (voltabotte, in dialetto perugino) che in tarda estate traboccava d’uva.

Un posto fresco ed ombreggiato d’estate, in cui trasferivo tutto il mio armamentario di bambole e affini durante la bella stagione.

Ve l’ho già detto che mio nonno era il mio eroe? Sì, credo di sì. Ma non era solo questo. Lui sapeva capirmi, guardarmi dentro e vedere cosa c’era nella mia testa di bambina.

Ricordo i suoi occhi buoni, luccicanti d’amore per me.

Non ricordo più la sua voce, invece, l’ho dimenticata.

 

Lui mi raccontava del pozzo dei desideri, mi spronava ad esprimerne sempre di nuovi. Nuove ambizioni, nuove richieste, nuovi sogni da vivere.

Mi metteva in mano una monetina da 5 lire e chiudendo gli occhi la buttavo nel pozzo.

Sognando.

Sperando.

Credendo nei folletti che c’abitavano dentro.

Quale fossero i miei desideri di allora non ricordo. Probabilmente chiedevo una sorellina ai folletti (poi è arrivata e gli dico grazie perché la adoro) o la casa di Barbie superaccessoriata o il galeone della Playmobil (questi non sono MAI arrivati. Se il pozzo esistesse ancora, magari sarebbe il caso di protestare, cacchio!)
Oggi, cosa gli chiederei?

No, non la pace nel mondo come una Miss Maglietta Bagnata qualsiasi. Gli chiederei però di fermare la folle corsa all’arraffo che domina il mondo, una spirale vorticosa del più forte che strappa tutto al più debole, di gente che non ne ha mai abbastanza, che ringhia e morde come il peggiore dei lupi. Una lotta impari, che porterà senza dubbio alla distruzione del genere umano, se ci va bene, o del mondo in generale, se ci va a schifo.

Lo so, è un desiderio irrealizzabile e anche un po’ banale, magari non è adatto per i folletti.

Facciamo così, va bene anche se mi fate arrivare la casa di Barbie entro il 2012.

In ritardo, ma m’accontento.

 

E voi?
Cosa chiedete al folletto del pozzo dei desideri?
Quante monetine vorreste buttare?
E quali, visto il valore calante dell’euro?

E ci sarà ancora l’euro nel 2012?
Esprimete i vostri desideri ad occhi chiusi, mi raccomando.
Concentratevi… e via!

Abbiate il coraggio di esprimere i vostri desideri e di lottare per realizzarli… anche con l’aiuto del folletto, certo.

 

 

 

E buon 2012 (senza Maya, please)…

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16 dicembre 2011 5 16 /12 /dicembre /2011 07:17

spacchettati

Io ed i miei amici, ogni anno per reagire al consumismo sfrenato in cui è piombato il Natale, organizziamo una serata di festa in cui, tramite una specie di lotteria, si arriva con un solo regalo e si torna  a casa con un regalo comprato da un amico: noi lo chiamiamo regalo collettivo.
Un regalo per un regalo.
Si sta insieme, si mangia il panettone, si fa festa.

E gli amici lontani?
Fino al Natale scorso erano un problema, poi girando in internet ho scoperto Oxfam, una associazione no profit formata da 15 organizzazioni che lavorano con oltre 3000 partner in 98 paesi per combattere la povertà in tutto il mondo e migliorare le condizioni di vita di migliaia di persone tramite strumenti come il microcredito, dando una opportunità di riscatto a chi non ha nulla.

Sì, bello, direte voi. Ma che c'entra col Natale? C'è che Oxfam ha creato un modo nuovo di fare regali, un modo diverso, che vada oltre la piccola sciocchezza da mettere sotto l'albero, ma che possa avere davvero un significato rilevante.
E non solo per chi dona o per il fortunato che riceve.
Ed è così che Oxfam ha creato gli spacchettati, un'occasione unica per fare un regalo utile e che faccia sentir bene davvero. Basta andare sul sito di Oxfam e scegliere un regalo da inviare a chi vuoi tu: vuoi una capra di Natale? o preferisci un kit di sopravvivenza? Se sei davvero generoso, potresti regalare una mucca o un pozzo, non trovi? 
Io decisamente preferisco un asino, e credo ne regalerò un bel po'.

Scegli il tuo regalo, il destinatario riceverà una e-card con le specifiche dell'organizzazione e con le indicazioni di come verrà utilizzato l'importo della donazione (non è che regalano davvero capreo galline, sono solo simboli!). Tutte le donazioni verranno destinate ai progetti di Oxfam nel mondo, votati allo sviluppo delle piccole attività e dell'artigianato, al microcredito e all'inserimento delle donne nel mondo del lavoro.
Ma Oxfam interviene anche durante le crisi umanitarie e promuove politiche commerciali più eque e solidali nel mondo.
Per saperne di più visitate il loro sito o la pagina di Facebook dedicata.

Insomma, con Oxfam potete fare più di un semplice dono, potete provare a cambiare il mondo.  Potete provare a renderlo più umano, più buono, più vero.
Si può volere di più a Natale?
Senza considerare che non si pone nemmeno il problema del riciclo dei 
regali.

 

Mi sa che dall'anno prossimo abbandoneremo il regalo collettivo... 

 

 


 

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15 dicembre 2011 4 15 /12 /dicembre /2011 07:22

127.jpgC’è una donna che non voglia dimagrire o che non stia (anche solo psicologicamente) a dieta?
Se c’è vorrei conoscerla, davvero, visto che colleghe e amiche molto (ma moltomoltomolto) più magre di me sono ossessionate dalla dieta e che non mi viene in mente nemmeno una conoscente che riesca a piacersi consecutivamente per più di venti giorni, arco di tempo in cui tutte le certezze e sicurezze possono venire minate dalle pressioni psicologiche pubblicitario-marchettaro-mammesco che attanagliano tutte le donne di qualsiasi età.

 

Ho assistito alla seguente scena in un negozio di abbigliamento.
Bimba di 6/7 anni con la madre a fare shopping. la madre prende una gonna dall’espositore e si dirige verso il camerino. La bimba le prende la gonna, esamina il cartellino ed esclama: “Mamma, ma è una 46! E’ una taglia da grassa!
Io mi sono nascosta dietro un espositore, la commessa (anoressica) sghignazzava dietro la manina ossuta e la madre credo sia svenuta. O morta.
Volevate un deterrente alla procreazione? Eccolo.

 

Ma torniamo a noi, anzi a me.
Dopo aver scartato la Dieta Dukan per evidenti motivi etici (mangiare badilate di carne non mi sembra salutare), la Dieta a Zona per mancanza materiale di tempo e del pallottoliere e la Dieta Tisanoreica perché vorrei vivere almeno fino alla fine del mondo preventivata dai Maya di Giacobbo, ho seguito il consiglio di Daniela ed ho scaricato una semplice app per l’Iphone davvero innovativa (e gratuita): Shape Up!

Inserito il proprio peso e quello desiderato,  il programma calcolerà un budget giornaliero (nel mio caso 1335 calorie) che dovrà essere rispettato durante l’arco delle 24 ore. Se poi si fa attività fisica, il budget viene incrementato in base al lavoro svolto. No, la Xbox non vale come attività fisica. No, nemmeno il movimento ondulatorio con lòa forchetta. Ma il sesso sì, per dire.
Ovviamente vanno inseriti settimanalmente il peso (odio pesarmi) e quotidianamente quanto mangiato ogni giorno, pesando e valutando tutto, pure il caffè.
Si tratta della scoperta dell’acqua calda, ne converrete con me, ma comunque utile per evitare di mangiare porcherie ed uscire fuori dal budget di calorie senza che ne valga la pena.
Se sforo, voglio sforare per la Nutella, non per i crackers di mais.
Ecco.
Funziona? Mi sarà d’aiuto?
Vedremo.

 

Intanto, male non fa…

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11 dicembre 2011 7 11 /12 /dicembre /2011 17:39

109.jpgFaccio la fila alla cassa del supermercato, la signora dietro di me mugugna che son troppo lenti, il bambino a fianco piange, un gruppetto di pensionati biascica contro le pensioni, un tizio in impermeabile (maniaco?) parla al cellulare con troppa veemenza.

Come al solito per ingannare la noia lascio andare il cervello ad elucubrazioni varie, volano i miei pensieri rimbalzando tra le spese degli altri (ma che robba se magna la gente?) e le faccende che devo ancora sbrigare (velocissima!) prima di potermi buttare sul letto con Anna Karenina da finire assolutamente. E mentre sono assorta nell’analisi della politica agricola della Russia degli zar, non mi accorgo della voce squillante della cassiera che chiama me.

“Ha la tessera punti, signora?”

Mi riscuoto e torno all’interno del supermercato col cervello: “Aehm, sì…”

Passa le mie cose e poi mi chiede ancora: “Vuole una busta, signora?”

“No, grazie, ho la mia di stoffa”

SIGNORA.

SIGNORA.

SIGNORA.

Guardo meglio la cassiera. Avrà vent’anni e due figure, orecchino e ad occhio e croce dovrebbe far causa al parrucchiere che le ha fatto la tinta.

SIGNORA.

Proprio non mi va giù. Ma cacchio, signora è mia mamma, mica io! Eppure oramai la frequenza con cui mi ci appellano nelle occasioni più diverse rasenta il 100%. Ma che brutto, davvero. Non solo mi fa sentire vecchia, ma pure demodè come un cappotto del 1986.

Lo so che l’alternativa poco fashion che propone la lingua italiana, il datato signorina, è pure peggiore e fa immediatamente vecchia zia zitella, però non riesco a farmelo piacere.

SIGNORA.

Mi sa di muffa, di anziano, di brodini fatti col dado. In inglese suona tutto più bello, volete mettere lady o miss con signora? Assolutamente imbattibile.

E voi?
Vi succede mai?

E soprattutto, avete alternative a questa sgradita parola?

Ho deciso che il prossimo che mi chiama signora lo prendo a randellate sui denti con l’ombrello, corbezzoli!

 

Oddio, sto già mutando in signora… aiutatemi!!

 

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21 novembre 2011 1 21 /11 /novembre /2011 10:28

Io ho sempre adorato il Natale: le luci, la musica, l'odore dell'albero che invade la casa, il presepe. 
Sì, l'ho sempre adorato; ma da qualche anno a questa parte il mondo sembra complottare contro il mio amore per questa festa. Nello specifico, ODIO i negozi che iniziano adecorare tutto il decorabile dalla metà di ottobre, quando fuori a ancora caldo. Sentire le cornamuse e fuori ci sono trenta gradi (e non vivere in California) è leggermente strano, ammettetelo con voi stessi.
La verità è che io li capisco: il Natale fa vendere, anche in tempo di crisi.
Ma campanellini e lucine colorate da ottobre a gennaio mi sembrano eccessive per qualunque sistema nervoso affidabile.

No, non sono Scrooge. 
Amo il Natale e proprio per questo le storture commerciali mi seccano alquanto. Anche voi la pensate come me?

Allora, vi sottopongo una idea regalo per i vostri cari e per voi. Quest'anno invece di regalare saponette o inutili vanità fate (o fatevi) un regalo che vale: aiutate il wwf.
Sì, quest'anno è possibile con un piccolo contributo regalere ai vostri cari qualcosa di più di un oggetto: un progetto. Un progetto che porta la firma di ricercatori e volontari impegnati da anni nella lotta alla salvaguardia delle specie a richio in tutto il pianeta. Una lotta dura, contro l'abbattimento delle oreste, la desertificazione, il bracconaggio.
Potete scegliere tra le varie modalità di adozioni che il wwf vi propone: l'Adozione Semplice, quella con il peluche in regalo, e la nuova Adozione Trio. 
Quest'ultima in particolare permette di salvaguardare, con una donazione minima di € 125,00, un intero habitat (come avviene per tutte le adozioni, in verità) focalizzando la propria attenzione su quattro gruppi distinti: il trio italiano, africano, asiatico e polare.
Io ho scelto il Trio Polare, non perchè gli altri non siano validi, ma perché ritengo che in questo momento storico il Polo Nord sia un importante campanello d'allarme ecologico e la cartina di tornasole dei cambiamneti climatici che avvengono intorno a noi nostro malgrado. Foche, orsi polari e tutto l'ecosistema è in pericolo: se non ci pensa il wwf chi lo farà?
Col nostro aiuto, ovviamente!
Dimenticavo, se siete come me fanatici della dematerializzazione e del paperless, è possibile fare le vostre adozioni anche ad impatto zero, con le nuove Adozioni Digitali.

A Natale, pensate ai vostri cari e regalategli qualcosa di più di un dono materiale che verrà accantonato insieme agli oggetti inutili e dimenticati. Fate di più.

Regalategli un futuro migliore...

 

 

adozioni

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Tutto quello che c'è nella mia testa...vita, amore, arte, libri, immaginazione, musica. Il tutto naturalmente immerso nella confusione più totale. Poco? Qualche volta, pure troppo!!!

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