"Emma, amore, cosa vuoi fare da grande?" "Mamma, io voglio fare il dottore dei bambini e degli animali. Avrò tante stanze diverse, una per i bambini, una per i cani, una per i gatti..." "E per i pesci?" "Anche una per i pesci, sì. E per le tartarughe. Le potrò mettere insieme mamma?" "Secondo me sì. Curerai anche i coccodrilli?" "Ma no, mamma! I coccodrilli hanno troppi denti!" "Ah." "Li curano i dottori della savana, non lo sai?" "Eh, no" "Curano leoni, tigrri, elefanti... e i coccodrilli." "Ah, ecco." "Li metto in tante stanze diverse, così i bambini non si spaventano degli animali e i gatti non hanno paura dei cani." "Come sei previdente!" "Comunque mamma, io da grande farò il dottore solo dal lunedì al venerdì. Sabato e domenica invece farò il pagliaccio." "Il pagliaccio..." "Sì, certo. Ma solo il sabato e la domenica, però."
Ad Emma piace molto far finta di leggere i suoi libri alle bambole. Le siede disposte in circolo sul tappeto, prende un libro illustrato ed attacca a raccontare. E lo fa con enfasi, come fosse la maestra a scuola, girando anche di tanto in tanto il libro a favore delle bambole per far vedere bene le illustrazioni e capire i concetti. Oggi va in onda il libro sugli animali della fattoria. "Allora bambini, qui c'è la gallina, il gallo e i puccini. La gallina fa le uova, il gallo invece fa chicchirichi e basta. Capito?" Silenzio da parte delle bambole. "In questa pagina c'è la mucca, il toro e il vitellino. La mucca fa il latte. Ci si fanno la mozzarella e il fommaggio, ma io e la mamma non possiamo mangiarlo perché siamo speciali. Per fortuna che c'è la bufola! Il toro invece non fa niente." E gira il libro per mostrare l'illustrazione. "Poi ci sono i magliali. Mamma magliala, papà magliale e i maglialini. I magliali fanno il prosciutto, la cicci e le salciccie. Le salciccie sono molto buone vero?" Approvazione generale. Cambio libro. "Ora invece parliamo delle api e dei fiori..."
A scuola di mia figlia, un po’ per motivi ecologici e di risparmio, un po’ per una miglior gestione ci hanno chiesto di portare per ogni bambino un bicchiere di plastica dura. Come tutti i bambini sotto gli otto anni mia figlia ne ha una collezione ricchissima, ma la gnocca in questo weekend a casa dei nonni a Pescara ha scoperto un bicchiere appartenente a sua sorella.
Questo bicchiere è niente che un reperto archeologico dell’infanzia dell’ora adolescente figlia del mio compagno ed è un oggetto del desiderio ambitissimo: rosa fucsia e delle Winxs. Ovviamente la sorella maggiore lo ha regalato gentilmente alla minore, sia per generosità che per manifesto disinteresse.
Questo gigantesco oggetto del desiderio era destinato ad essere portato a scuola. Stamattina.
Io, da mamma perfetta ed assolutamente connessa con il mondo scolastico, nonché dittatrice suprema, stamattina ho speso cinque minuti del mio preziosissimo tempo per fare un’etichetta con il nome da appiccicare sotto il bicchiere. Ero stata così brava da plastificarla addirittura con lo scotch: una vera opera d’arte.
Senonché la mia progenie appena si è accorta del mio bellissimo operato ha inscenato il dramma della follia, con pianti disperati, urla inarrivabili e scenate con svenimento annesso. “Mamma, ma hai scritto il mio nome sotto il bicchiere!“ “Certo amore, hai visto come è carino?“ “Mamma, ma volevo scriverlo io!!“ “Vabbè amore, ormai l’ho fatto io“ A lei è balenato negli occhi un impeto di rabbia che nemmeno Ken il guerriero, ha preso il bicchiere, lo ha girato e ha strappato con un solo gesto plastico l’etichetta al grido di: “Mamma, non capisci niente! Io sono grande!“ Ecco, lì mi sono alterata. “Emma, ma come ti sei permessa? Sono molto arrabbiata con te.“ ho sentenziato cercando di mantenere uno straccio di calma, ché mica di lunedì è così semplice. “No, mamma. SONO IO CHE SONO MOLTO ARRABBIATA CON TE.” A quattro anni. Nemmeno. Sulla zuffa seguente soprassiedo per pudore, però posso assicuravi che non ci siamo uccise ed abbiamo fatto la pace stabilendo di scrivere INSIEME il nome sotto il bicchiere stasera dopo cena.
La gnocca mi ha abbracciato le gambe prima di salire in macchina per andare all’asilo e io mi sono abbassata alla sua altezza. “Facciamo la pace?” “Sì mamma.” “Ti voglio bene” “Anche io mamma. PERO’ AVEVO RAGIONE IO”. Ecco.
Mi chiedo come sarà la litigata per il motorino (che non avrà mai).
Una casa vicino alla nostra è di una famiglia svedese/danese che la usa giustamente per le vacanze. Hanno una bimba di un anno più grande di Emma, la famosa Alma, per cui Emma ha una ossessione generata dal fatto che, parlando lingue diverse, non riescono a comunicare. E questo nonostante noi genitori, invece, sì: grazie alla lingua inglese.
Da qui la fissa più grande di Emma: "Mamma, devo imparare l'inglese" Finora la cosa è stata limitata a sessioni di Peppa Pig in lingua inglese e ad una specie di esperanto che Emma parla con le sue bambole spacciandolo per l'idioma di Albione, oltre ad una serie di sguardi feroci rivolti a chi secondo lei padroneggia l'agognato linguaggio. Fino ad oggi.
"Mamma, mamma!!!" "Dimmi, amore" "OGGI A SCUOLA ABBIAMO FATTO LA PRIMA LEZIONE DI INGLESE!" "Ma dai! E ti è piaciuto?" "Tantissimo. E' bellissimo studiare inglese!" "E che cosa hai imparato?" "Sciiit!" "Come?" "Sciit, mamma. Sciit! Non lo sai che vuol dire?" "Aehm..." "Mamma, ma vuol dire fate silenzio, no? Non sai nulla" "Ah, sì... hai ragione! Come no?"
In fondo, non si comincia sempre dalle parolacce quando si vuol imparare una nuova lingua?
Autunno, mattina. Accompagno Emma a scuola in macchina. Le sponde del Trasimeno sono sempre state luogo di sosta per le migrazioni di tutti i tipi di uccelli e in questa stagione il cielo è pieno e a volta fa anche un po' impressione. Passa uno stormo che fa il cielo nero. "Emma, guarda quanti sono! Lo sai dove vanno?" "Certo mamma" "Ma dai? E allora dimmelo." "Vanno in vacanza, no? Quando qui fa freddo vanno in vacanza in un posto caldo e poi tornano quando il freddo è passato" "Ah." "Mamma?" "Dimmi" "Ma vanno in Tunisia?" "Sì, amore può essere. In Tunisia fa caldo." "Lo so. Nour c'è stata a trovare i nonni. Al mare." "Quando siete grandi, magari, potrete andare insieme in vacanza. Che ne dici?" "Eh, mi piacerebbe... ma non posso proprio. Da grande devo già andare a trovare Alma in Danimarca". "Ah"
Sono sparita, non scrivo più. Vorrei poter dire che sia stato per mancanza di tempo, di voglia o per inerzia. Oppure che sia stato il caldo, o il lavoro. Oppure la vita frenetica. Ma direi una bugia.
La verità è che qualche volta la vita non ti travolge, ma ti erode. Ti sembra che sia tutto tranquillo, che la tua vita proceda dentro una routine placida e comoda, fatta di giorni sereni e uguali. Eppure non è così, non del tutto. La vita quotidiana ti lavora agli angoli, smorza l'ironia, annulla l'allegria. "Hai qualcosa che non va? Non ridi più" No, niente. Ma che dici. Non è vero.
Però qualcosa c'è, magari. Nascosto in fondo ad un cassetto. Sì le rogne, i problemi, la famiglia, il lavoro, una bimba piccola, i soldi, corri corri, niente tempo, blabla, blabla. Ma non è questo. Non è solo questo. Un po' come la polvere, dentro di me si sono accumulate tante cose. La stanchezza, prima di tutto certo. Ma anche la routine dei giorni tutti uguali, la gabbia di un cliché, l'obbligo di fare certe cose in un certo modo. E i problemi, anche. I problemi, che però così sembrano montagne.
Così ho iniziato a lavorare su di me. Mi sono messa a dieta seriamente, seguita da uno specialista, tanto per cominciare. Ho ripreso a guardarmi allo specchio. Mi prendo del tempo per me. Progetto di tagliarmi tutti i capelli. Ho prenotato una fenice da tatuarmi addosso. Progetto uscite con mia figlia e con le mie amiche. Ho ricominciato a scrivere qui.
Emma è sempre stata malaticcia. O meglio, ha sempre sofferto di febbri improvvise e molto molto alte, ma il suo aspetto non è mai stato quello classico dalla bambina cagionevole. Anzi. Schiere di dottori a cui ho donato l'equivalente monetario di una vacanza alle Maldive mi hanno trattato come la peggiore delle mammine pancine cuccioline, dandomi della paranoica isterica perché "Ma signora, non la vede? E' il ritratto della salute!" E va bene, grazie, sarà anche 17 chili per 105 centimetri di altezza e 700 metri di lingua, ma l'esaurimento nervoso mi viene perché ogni venti giorni le si piazza addosso una febbre da cavallo che non se ne vuole andare, mica perché sono matta io!
E poi. "Sarà la socializzazione!" Ma va all'asilo nido da quando ha sette mesi, cazzo. Non si immunizza mai? "Ma quest'anno è tremenda, signora mia!" Sì, certo, son tre anni che c'è un'invasione di virus, presto saremo tutti zombie.
Poi, il mio pediatra SantoSubito (della ASl, lo voglio precisare) si è fatto venire un dubbio. - Signora, ma sarà pfapa? - Che?????? - PFAPA! Ma lei non ci va in internet? - Sì, ma non a fare le diagnosi, che mi monta l'ansia!
E insomma, dopo un bel prelievo di sangue (ricordate? Sì, proprio quello) ci siamo aggiudicati la sindrome più cool del web: la Pfapa. Cos'è? E' una sindrome che colpisce i bambini, la cui caratteristica principale è una febbre alta che si verifica periodicamente ad intervalli di 3-8 settimane. Ad oggi non sono ancora state chiarite le cause alla base della sindrome; l’ipotesi più accreditata è che la PFAPA rappresenti un disturbo dei meccanismi di controllo dell’infiammazione: l'organismo crede di dover affrontare una grossa infezione, ma si sbaglia. I sintomi sono vari e a parte la febbre sopra i 39° non è detto che si verifichino tutti; Emma ad esempio ha la febbre alta, una leggere infiammazione alla gola, i linfonodi del collo ingrossati e stop. Ma la febbre può durare anche 4 o 5 giorni. Come si ferma? Nurofen, Tachipirina, esorcismi, preghiere tibetane e tisane ayurvediche sono inutili. Ci vuole il cortisone. Una singola dose, almeno per Emma, ed è come spingere il tasto “reset” del PC. Comodo, no? No, perché in alcuni bambini avvicina gli attacchi e quindi bisogna sopportare a volte ed spettare che semplicemente passi. E in genere con l’età scompare. O, nei casi più insistenti, occorre togliere le tonsille.
E’ pericolosa? No, per fortuna no. Una volta (sì, è sempre esistita, anche se ha un nome solo dal 1987) si chiamavano “febbri di crescita” e le nostre nonne le trattavano con un scrollatina di spalle.
Stamattina, come tutte le mattine, ho tirato giù Emma dal letto e lei, come sempre, ha reagito con la simpatia e l'allegria devastante che hanno le formiche quando viene buttato giù a calci il loro formicaio da un bambino riottoso.
Le tolgo il pigiama e la piazzo sul water mentre ha ancora gli occhi chiusi. Mi giro, raccolgo il pigiama, mi giro di nuovo, mi rigiro di scatto. Oh, la gnocca arriva quasi a toccare il pavimento con i piedi, mentre se ne sta seduta lì, sopra al riduttore. Ma quando è diventata così lunga, esattamente? - Mamma, guarda!!!! Scende, va verso il lavandino e alza il miscelatore. - Ci arrivo da sola! Ok, è il lavandino più basso della casa. Ok, è tutto a posto. Ma io dov'ero mentre lei cresceva così??? Una voce mefistofelica dentro di me sogghigna e mi sussurra all'orecchio "Al lavoro, madre snaturata! Ecco dov'eri!!" Maledetto subconscio mammolo, ma ci stai zitto? "Buahahahhahah!" Ma ti impicci delle mammine pancine e mi lasci in pace?
- Mamma? - Dimmi, amore. - Ora ho quattro anni, vero? - No, Emma. Ne hai quasi tre e mezzo, non quattro. Per il tuo compleanno ci manca ancora: deve venire il freddo, poi Natale e poi... - No. - Come no, certo che è così. - No. No. Vedi? Arrivo al lavandino, sono grande. - Sei cresciuta, certo, ma in altezza. - ... - Ti vuoi misurare?
Andiamo al metro a forma di tigre appeso in camera e ci misuriamo. - Wow, sei 106 cm!!! - Te lo avevo detto che in altezza ho quattro anni.
Mare della nonna. Luglio. Caldo. E sono anche a dieta. Favoloso. Seduti al tavolino allo stabilimento, guardo Emma e Alice, la figlia dodicenne del mio compagno, sbranarsi un gelato sotto gli occhi invidiosi miei e dell'Amoremio (a dieta per solidarietà). Allegria.
Sono strappata via da considerazioni amene sulle calorie da urla e parolacce che provengono dalle nostre spalle. Tutti gli astanti girano la testa verso la fonte della diatriba. Un gruppo di ragazzini col ciuffo e di ragazzine limitrofe stanno prendendo in giro un uomo. Lo riconosco, gira sempre per lo stabilimento vestito da ragioniere, ma con tutti i colori dei vestiti sbagliati. Ama giocare a carta, i numeri ed ha l'intelletto di un bambino di sei anni. Lo stanno sbeffeggiando, gridano e lo spintonano. Lui reagisce mugolando, poco più di come potrebbe fare Emma al suo posto. C'è un ragazzino, forse il capetto del gruppo, che è il più aggressivo di tutti. Gli grida forte in faccia che non capisce niente e che deve stare zitto. E' così avvelenato che gli si muove il ciuffo sulla testa, nemmeno avesse vita propria. Lui ha gli occhi pieni di lacrime, risponde con voce stridula. Dalla mia posizione non capisco l'oggetto del contendere, ma qualunque esso sia mi sta salendo una rabbia che non posso più tollerare. Mi alzo per intervenire, ma l'Amoremio mi prende per un braccio e mi fa rimettere seduta. Lo guardo interrogativa e lui mi indica un ragazzo, coetaneo di quello col ciuffo, che dal fondo del bar si sta dirigendo, scuro in volto, verso il capannello. Va da Mr. Ciuffo e lo invita a smetterla subito, a prendersela con lui che può difendersi invece che con chi non può e che è, come è ovvio, un coglione. Il gruppo rumoreggia, ride, schernisce il Don Chiscotte della situazione che però non arretra di un passo, anzi inviata nuovamente Mr. Ciuffo ad andare fuori dallo stabilimento a misurarsi gli attributi in solitudine. Quest'eventualità sembra non piacere molto a Mr. Ciuffo che invita i suoi prodi ad andarsene che qui è una noia. Anche il proprietario dello stabilimento finalmente interviene tentando di sedare gli animi con fare annoiato, ma ormai è tutto finito. Mr. Ciuffo e la compagnia dei coraggiosi se ne vanno, Don Chiscotte se ne torna al mare mentre il ragioniere sbagliato torna a contare le carte seduto al tavolino. Sembra si sia dimenticato già di tutto, e voglio credere sia così. Emma non ha percepito nulla, ma Alice sì. Mi guarda, vorrebbe una risposta, ma l'unica cosa che mi viene da dire ad una dodicenne che ha già capito tutto è: "Mi raccomando: quando ti innamori non ti far fregare da quelli come Mr. Ciuffo che non valgono nulla. Scegli sempre, c'è speranza!"
Luglio. Mare della nonna. Fa caldo. Molto caldo. E quando fa caldo io sono più intollerante verso il genere umano tutto. Che ODIO. E che non si sa come mai si esprime sempre ai massimi livelli in ambienti collettivi e discinti come la spiaggia, dove l'italiano medio sa regalare al prossimo il peggio di sé. Se sono genitori, poi, è BINGO.
Cose che odio (elenco esemplificativo e sempre in aggiornamento).
1) I genitori che si mettono sul bagnasciuga a strillare alla prole ("Esci!!!! Ti ho detto esci!!!hai le dita raggrinzite, esci!!!!!") con la sigaretta in mano e nell'attesa spengono la sigaretta sulla sabbia spingendo giù il mozzicone per nasconderlo. Ma cazzo, ti preoccupi che tuo figlio abbia le dita raggrinzite dal troppo stare in acqua, ma di lasciargli pulito il mondo non te ne fotte nulla?
2) Quelli che fanno buche sul bagnasciuga di 5 mc e poi si dimenticano di richiuderle, sicché tu che porti tua figlia di 18 chili (ripeto di-ciot-to) a spasso sul passeggino per farla addormentare devi fare un percorso che il fil-rouge di Giochi senza frontiere ti spiccia casa.
3) Quei genitori i cui figli non dormono MAI, per cui alle due del pomeriggio, nel momento del riposo per tutto l'universo balneare, nel momento in cui tua figlia dorme spiaggiata come una foca permettono alla loro vispa prole di cantare/vociare/ascoltare youtube a 150 decibel. Svegliando tua figlia. Vaffanculo lo posso dire?
4) Quei genitori (ma anche nonni, zii, parenti accessori) che permettono ed anzi incentivano la ricerca di animaletti tra gli scogli al puro scopo di torturarli. No, lo scopo no è educativo, non cominciamo a dire fesserie. Andare in cerca di granchi, stelle marine, pesciolini e gamberetti per poi lasciarli sotto al sole in un secchiello con un dito d'acqua non ha nulla di educativo. Poi non vi lamentate se mi tocca fare il giustiziere della spiaggia.
5) In spiaggia ci sono tre contenitori per l'immondizia: plastica e vetro, carta, indifferenziato. Perché tu, bullo di periferia tatuato male, devi gettare il bicchiere della granita nella carta? Perché? Ti hanno bocciato tre volte in seconda elementare e non sai leggere?
Tutto quello che c'è nella mia testa...vita, amore, arte, libri, immaginazione, musica. Il tutto naturalmente immerso nella confusione più totale. Poco? Qualche volta, pure troppo!!!