La maternità è una esperienza bellissima, totalizzante e completamente rivoluzionaria per la vita di una donna. Una esperienza così forte da ribaltare la vita quotidiana come un calzino. E se come me avevate una vita a mille all'ora, capite bene che la rivoluzione si fa violenta.
Sono in maternità ormai da gennaio e mentre all'inizio gli ormoni mi dominavano almeno all'80% e mi facevano vivere come se i giorni fossero solo pezzi dello shangai da mettere in fila, ora all'improvviso mi sento diversa.
Mi sento ingabbiata in una routine in cui tutti hanno rilevanza tranne me, in cui devo far quadrare mille cose, pensare a mia figlia ma non solo, mantenere tutto perfetto, in ordine. E badare a lei, che ha bisogno di me. E' strano questo concetto, soprattutto per me, per me che ho sempre vissuto solo per me, senza dover mai ragionare su nessun altro che non fossi io.
E all'improvviso IO non conto più, sono in seconda linea ed i miei bisogni, le mie necessità e le mie volontà non sono più una ragion d'essere. Perché c'è LEI e il mio amore smisurato e tardivo per il suo sorriso sdentato e va bene, la maternità è una cosa che ho desiderato molto e non è che me ne lamenti.
Solo che la vita della neomamma è difficile. Ci sono giorni che sembrano fatti solo di ninne nanne e di frigne fatte per noia, mentre il mondo reale corre lontano e indipendentemente dalla mia volontà, senza il tempo per pettinarmi, per rendermi un attimo presentabile o anche solo per fare la pipì. Figuriamoci scrivere.
E nei giorni in cui mi sembra di aver cantato Fa la ninna, fa la nanna per un tempo sufficiente a far addormentare tutti e sette i nani di Biancaneve, mi sembra di essere fuori del flusso delle cose, dalla vita che aveva importanza prima e che ora sembra avermi dimenticata.
Paradossalmente all'inizio è stato più facile, forse perché Emma è sempre stata una bambina molto buona e mi ha fatto cullare nell'idea che potesse essere tutto facile. Ma non lo è.
Anche perché sto diventando vittima dell'ansia.
Ansia di non essere una buona madre, di non riuscire a fare e conciliare tutto, di non poter riafferrare al volo le fila della mia vita, di rimanere attaccata ad un palo mentre i miei giorni passano veloci. E si riaccendono anche le vecchie paure, come le ansie per i miei genitori, la paura di non aver abbastanza soldi (ma tanto i soldi non bastano mai, no?), il terrore che le persone attorno a me non siano felici.
Senza considerare le mie paturnie davvero ben motivate sul mio aspetto fisico e sull'essermi trasformata in una super mozzarella con le gambe (flaccide). Di questo magari parliamo un'altra volta, và.
Un quantitativo di ansie bello fornito, eh? Sufficiente ad avvelenarmi la giornata e a non farmi dormire. Non lo trovate ironico? Mia figlia dorme, ma io no.
Così ho parcheggiato mia figlia per un'ora da mia madre con la scusa di fare un solarim pre-battesimo ed un po' di spesa e mi sono presa un'ora d'aria. Ci vuole ogni tanto, no?
Ho fatto il lettino (ma è sempre stato così caldo? Ufff...) e poi sono andata a fare la spesa. Mentre giravo per gli scaffali ho sentito un bambino ridere a raganella da un passeggino. Non so perché, ma anche se sapevo perfettamente che non poteva essere lei, sono corsa a vedere e trovandoci un bambino che non era Emma, mi ha colto una nostalgia così forte, un pugno nello stomaco così improvviso che sono dovuta correre a casa.
E lei era lì, sul seggiolone.
E vedendomi entrare mi ha regalato un gigantesco sorriso sdentato.
Il mondo, all'improvviso, ha avuto senso.
Ora lo so, ce la farò.