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16 aprile 2013 2 16 /04 /aprile /2013 16:41

vintage_hamster_iv_by_cassiescrue-d4n9hyc.jpgIn alcune meravigliose religioni new age, spesso si associa la vita e la guida spirituale di una persona ad un animale, in genere mai un formichiere o un facocero chissà perché, che ne simboleggi la strada ed il destino. C'è chi ha animali nobili, come l'aquila o il leone. Chi animali scaltri come la volpe o forti come un elefante. C'è anche chi ha animali belli da vedere, come il gatto o la gazzella.

Io, a parte l'assurdità del caso, come animale guida devo avere un criceto.

Avete presente? Quegli animalini grigi e pelosetti, con la panza in bellavista, l'occhio ansioso e l'ossessione per le ruote?

Ecco, quella sono io.

Ultimamente mi sento sulla ruota come un criceto russo.
Corro, corro ma senza mai dimagrire nemmeno di un etto, vacca boia.

Ho l'ossessione di fare tutto, di finire, completare, migliorare, ma la realtà è che per quanto possa correre le scartoffie mi sommergeranno sempre.
Fino a soffocarmi in un bel giorno di aprile, probabilmente.

E sono pure allergica alla polvere, eh, che come ben sapete tra le pile di carte ci sguazza una meraviglia.


Lo so: sono fortunata.
Ho un lavoro chei piace, mille beghe ma anche soddisfazioni ed il piacere di aiutare gli altri quando se ne presenta la possibilità. Tutto sommato, c'è chi sta peggio.

È che sono ansiosa e prima della classe, l'Amoremio me lo rinfaccia giustamente con una doverosa frequenza. Salvo poi essere ben peggio di me, eh.

Forse devo solo riuscire a scendere dalla ruota, a non sentire  peso delle cose da fare, ad arrivare fino a dove posso e poi mettere un punto.

Sì, certo. Come se fosse semplice, come se fosse nel mio carattere.

Ma soprattutto, dicono che l'ansia fa dimagrire.

 

Cazzate.

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20 febbraio 2013 3 20 /02 /febbraio /2013 17:41

vintage-woman-with-pearls-looking-in-mirror.jpgNon mi guardo molto allo specchio, non mi piaccio.

Non mi piace rimirarmi, mi specchio il minimo sindacale. Giusto il minimo indispensabile per non andare in giro con una nutria morta in testa o per truccarmi.

Non sono mai stata una vanesia che si piace, non ,i piaceva specchiarmi nemmeno da piccola.

Non mi piaccio, va bene?

Non mi sono mai piaciuta.

Non mi trovo nemmeno particolarmente simpatica se è per questo, e quindi? E non mi tirate fuori tette le storie zen sul bisogna piacersi per stare bene con se stessi. Sono 37 che sto così e oramai mi trovo bene.
E poi specie se sono stanca mi sembra di vedere la faccia di mia zia allo specchio e proprio non mi piace.

Ma non è di questo che volevo scrivere.


Volevo scrivere della drammatica scoperta che ho fatto una delle rare volte in cui mi sono specchiata con un po’ più di attenzione ho fatto una orribile scoperta, più tremenda di quando scoprii che un orribile pelo nero e  spesso stile Amelia la-strega-che-ammalia spuntava imperterrito dal neo che ho vicino alla bocca.

Ho scoperto che mi sono venute le rughe.

Sì, le rughe.

Così, all’improvviso.

A tradimento.

Maledette.
No, non è la prima volta che le noto, ma prima era accucciate in un angolo, in sordina. Indisponenti, sì, ma anche un filino irrilevanti.
Ora no.

 

 

Le rughe d’espressione, ai lati della bocca e sulla fronte.

Ovunque, insomma.

LE RUGHE.

Non ero preparata, a dire il vero. Non ho mai nemmeno lontanamente pensato di comprare una crema antirughe e ora scopro che è troppo tardi.

Che poi, non è possibile, non ero preparata, non posso.

Cioè, le rughe: era ieri quando andavo in discoteca, facevo l’Università, combinavo mille casini! Vabbè, proprio ieri no, diciamo l’altro ieri al massimo!

Sono troppo giovane, è troppo presto! Ma come, a mio padre le rughe sono iniziate a spuntare a sessant’anni e io? Io non ho forse il suo DNA? Ma che legge è?

Ma non è giusto!

 

E soprattutto, che faccio?

Ci sono modi di evitare di diventare uno shar pei?

Ginnastica facciale?

Docce gelate?

Creme a base di bava di lumaca?

Gite a Lourdes?

Botulino come se non ci fosse un domani?

Rassegnazione al cubo?

 

L’ho presa bene in fondo, no?

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30 gennaio 2013 3 30 /01 /gennaio /2013 16:34

1490180254.jpgSotto le scalinate di Montmartre l’anno scorso comprai un braccialetto. Non particolarmente bello, a dire il vero, ma me lo ritrovai al polso contro la mia volontà, mentre un ragazzo di colore dal sorriso accattivante snocciolava all’Amoremio tutte le qualità degli italiani a dispetto degli altri europei. Affermando che, specie lui, la nazionalità ce l’aveva scritta in fronte.

“Per te, tre euro! Per americano, sei!” e rideva giù di gusto, come se l’accoppiata americano/pollo da spennare lo rendesse felice. Chissà cosa diceva, che ne so, ai francesi.

“Ora respira e… desiderio!” mi ordinò mentre lo legavo. E via, su, mi son detta: esprimiamolo ‘sto desiderio. Che costa in fondo?

E siccome il mio albergo era da quelle parti, tutti i giorni lo rincontravo e sbandieravo il mio braccialetto a mo’ di lasciapassare e lui buttava lì dei gran sorrisi bianchi.

Attenzione: pollo già spennato. Proseguire pure.

 

È passato quasi un anno da allora e il braccialetto sta ancora lì, al mio polso destro. Nulla ha valso l’incuria, le docce quotidiane, la spiaggia, i maglioni, lo sfregamento con altri più blasonati braccialetti.

Nulla, lui è rimasto lì, ad attendere il passaggio del tempo e delle stagioni, saldamente (più o meno) ancorato al mio polso.

Invece di rompersi e di fare il suo dovere liberando il mio desiderio, lui che fa? S’allarga.

S’è allargato, il bastardo, e  ora rischio di perderlo in giro. Di perderlo, capite? Senza che si sia rotto.

Ora, ovviamente non ci credo a questa storia del desiderio.

Chiaramente.

 

Se fosse così facile ottenere quel che si vuole, il simpatico ragazzo di Montmartre sarebbe ricco sfondato e con la fila fuori dalla porta. Però trovavo tutto molto poetico, quasi da film. Vuoi vedere che stavolta… e invece no.

Non è che Dio mi poteva mandare un segnale classico, tipo “Toh, s’è rotto e non è successo nulla”.

No. Per essere certa che io recepisca il messaggio, il bracciale s’è allargato, mi esce, ma non s’è rotto.

Del tipo manco-ci-sperare.

Anche se non è che ci sperassi poi granché.

E non è che io abbia espresso il desiderio di fare sei al Superenalotto o di ricevere direttamente dal cielo un bonifico da € 100.000 sul conto.

Io scelgo sempre cose banali, cose banali ma non facilmente realizzabili.

Magari al livello dell’impossibile o giù di lì.

Cose che da sola non posso realizzare, sennò faccio da me.

 

Ché mica dei braccialetti mi fido tanto, io, eh…

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18 gennaio 2013 5 18 /01 /gennaio /2013 12:28

vintage-gal-writing.jpgScrivere è sempre stato per me un luogo dell’anima, un posto della mia mente dove rintanarmi e non far entrare la paura, il dolore, le cose che non volevo né capire né vedere.

Il luogo della fantasia, certo, dei paesaggi fatati, delle principesse incantate, delle storie d’amore perfette.

Ma anche un modo per raccontarmi, raccontare e sfogarmi.

Scrivere per me è sempre stato vitale, ma anche naturale, un po’ come iniziare a camminare o a parlare. E se si considera che secondo mia madre ho iniziato a parlare per non smettere più, capirete la portata della questione.

E’ solo che ultimamente non riesco.

Non riesco a buttare giù tutte le idee e gli spunti che mi frullano per la testa. Sono troppi, oppure troppo pochi.

Non riesco a capire se la mia testa è troppo piena oppure è vuota del tutto.

E’ difficile spiegare la sensazione, ma mi capota di sedermi al computer, guardare la tastiera… e ecco, niente.

 

Perché non scrivi un libro?                                      

Non hai l’idea?

L’idea ce l’ho sì, ma…

Ma che cosa? Allora scrivi!

 

Ho sempre pensato che scrivere non fosse come cucinare, ché ti metti ai fornelli e qualcosa tiri fuori.  

Ci vuole la giusta predisposizione d’animo, è un attimo per sé proprio come farsi la maschera d’argilla contro la pelle grassa.

E’ impegno, è mettere in ordine una ridda di pensieri e vocine che fanno a botte nel cervello.

Ci vuole calma, e io forse in questo periodo sono troppo ansiosa, troppo presa in un vortice e troppo incasinata mentalmente per avere lucidità.

O forse ho solo perso le parole, per citare un cantautore famoso.

Fattostà, mi sento bloccata.

Imprigionata.

Chiusa in un tunnel da cui non vedo che un piccolo spiraglio di luce.

So già che per uscirne dovrà seguire quella luce, ritagliarmi angoli solo miei, seguire geometrie che non so disegnare, percorrere strade dimenticate. Non è un percorso facile, vuol dire trovare un equilibrio diverso tra le diverse me, tra tutti i personaggi che abitano il mio cervello e ci si azzuffano dentro. Mediare i miei vorrei, saper accettare le cose che non posso cambiare, ritrovare un centro che mi sembra smarrito.

Seguire la luce, sì, lo so.

Ma ora no.
Domani, magari.

 

Per ora vorrei solo sedermi nel tunnel e  dormire un po’, grazie.

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7 gennaio 2013 1 07 /01 /gennaio /2013 09:05

 

HappyBirthdayVintage.jpgOggi è il io compleanno.

Sì, sono nata il giorno dei saldi, quello in cui si torna a scuola dopo le vacanze, quello in cui di disfa l'albero di Natale ed il presepe. O, se preferite, il giorno dopo la Befana.

Che s'era scordata e ha rifatto il giro? Ma dai? Non me l'ha fatta mai nessuno la battuta.

Ad ogni modo, io il mio compleanno l'ho sempre un po' odiato e non mi riesco a lasciare andare. Sin da bambina questo giorno mi metteva ansia, ma proprio parecchia. Sia per l'idea di festeggiare in sé, sia perchè davanti alla faccia cortese che mi dice "Auguri!" mi vien sempre da rispondere "Anche a te!" manco fosse Natale.
Sarà che le feste sono ancora vicine, mi confondo.

Festeggiare: perché?
Che cosa, poi?
Il passare degli anni?
L'incedere impietoso dei giorni sui giorni?
Il ticchettio sempre più violento del mio orologio biologico, così forte che tra un po' mi lede un timpano?
O la caduta verticale delle mie chiappe?
L'ho già detto che non mi piace festeggiare il mio compleanno?
Che vorrei svegliarmi il giorno dopo?

Ad ogni modo, visto che sono coerente, oggi sono in ferie e festeggio. In modo parco, per carità, nulla di particolare. Mi faccio coccolare dal l'Amoremio, e poi il resto vedremo.

E poi devo festeggiare con le mie amiche, che m'aspettano al varco.

E anche la mia famiglia, certo.

Mia madre, nella sua normalità di genitore, insisteva sempre perché festeggiassi e organizzassi quelle festicciole che alle medie sdoganavano il pomiciamento (altrui) con la scusa del lento e del ballo al buio.

Ripensandoci, forse è questo che m'ha traumatizzato, non l'idea del tempo che scorre.

In ogni caso, come dicevo, son trentasette.

 

ARGH!

 

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6 novembre 2012 2 06 /11 /novembre /2012 08:47

crime_scenes.jpgSette e mezza di sera.

Grazie al recente cambio dell’ora è buio pesto, ma io devo fermarmi a  fare gasolio. Sì, io sono una di quelle donne con la pessima abitudine di mettere venti euro di gasolio dal 1999, incurante dei cambi di prezzo e delle oscillazioni del petrolio.

Capitemi.

Ah, non solo: sono anche senza contanti, quindi Bancomat.

Mi fermo alla pompa di benzina, che è leggermente fuori dal paesello, che comunque è il posto più noioso del mondo. Scendo, mi avvicino alla macchinetta per inserire il bancomat e cerco nel portafogli, quando alzando gli occhi vedo arrivare un furgone. Non un furgone grande, tipo camion, no. Uno tipo uno di quelli usati nei film americani per fare gli appostamenti e le intercettazioni sotto casa, pieni di apparecchiature audio e simili. O per rapire la gente, tipo.

In un attimo mi son vista in un romanzo stile Intensity di Dean Koontz. Avete presente? No? Peccato. O per fortuna, dipende dai punti di vista.

Che sciocchezza, penso dentro di me mentre infilo il bancomat, ma la mano mi trema leggermente.

Scende dal furgone un uomo smilzo, coi capelli lunghi e grigi, barba e baffi.

Sembra un ex hippy.

O un maniaco.

Mi guarda e mi sento gelare.

Mi tremano le gambe.

Oh cazzo.

 

In quel momento il bancomat sputa la mia tessera accusandomi di averla messa al contrario ed è un attimo: capisco che devo scappare. O adesso o mai più.

Guardando per terra (e tremando leggermente, credo) faccio il giro della macchina, chiudo il serbatoio, prendo la chiave e mi infilo in macchina, immaginando i suoi occhi che mi fissano come spilli che trapassano la mia giugulare. Salgo in macchina e metto la sicura alle portiere, mentre respiro forte. Sono al sicuro, penso, ma ancora le mie mani tremano nel girare la chiave per accendere la macchina.

Toc toc.

Faccio un salto di un metro dallo spavento.

Toc toc.

Mi giro e lui, a mezzo centimetro dal mio naso, separati solo dal vetro del finestrino.

Credo di aver urlato, oppure di aver fatto una faccia così scema da avergli fatto paura, perché ha iniziato a sventolare una tessera sotto il suo naso per mostrarmela. Cazzo, il mio bancomat, me lo sono dimenticato.

Apro di 56 mm il finestrino e lui gentilmente mi dice: “Signorina, s’è scordata il bancomat!” e me lo allunga dalla fessura.

Io lo afferro, soppeso la sua voce gentile (come quella di tutti i maniaci, è risaputo) e tiro su il finestrino.

E scappo.

 

Avrà pensato che sono scema. O pazza.

O furba.

Magari era l’idraulico.

O forse un serial killer.

 

Di certo devo smettere di guardare Criminal Minds e affini…

 

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7 settembre 2012 5 07 /09 /settembre /2012 11:35

Sono viva, eh.
Non sono emigrata o scappata, sono solo molto presa dal rientro al lavoro e da altre riflessioni sulla vita.
Tra cui, ad esempio: cambio auto?
La mia 206 sta su col fil di ferro e l'anarchia dell'aria condizionata in questa torrida estate è stata la dimostrazione della sua inadeguatezza. Linea dura. Cambio, sì.
O no?

Mentre ero in questi pensieri affaccendata, mi è capitata davanti la prima puntata di The Waiting, la webserie creata da Renault in occasione dell'importante  lancio ad ottobre della nuova Clio.
Già a luglio avevo visto il teaser della campagna (se l'avete perso, lo trovate qui) anche perchè il protagonista è Luca Argentero.
Come perderlo?
Che poi, tra l'altro, tutte le mie amiche o quasi lo hanno incontrato. Ad una ha offerto pure il caffè.
Io, invece, no.
Ora vado sotto casa sua a fare la stalker.
Dicevamo?
Aehm, sì.

Nel primo episodio di The Waiting il protagonista si trova ad affrontare strani enigmi: perchè gli oggetti colorati di rosso diventano blu? Ammettetelo, le arance blu sanno di transgenico. Chi è l'uomo misterioso? Vorrà fare del male al nostro eroe?
Devo dire che questo nuovo modo di fare pubblicità lo trovo assolutamente favoloso, non banale ed intrigante: molto meglio di chi mette una pin up in pantaloncini corti sul cofano di una nuova uscita! Non trovate?

Se volete saperne di più basta andare sul sito di waiting4clio ed iscriversi alla community. Attraverso l'iscrizione potrete accedere a contenuti extra (no, non il numero di cellulare di Argentero. ve l'assicuro. Ho chiesto.) e partecipare a svariati concorsi.

Io mi sono iscritta e ho partecipato al concorso Enigmi4Clio (lo trovate anche su FB): non è difficile, basta seguire bene la puntata e rispondere alle domande basate sull'episodio. Sarete abbastanza bravi da svelare tutti gli enigmi?
Sarà possibile giocare in cinque periodi di gioco, uno per ogni episodio di The Waiting quindi le possibilità non mancano.
Si possono vincere favolosi premi e inoltre, diciamolo, è divertente giocare all'enigmista!

Sul sito ho poi scoperto che se decido e prenoto dal sito waiting4clio la mia (possibile) futura Clio, Renault mi potrebbe regalare un bel viaggetto per due persone a Hollywood.
La macchina è proprio carina, e di sicuro l'aria condizionata non avrebbe tendenze anarchiche.
E poi, il viaggio...

 

Magari ci vado con Luca Argentero....

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25 luglio 2012 3 25 /07 /luglio /2012 17:32

tumblr_loi250zqa01r01k8no1_400.jpgMa voi maschi lo immaginate lo stress della donna media all’arrivo dell’estate? Avete anche solo una microscopica idea delle pressioni a cui i media ci sottopongono?

Ce l’avete?

Io dico di no.

Non sono ancora nemmeno spuntate le primule, le rondini non han fatto in tempo a ritornare sotto i tetti aviti che la pubblicità inizia la rumba estiva. Creme rassodanti, anticellulite, la cellulite che è una malattia e da tale deve essere trattata, e la chiappa su e la pancia piatta, e blabla blablabla.

Il tutto pubblicizzato da modelle bellissime che avranno sì e no superato la pubertà.

Come potremmo noi povere comuni mortali arrivare anche solo ad assomigliare a questi monumenti di chiappe sode?

Impossibile.

E proprio per questo dal mese di marzo regrediamo allo stato adolescenziale, vivendo di carote, sedano e  acqua e molestando insistentemente i nostri compagni di vita con richieste continue del genere: “Mi vedi grassa?” oppure “Secondo te sono grassa?”, "Sono ingrassata secondo te?" o comunque recitando il mantra tipico “Sono grassa, grassa, grassa, grassa.”

Anche se poi non è vero.

Ecco, magari in carne, ma grassa no, dai.

Rotondetta, tutt’al più.

Ok, sono grassa.

Vedete?

E’ una malattia.

Sono malata.

E grassa.

Malata e grassa.

Una tragedia.

 

Ma non è questo il punto.

Il punto è che spesso, molto spesso, l’ideale irraggiungibile fatto di gnocche che in confronto Barbie è una poverella è falso, è taroccato da programmi di fotoritocco, vestiti e luci ad hoc e molta carta patinata, irrealizzabile anche per chi come attrici, modelle & co. fanno del loro fisico un’arma di marketing e lavoro.

Così da poverina che non sono altro mi sono scoperta a sghignazzare da sola al computer davanti alle immagini rubate di attrici e showgirl di vario spessore “sorprese” dai paparazzi al mare intente a rilassarsi mostrando le pudenda.  Sghignazzare, sì, perché sebbene alcune di loro reggano l’obiettivo in maniera encomiabile, alcune insospettabili cedono di schianto.

A parte la Belen di turno, a cui tutto sta su in beffa della forza di gravità (magari basta ignorarne il concetto per esserne immune? Mah!), non c’è attrice che non risenta di quella brutta malattia: la cellulite.

 

E se ce l’hanno loro che spendono migliaia di euro in creme, massaggi e quant’altro la chimica e la sperimentazione scientifica propongono, non ce la dovremmo avere noi, comuni mortali che non possiamo investire capitali nella lotta alla ritenzione idrica e che dobbiamo limitarci a bere a forza tre litri d’acqua al giorno?

Ma soprattutto, io comune mortale non dovrei prendere un po’ per il culo (è il caso di dirlo) il lato B di Scarlett Johansson? Che adoro, eh, la amo sia chiaro. Però se poteva mette un altro costume, via.

Mentre sghignazzo non tanto sommessamente, sono spuntati gli uomini di casa, incuriositi: Nevruz e l’Amoremio.

Il primo si è limitato a voler tentare di acchiappare i laccetti del costume di Michelle Hunziker, il secondo per poco non rischia un infarto davanti a Lola Ponce.

Vabbè, lo perdono.

Per questa volta, e perché lei è veramente oltre.

 

“Tu sei più bella di queste qua” m’ha detto l’Amoremio.

“Grazie, amore. Quando hai detto che hai l’appuntamento con l’oculista?”

“…”

 

A parte tutto (lo so che mi amerebbe anche se avessi la forma di una tanica di benzina), vedere queste foto è sempre consolante.

 

Siamo tutte sulla stessa barca, in fondo, no?

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13 luglio 2012 5 13 /07 /luglio /2012 16:35

foto-copia-1.JPGIl gatto è una creatura meravigliosa.

Elegante, raffinata, da sempre con le sue forme aggraziate ispira artisti di tutte le fogge: scrittori, poeti, pittori, scultori. E pure gli Egizi. Anzi, no: secondo Giacobbo son stati gli alieni, e quindi i gatti hanno influenzato anche la cultura aliena.

Sì. Dicevo.

Ti aspetteresti da queste creature superiori un comportamento superiore, colto quasi.

E infatti.

Infatti, Nevruz.

 

Leggevo sul divano, quando un rumore sferragliante ha colpito il mio orecchio. All’inizio ho pensavo che fosse saltata la zanzariera, poi ho sentito il grido di dolore dell’Amoremio: “Brutta bestia inutilel!!! Guarda cosa hai fatto?? Mostro!!! Ti trasformo in un tappeto!! 

Corro in cucina e lo trovo con il MIO telefono in mano, il mio iPhone, quello nuovo. Sì, quello successivo alla mia disavventura.

Il TUO gatto l’ha fatto cadere dalla soglia della finestra e ora non si accende più!” mi informa l’Amoremio mentre il rosso felino fedifrago sceglie di defilarsi alla chetichella.

Prendo il mio povero cellulare in mano, esanime. Premo il tasto home, ma nulla. L’accensione, ma niente.

Deceduto.

Morto.

Possibile? Un saltino di un metro e mezzo e è morto? Così? Ma se il 3GS m’era volato giù dalle scale senza un graffio? Ok, non sapeva nuotare, però…

Mentre immagino di fargli la respirazione bocca a bocca (a che è servito sennò il corso di primo soccorso??), il mio più performante fidanzato si mette su Internet alla ricerca di risposte, mentre quell’opportunista rosso gli si accoccola sulle ginocchia guardandomi di traversop.

Mangiapane a tradimento…

Mi prende il telefono e preme il tasto home più l’accensione per 10 secondi… miracolo, ecco la mela che appare sullo schermo!!!!

MIRACOLO!

Funziona! Funziona!

Non so come sia possibile, né come si chiama questa procedura e se siete arrivati su queste pagine in cerca di numi siete nella cacca, vi avverto.

Ma funziona!

E soprattutto il gatto non rischia più di diventare un tappeto.

Per ora.

 

Forse è stata la buon’anima di Steve Jobs, chi può dirlo?

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31 maggio 2012 4 31 /05 /maggio /2012 17:37

imagesCA581LRM-copia-1.jpgInsomma, lo sapete no? Il mio iPhone il mese scorso s’è suicidato nel water. Evidentemente aveva assistito a troppe conversazioni nonsense tra me e le mie amiche oppure s’era solo stufato di me, ma alla fine  ha messo fine alla sua esistenza: è morto.

E niente, non c’è stato nulla da fare.

L’ho messo anche in una ciotola di riso come consigliato su Internet (mio cognato ancora ride). Niente. E’ deceduto.

Steve Jobs da lassù, ridendo come un matto, mi ha illuminata ricordandomi che il mio contratto con la 3 era in scadenza e quindi potevo stipularne uno nuovo e prendere il telefono vcon questa formula.

Bene!

Vado alla 3 e spiego la situazione, che vi riassumo:

1) Avevo un contratto TOP 800 (cioè 800 min al mese + sms e internet) per € 29,00 al mese

2) Essendo 800 minuti troppi, vista la nascita di whatsapp e affini e vista anche la crisi, decido di passare a un Top Smart 400 che, dimezzando i minuti mensili e aggiungendo l’iPhone 4s, mi permetta di mantenere inalterata la bolletta.

Facile, no?

NO.

La simpatica signorina della 3 sorride e mi dice: “No, non si può fare. Non si può variare il contratto verso il basso, ma solo verso l’alto”

“E chi lo dice?????” ho ruggito io.

Fa spallucce e  mi informa che “Può uscire e rientrare. Facile, no?”

Insomma, devo passare ad un altro operatore  poi tornare a 3.

Perché?

PERCHE’?

Vorrei sapere, cari geni del marketing , perché?

Mi odiate? O odiate proprio i vostri clienti in generale?

Perché infliggere sì fatte sofferenze?

Ma poi, se cambio operatore,  mi trovo bene e siluro la vostra cara azienda?

 

Sono stata tentata di strappare via i capelli alla commessa del negozio 3, poi ho realizzato che è un poveraccia esattamente come me, che non ha colpe e che prendermela con lei non mi avrebbe fatto risolvere la situazione in tempi più brevi.

Così, mi son messa l’anima in pace.

Sono andata in un negozio Wind e dopo varie disavventure al limite del fantozziano (prima o poi ve le racconto) mi hanno fatto la portabilità.

Poi di nuovo dentro a 3.

Dopo quasi un mese di patimenti, ho il contratto, il mio numero (sempre il solito) ed il telefono.

 

Non è idiota?

Per fare cosa, per dire “ho fatto 100.000 nuovi utenti”?

Ma siete scemi?

Chi è il vostro direttore generale, Paperoga?????

 Ecco, lo so che non succederà mai, ma gradirei che qualche pezzo grosso della 3 mi spiegasse perché per rifare un contratto con loro mi sono dovuta sbattere così tanto. Ma il cliente non era sacro?

 

Attendo vostre esperienze personali…

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Tutto quello che c'è nella mia testa...vita, amore, arte, libri, immaginazione, musica. Il tutto naturalmente immerso nella confusione più totale. Poco? Qualche volta, pure troppo!!!

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