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15 settembre 2014 1 15 /09 /settembre /2014 08:28

Pensavo che fosse facile, pensavo che fosse tutta una passeggiata.
Pensavo che gli altri che mi avevano avvertito nel corso degli anni su quanto potesse essere complicato fossero solo delle mammolette.
Eppure davanti al fatto compiuto mi sono rivelata nettamente peggiore di tutte le previsioni.
Sono pure peggio dell'amica piagnona che vive attaccata alla figlia. Peggiore di quella che predica l'autosvezzamento e la tetta forever.
Peggiore di quella che rinuncia al lavoro e si dedica alla prole scordandosi di sé.
Ho piagnucolato lasciando Emma all'asilo, mi sono sentita salire il groppo in gola così ingombrante da non andare più giù finché non me la sono riportata a casa.
Eppure ho sempre sostenuto come per me l'asilo per Emma fosse una scelta, non una necessità e ci credo ancora. Perché i bambini stanno bene con i bambini, perché mia madre possa essere più libera, perché è giusto così. Ma allora perché è così complicato?
Certo, dopo il primo momento di scoramento la razionalità prende il sopravvento ed allora vai a prendere un caffè e scopri di non essere sola, scopri che ci sono tante altre mamme che attendono il risultato del primo giorno di inserimento. E ti rendi conto che il problema non è solo il tuo, che è generalizzato, ma tu credevi scioccamente di essere diversa, di essere più forte, cinica e moderna e invece sei esattamente come tutte le mamme italiane che allevano il proprio figlio fino a 45 anni e continuano a chiamarlo piccolo mio.
Poi passa mi dicono, e cerco di ripetermelo anche io. Poi passa, poi diventa naturale, tutto fantastico, poi le si diverte, smette di piangere quando la  lasci.

Poi passa, poi passa, poi passa, ma quando passa? E l'unica cosa che mi ha un po' aiutato in questa difficile mattinata è stata la telefonata all'amica mia più cinica, ma che in realtà è avvantaggiata solo da un semplice fattore numerico e cioè che l'inserimento al nido lo sta facendo per la seconda volta con l'ultima nata e per questo sa prendere le cose col dovuto disincanto.

Allora è vero che la pratica vale più della grammatica...

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5 settembre 2014 5 05 /09 /settembre /2014 08:00

Lunedì sono rientrata al lavoro dopo otto mesi a casa.
Otto mesi sembrano tanti, ed in effetti lo sono: a pensarci bene sono 3/4 di un anno intero, una enormità di tempo in cui può accadere qualsiasi cosa oppure nulla.
Infatti 
E tornare al lavoro è stato come fare una doccia gelata in una giornata bollente: ti viene un colpo sul momento, ma poi ti senti rinvigorita, più forte e reattiva. Oppure ti viene una polmonite, ma questo è un altro discorso.
Insomma, sono rientrata a lavorare ed ho realizzato in un attimo quanto mi mancasse tutto ciò e di come la mia vita era cambiata all'improvviso portandomi alla deriva. Cioè, voelte mettere truccarsi tutte le mattine? E chi si truccava più? Che poi il problema non è truccarsi, ma trovare tre minuti per togliersi l'effetto panda la sera prima di andare a dormire.
Comunque sono tornata, con una routine ben stabilita che verrà però già duramente messa alla prova si da lunedì prossimo, quando mia figlia inizierà l'inserimento all'asilo. Ce la faremo? ce la fanno tutti, mi dico per farmi forza. 
In realtà non sono preoccupata per Emma, le educatrici del nido mi sembrano più simili a Biancaneve che alla Matrigna e sono certa che si troverà bene. Il problema sono io: riuscirò a far tutto?

A lavorare al massimo o almeno in maniera decente, far girare la casa in una maniera decente, non lasciare mia figlia al supermercato nel carrello, cambiare la sabbia nella cassetta del gatto, ricordarmi dell'Amoremio e bagnare le piante? E per fortuna che non cucino se non ad Emma, questo è competenza dell'Amoremio che è un provetto chef.
La mia vita è quasi sempre stata frenetica, incasinata e complicata. Ora, ovviamente, non è che possa migliorare.


Credo che le piante moriranno, ne sono quasi certa.

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2 settembre 2014 2 02 /09 /settembre /2014 14:27

Il giorno che sono uscita dall'ospedale con Emma in braccio avrebbe dovuto essere da copione uno dei più belli della mia vita: io, mia figlia e l'Amoremio a casa insieme. Eppure non mi sentivo bene, i dolori mi tormentavano e mi sembrava di stare su una nuvola e di recepire tutto attutito.

Arrivata a casa, l'Amoremio  posizionò me sul divano ed Emma addormentata nella carrozzina ed uscì per fare una dovuta spesa.

Io mi appisolai, piombando in un sogno strano in cui, badate bene, mi svegliavo su quel divano convinta che la mia gravidanza fosse stata uno scherzo, Emma non esistesse e la mia vita fosse sempre quella. Bèh, ero felice. Mi svegliai felice. Senonché un rapido sguardo alla carrozzina mi fece rendere consapevole che no, signori e signore, non si era scherzato affatto, la pupa esisteva eccome.
Piombai in un umore nero, iniziai a pensare che non ce l'avrei mai fatta, che ero uno zero, che l'Amoremio mi avrebbe lasciato e che probabilmente avrei ucciso per errore mia figlia.

E iniziai a piangere. Ebbi però la testa di chiamare mia sorella, anche grazie alle raccomandazioni delle ostetriche del corso preparto, e così lei e mia madre arrivarono di gran carriera. Piansi ugualmente tutto il giorno, ma mi aiutarono a lavarmi ed a sentirmi meglio, coccolarono me ed Emma, permisero all'Amoremio di riposarsi e di starmi accanto.

Insomma, passò quella sensazione, anche se a volte la notte, sventando Emma respirare continuavo a chiedermi cosa sarebbe successo se avesse smesso.

Sentivo storie di amore a prima vista coi propri neonati, passioni sconvolgenti che non danno respiro: io, a dire il vero, no. E mi sentivo una brutta persona. Io guardavo questo animaletto dagli occhi sbarrati con la paura di non sapere cosa farci e di non essere in grado di accudirla; lei, d'altro canto, mi trattava poco meglio di una mucca self service.

Poi il tempo è camminato, sempre più veloce, finché ha iniziato a correre in un batter di ciglia.
Ci siamo conosciute, guardate, studiate, annusate ogni millimetro di pelle.
Ed ogni giorno, ogni attimo in cui la guardo e lei ride o sta assorta in qualcosa, il mio cuore perde un battito.

Il nostro è un grande amore, fatto di sorrisi ed abbracci, di coccole rubate e sguardi celati. E mentre lei cresce troppo in fretta, reclamando già a sette mesi i suoi spazi di gioco e la sua autonomia, aggrottando la fronte proprio come l'Amoremio, ballando al ritmo di Veo Veo, io non posso far altro che esserne innamorata ogni giorno di più.
 

E quando rientro dal lavoro e mi butta le braccia al collo, il mondo diventa bellissimo.

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25 agosto 2014 1 25 /08 /agosto /2014 10:32

Dato che tra una settimana ricomincerò a lavorare, abbiamo iniziato con Emma l'inserimento a casa dei nonni. Non che non ci sia mai stata o che non ci si trovi bene, ma anche se poi andrà all'asilo deve comunque trovarsi completamente a suo agio a casa dei miei, ma deve abituarsi alla mia assenza.
Sia chiaro, Emma è già la khaleesi e regna con fare magnanimo sulla magione dei miei genitori, non è che si fa problemi, ma l'abitudine se la deve creare.
Così io, rimasta sola o in compagnia dell'Amoremio, mi sto riprendendo le lentamente i miei piccoli spazi.
Leggo, scrivo, soprattutto rassetto casa e mi faccio la doccia con calma. E faccio barattoli, tipo la marmellata di nashi o i peperoncini ripieni. Interessa? Semmai agevolo ricetta.
Ma mi sta succedendo una cosa strana: passata l'euforia da sbolognamento della nanerottola, passata la frenesia di fare le cose... Mi manca. Non so fare altro che pensare "Che farà?", "Che combinerà?", "Le mancherò?" oppure "Che strano, non sento rumori e la telecamera della camera è spenta..."
E non perché non mi fidi di mia madre, assolutamente. È che la casa mi sembra vuota e silenziosa, non me la riesco ad immaginare senza di lei. La vita prima, ma com'era? Non me lo ricordo più.
Più libera, certo, senza pensieri. Potevo leggere un libro in un pomeriggio, decidere se uscire o meno in un minuto, andare al cinema, uscire senza pensieri, stare fuori tutta la notte, guardare un film senza interruzioni e mangiare con tutta la calma del mondo. Potevo godermi tutta una stagione di un telefilm senza soluzione di continuità, fino alla morte celebrale mia o dell'Amoremio. Potevo tenere una conversazione che non includesse per forza argomenti come percentili di crescita, pappe e cacca.
Dormivo tutta la notte, mi alzavo alle dieci o comunque quando volevo, senza dovermi preoccupare dell'animaletto nel letto in fondo (ok, c'era il gatto che rompeva, ma non è uguale, via).

Era bello, era comodo e forse mi manca un po' la libertà di disporre di me stessa.

Ma poi, quando torna a casa, in braccio a suo padre e si sganascia di sorrisi con la sua bocca sdentata da settemesenne, quando mi si butta addosso felice e mi stringe forte penso che la vita prima era bella, ma ora è bellissima.

Vi si sono cariati i denti, dite la verità..

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18 agosto 2014 1 18 /08 /agosto /2014 18:32

Ho sempre avuto un sonno di cemento, di quelli che non vengono interrotti nemmeno dai terremoti o dai temporali, figurarsi dalle banali attività umane. Un sonno così pesante da essere diventato famoso perché da piccola, in occasione di un terremoto di media intensità, i miei scapparono con mia sorella, nota per il sonno leggerissimo, lasciandomi a ronfare nel letto. Appresi l'accaduto solo la mattina dopo, inzuppando granturchese nel latte e guardando il telegiornale. Non è stato bello. No. Nonono.
E non ho mai accettato nemmeno per ipotesi l'eventualità di non dormire almeno otto ore consecutive, scherzi? Il giorno dopo sarei stata come in coma!

Quando aspettavo Emma tutti mi dicevano che non avrei dormito, che avrei sentito lei agitarsi nella pancia. Vedrai! dicevano. Eppure sia io che lei ci siamo fatte delle gran dormite fino all'ingresso in ospedale.

Al ritorno poi, eravamo entrambe così stanche da non sentire le voci delle comari che dicevano: "Vedrai, ora che sei mamma non dormirai più come un sasso!!"
Chi? Io? Impossibile, inimmaginabile.
Eppure, forse proprio per questo è stato vero. La bambina che non sentiva la propria madre passare l'aspirapolvere sotto il suo letto si è trasformata in una donna che sente una farfalla che sbatte le ali in Cina.
Tremendo.

Mi sveglia tutto, anche il gatto che mangia le crocchette nel suo stanzino. O mia figlia che sospira.
Insomma, ho imparato a dormire con un occhio solo, a riposare a tratti ed a fare pisolini all'occorrenza ovunque possibile, tirando fuori energie che mai avrei creduto di possedere.
Specie in quelle notti senza fine, agitate dallo spuntar dei denti. Non so se avete presente. Io, ahimè, sì.
Otto ore consecutive.
AHAHHAHAHHAHAHAHAH!


Energie insospettabili risiedono nel fisico di una mamma, invisibili pure.
Eppure ci sono, cacchio.
Non saprei bene dire dove, ma ci sono.

Potere dell'essere mamma.

Ma poi passa, vero?

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24 luglio 2014 4 24 /07 /luglio /2014 08:04

Quando si è incinta, ma anche solo quando si inizia a parlare di gravidanza, una donna ha già mille idee in testa di quello che farà o non farà una volta che il pupo sarà venuto al mondo.
Mille idee gravitano nella testa di una futura mamma, e sono tutte giuste, signora mia! Idee ottime, degne di tata Lucia o della Signorina Rottenmeier, ma come si suol dire "Vale più la pratica della grammatica" e tutto (o quasi) quello in cui si credeva viene ribaltato dall'arrivo di un altro essere umano indipendente e spesso indisponente.

Alcuni esempi?

Avevo detto. Io non canterò mai assurde canzoncine a mia figlia, mai! Le farò ascoltare musica di un certo livello, a morte lo Zecchino d'Oro! Che poi, io cantare: MAI!
Ed infatti. In pratica vivo cantando Cocco e Drilli a mia figlia, unica canzone che quando è stanca o annoiata riesce a sedarla. L'hanno imparata tutti, nonni compresi. E' un mantra. Ma posso cantare di tutto, eh, da "Il ballo del Qua Qua" a "Sarà perché ti amo". Musica di qualità, sì. 

Avevo detto. Non diventerò mai una di quelle mamme che parlano solo dei propri figli, che infestano gli amici di conversazioni su cacca, pappa e nanna e che ammorbano tutti con le foto dei pargoli. Io manterrò sempre la mia identità!
Ed infatti. Avete per caso notato una svolta in questo blog? Nonono. Mica si parla di cacca, qui. 

Avevo detto. I miei interessi non cambieranno, resterò sempre me stessa. Non penso proprio che un figlio possa sconvolgermi.
Ed infatti. Sono diventata maniaca di abiti per bambini e preda degli ormoni.

Avevo detto. il congedo per maternità sarà una occasione per me stessa: potrò leggere di più, sistemare tante cose in casa che non sono come vorrei, iniziare a scrivere il mio libro.
Ed infatti. Quest'anno sono ancora solo a quota 15 libri, la mia casa sembra vittima di uno tsunami e il mio libro è a pagina 3.


E voi, cosa avevate detto?

 

 

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21 luglio 2014 1 21 /07 /luglio /2014 08:14

Io e mia sorella spesso ci dedichiamo allo shopping. Shopping il più delle volte figurativo, eh, nel senso che andiamo, guardiamo, parliamo male e torniamo a casa.
C'è la crisi, signora mia. 
Però con i saldi, e con mia figlia che cresce in maniera esponenziale, non ci siamo potute sottrarre e siamo scappate in uno dei negozi della catena di abbigliamento che si caratterizza con tre lettere dell'alfabeto in maiuscolo e che prometteva sconti fino al 70%.

Partiamo agguerrite io, mia sorella e Emma.
Ovviamente troviamo una bolgia indiscriminata di donne urlanti, tipico segno che i saldi ci sono davvero. Ma Emma ha bisogno di body e pigiami, quindi non ci facciamo scoraggiare. 
Mentre mia sorella è distratta alla ricerca di un voluttuoso paio di scarpe n. 19, si avvicina al passeggino di Emma una deliziosa bimba di circa due anni, apparentemente sola, occhi verdi enormi e due simpatiche codine, con in mano due minusoli vestitini retti da altrettanto piccole stampelle.
Guarda me, guarda lei. 
Accarezza la testa di Emma. 
Ma che carina! penso.
Guarda me, guarda lei.
E inizia a colpire furiosamente mia figlia con le stampelle dei vestiti che ha in mano. 
Panico.
Io rimango sconvolta, incapace di dire nulla. Mia sorella per fortuna interviene a gamba tesa, strappando le stampelle di mano alla piccola e gridandole "Cattiva!". Lei fa spallucce e se ne va trotterellando tra gli scaffali. 
Attonite ci guardiamo in faccia, dopo aver controllato che una accigliatissima Emma non avesse riscontrato danni fisici rilevanti. 
Dopo dieci minuti buoni compare nel reparto una donna, tacco 12 e capelli appena fatti dal parrucchiere che stizzita urla a destra e a manca "Rebeccaaaaaaaa! Rebecca, amoreeee!!"
Si gira verso di me e mi chiede: "Ha visto Rebecca?" come se sua figlia fosse famosa come Drew Barrymore in E.T.
"Ha le codine?"
"Sìììììì!!!"
"La piccola teppista è andata di là"
Mi aspetto mi chieda qualcosa, ma invece sorride e dice solo "Graaaazie!" scomparendo dietro la marmocchia.
Che puntualmente vediamo passare dopo dieci minuti.
Sola.

Ecco come sono le fighe di legno da piccole...

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18 luglio 2014 5 18 /07 /luglio /2014 07:42

Ho iniziato questo libro per curiosità, perché tra la pioggia di libri rosa sulla maternità ed affini questo è l'unico scritto da un uomo, Jon Rance, e mi sembrava molto ironico sin dal titolo: "Non son degno di tre".
Insomma, era stato definito Un Bridget Jones al maschile, no? E le mie aspettative di intrattenimento non sono state deluse. Il libro racconta con la formula del diario la storia di Harry, professore di storia trentenne allergico alla maturità.
Finché sua moglie gli annuncia di essere incinta.

Panico.
Moltissimo panico.

E qui inizia il libro, le disavventure di Harry, le sue tentazioni, i suoi malriusciti tentativi per nascondere mancanze assurde ed infantili, fino alla patetica relazione virtuale con una ex frustrata. Insomma, di tutto pur di scappare dalle responsabilità.
Un uomo abituato alla sua vita che si oppone al cambiamento con le unghie e con i denti, fino all'ovvissimo happy end.

Di primo acchitto non mi è sembrato un granchè, una piccola accozzaglia di banalità sulla irresponsabilità dei maschi e sulla sindrome di Peter Pan. E la moglie? Una roccia, un granito senza un tentennamento, uno squalo assettato di sangue e pronta a bastonare il marito al primo errore. Eppure le avrà avute pure lei le sue paure, le sue incertezze e le sue lamentele.
Insomma, non è che essere incinta sia una passeggiata di salute, la maternità è un cambio di vita sconvolgente anche per una donna, no? Anzi, soprattutto per una donna, non trovate?
Poi però ho realizzato che a scrivere era un uomo e che, ovviamente, quello era il suo punto di vista, un punto di vista che noi donne spesso non ascoltiamo né consideriamo se non con sufficienza. 
L'arrivo di un figlio cambia tutto, è inutile negarlo. La vita così com'era prima viene spazzata via e l'idea può far paura: riuscirò ancora a scrivere, a leggere, a fare quello che mi piace? Potrò ancora ubriacarmi e vivere come se non ci fosse domani, nel caso di Harry? E' importante continuare a essere sempre uguali? O cambiare non è poi così orribile?
E se è vero che l'happy end era scontato sin dalla prima pagina e che la nascita del bambino cambierà Harry ma non troppo, è vero anche che questo è un libro gradevole, che si fa leggere per la sua leggerezza ed ironia., un piacevole passatempo specialmente se state aspettando un bebè o se è arrivato da poco.

 

Per ridere un po' delle proprie paure.

 

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1 luglio 2014 2 01 /07 /luglio /2014 08:15

Appena è nata Emma credevo che i primi giorno della sua vita sarebbero stati per me i più impegnativi. In fondo, non ci conoscevamo e non sapevamo capirci, come poteva essere facile? Io non avevo nemmeno la manualità necessaria per cambiare un pannolino in un tempo accettabile, come poteva non essere un casino su tutta la linea?

Eppure mia figlia ha subito mostrato il suo lato angelico: poppate ogni quattro ore o anche di più la notte, propensione al pisolino, carattere tranquillo. Insomma, mi sono detta, allora non è poi così difficile!
Riuscivo a scrivere, telefonare, avere un minimo di vita sociale. Pure ad uscire la sera, nei limiti dei suoi orari da neonata.
Tutto a posto, quindi.
Sbagliavo, e di grosso anche.
E dire che quelli che mi apostrofano con la massima "Figli piccoli, problemi piccoli" mi sono sempre stati simpaticamente sulle balle. 
Oggi Emma ha cinque mesi ed è ben più impegnativa di prima.
Dorme di meno, vuole continuamente e giustamente attenzione, è curiosa di tutto e manifesta i primi segnali di mammite acuta.
Mi cerca, vuole stare in braccio, inizia ad interagire e tutto questo è meravigliosamente faticoso.
Anche perché la gnocca è otto chili per 72 cm, quindi inizia ad essere di difficile maneggio. Infatti è già arrivata la tendinite al braccio destro, che insieme al sonno frammentario e alla congiuntivite di cui mia figlia ha omaggiato gentilmente mi rendono ufficialmente una madre cariatide.
Anziana, proprio.

E qualche volta mi sembra di non farcela più, di essere al limite. Rimpiango addirittura certi esemplari di essere umano che animavano le mie giornate. Non sto mica bene, capire?


E poi, quando mi sembra di essere davvero troppo stanca per qualsiasi cosa, lei fa qualcosa di meraviglioso e sempre inaspettato: ride.
Un gest semplice, quasi banale in un adulto, che sul viso di Emma ha sempre la connotazione della magia. un gesto magico, sì, capace di aprire porte, spalancare portoni e distruggere difese corazzate.
Un tifone, un temporale estivo, una meraviglia.
Ride. 
Senza un perché, con la bocca sdentata. A raganella, magari, come ha imparato a fare de poco. Oppure da sotto il ciuccio, da impunita, come a dire "Lo sai che non mi puoi resistere".
E la fatica non esiste più.

Ma torna, eh.

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26 giugno 2014 4 26 /06 /giugno /2014 08:39

In un centro commerciale della mia città hanno costruito una specie di gabbiotto colorato "per le mamme", un luogo dove allattare tranquilli e beati, al riparo da sguardi indiscreti con le pareti disegnate da tenui motivi floreali. Una specie di prigione, a dirla tutta, colorata e pitturata in colori tenui, ma la sostanza non cambia.
Nella civilissima Ikea, top svedese nella parità uomo e donna al cesso grazie ai cd. bagni per famiglie e ai seggiolini su cui legare i neonati mentre fai pipì, non è che vada meglio.
Una bellissima sedia vista tangenziale, isolata dal resto del mondo da una parete di bambù, fatta apposta per le donne che allattano. Un luogo tranquillo, calmo e molto molto isolato dal resto dei tavoli.
Peccato che io non abbia usato quella zona, ma abbi allattato in mezzo all'altra gente che faceva merenda, senza peraltro che nessuno avesse nulla da ridire o mi guardasse in modo strano. Oppure, se l'ha fatto io non l'ho visto.

Almeno stavolta. Perché a volte mi è capitato di essere guardata in modo particolare, spesso con curiosità o addirittura tenerezza. Ma con lascivia, per fortuna, anche perché penso che non ci sia niente di meno erotico di una donna che allatta al seno, pure se c'ha una tetta di fuori. Via, siamo seri, se lo trovate sexy fatevi curare.
Da uno bravo.
Tanto bravo.

Perché se nell'allattare qualcuno trova ci sia qualche cosa di offensivo, allora anche io avrei molto da dire su tante altre cose ben peggiori. Vogliamo parlare della moda più inspiegabile di quest'anno, ovverosia le calze nere velate sotto gli shorts? Già gli shorts se ha più di quattordici anni sono vietatissimi come direbbe Enzo Miccio, con le calze nere sono rivoltanti.

Per dire.
Ma torniamo a noi.


Non voglio dire che ci sia malafede o voglia di ghettizzazione, forse semplicemente per molte istituzioni ed esercizi commerciali creare spazi appositi per allattare, confortevoli sebbene molto isolati, ben distanziati dalle persone normali, è inteso come un gesto delicato, che possa mettere a proprio agio le donne. Secondo me però è un gesto carino che finisce per far sentire ancora più sole donne che vivono un periodo complicato dell'esistenza in cui più che mai si ha bisogno degli altri e di una parvenza di normalità.

Allattare è un gesto naturale, perché nascondersi? E' vero, alcuni bambini possono irritarsi se non mangiano in un luogo tranquillo, ma magari si tratta solo di abitudine. Mia figlia, ad esempio, non fa prigionieri, dove si trova va sempre bene purché si mangi ed è pronta a lanciare il suo sguardo interrogativo più esauriente a chi la guarda anche solo con curiosità.

E voi che ne pensate?
Una donna che allatta offende la vostra visione del mondo e ?
Oppure lo trovate un gesto tenero e quotidiano?
Pensate vada fatto solo a casa o con la massima libertà?

 

Raccontatemi le vostre esperienze!

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Tutto quello che c'è nella mia testa...vita, amore, arte, libri, immaginazione, musica. Il tutto naturalmente immerso nella confusione più totale. Poco? Qualche volta, pure troppo!!!

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