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16 novembre 2006 4 16 /11 /novembre /2006 11:23

Ci sono cose immutabili e certe, che sai non potranno mai cambiare.

Il vento di tramontana soffierà sempre da nord. Il sole sorgerà sempre ad est. Sempre che, ovviamente, un meteorite non colpisca la Terra in modo così violento da variarne l’inclinazione dell’asse in maniera drammaticamente irreversibile. O che vi ritroviate persi per il quadrante Delta, ma a quel punto attenti ai Borg.

 

In ogni modo, al 99% dei casi, al mondo esistono certezze.

Non esisto né mai, né sempre.

Certezze?

Poche.

Sparute.

Episodiche.

E capisci che tra queste rarità ci sono anche le tue splendide amiche nel momento stesso in cui dividi chirurgicamente in tre un tortino di riso assai peccaminoso in una sera fredda ed umida di novembre.

Una sera fatta di chiacchiere, confidenze, pizza e amore.

Chiacchiere serie e facete, allegre e tristi.

Inciuci e passioni.

Delusioni e gioie esplosive.

Frequentanti, amori, attese.

Paure, noie e voglia di vivere.

Sesso, uomini, psicodrammi e risate a crepapelle.

 

Quel che sarà domani, nessuno lo sa.

 

Ma oggi è bello avere il conforto di chi è un po’ come te, ma allo stesso tempo è diverso in tanti piccoli particolari.

Sfaccettature diverse della stessa, bellissima e luminosa gemma.

E me ne sono resa conto come per caso, prendendo atto di una certezza che penzolava già nel mio cuore e nella mia testa.

 

Amiche non si diventa, amiche si nasce.

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13 novembre 2006 1 13 /11 /novembre /2006 10:03

Novembre, per usare un francesismo, è proprio un mese del cazzo.

Da un giorno all’altro il tempo cambia, fa un freddo cane a cui ancora non sei abituato.

E poi c’è la nebbia.

Una nebbia così fitta che pensi di stare in Valpadana e invece sono i colli del Trasimeno.

Una nebbia così densa che ti aspetti Gary Oldman uscirne all’improvviso indossando canini di plastica performata.

Io vorrei due buone ragioni per amare l’arrivo dell’inverno.

Non cinque, non quattro, non tre: me ne basta due. Due piccolissime ragioni.

E non tiratemi fuori la storia che l’inverno è bello perché ci si può rotolare sotto il piumone per ore ed ore con l’uomo della vita al calduccio e stare davanti al camino scoppiettante mangiando schifezze e facendo pucci pucci per serate intere.

Vi ricordo che sono single.

Al massimo c’ho la mia gatta amatissima e cicciona che cerca di esautorarmi dalla coperta di pile azzurra che tengo sopra al letto, in modo da averne il pieno possesso globale ad arrotolarcisi dentro in maniera totale. Magari buttandomi giù dal letto e diventando la regina del piumone.

Piumone che è difficilissimo da lasciare la mattina, quando l’aria della camera ti gela il naso.

Quindi.

Questo tempo mi mette di cattivo umore e la nebbia rende i miei capelli ancora più spaghetti di quello che sarebbero in natura. E la cosa è di per sé quasi impossibile.

Ed il piumino mi fa sembrare l’omino della Michelin dopo le festività natalizie. Grassa. Brutta. Orribile.

Quando arriva l’estate?

 

Sento freddo.

Orribile novembre, solo l’inizio di una lunga stagione di buio e gelo. Mi domando, ma come faranno nei paesi scandinavi a tollerare sei mesi di buio inverno senza speranze? Come il tasso dei suicidi? No, perché secondo me è un clima favorisce la produzione e proliferazione di depressi e serial killer.

Sole, sole, sole.

Scaldare un pochino di più, no?

E poi lo vogliamo dire? Alle cinque e mezza è già buio. Si può? Si può??

Ma quand’arriva l’estate?

 

L’umore nero, come il cielo sopra la mia testa, l’aria spazzata dalla tramontana e la pioggia che non si sa se verrà. Ma forse no. Io, proprio io, che ho passato l’ultimo anno a cercare di non piangere, a ripetermi che le lacrime vanno usate solo per nobili ragioni, non farei altro che frignare.

Il mondo mi odia.

Mi sento sola.

Non ho talento.

Non mi sento realizzata, magari non lo sarò mai.

Me tapina.

Me poveretta.

L’incompreso in versione umbra.

 

Per fortuna basta poco.

 

Una mail di chi non ti conosce di persona, ma sa leggerti l’anima e toccarti il cuore come se abitasse accanto a te.

Un “Ti adoro” improvvisato.

Un regalo inaspettato fatto solo per veder nascere il tuo sorriso da chi ti conosce come il fondo delle sue tasche.

Un “Chiama se hai bisogno” urlato dal fondo di un corridoio da chi sai che ci sarà sempre, magari silenziosa ma presente.

 

Ed anche novembre ha le sue giornate di sole.

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8 novembre 2006 3 08 /11 /novembre /2006 12:48

I miei genitori sono proprio come certa parte dei politici di destra che affermano senza remora alcuna che lo sterminio degli ebrei non sia mai avvenuto e che i campi di concentramento fossero in realtà piacevoli strutture ricreative e prototipi di beauty farm.

Con la stessa bovina e caparbia faccia tosta, i miei genitori quando si parla della mia adolescenza ed anni limitrofi, negano.

Facciamo un passo indietro.

 

Sono nata a gennaio.

Così, per non farmi saltare un anno intero e visto che ero una bambina sveglia, mi mandarono a fare la celeberrima primina da una insegnante privata, due pomeriggi la settimana. Il fatto che avessi fatto a botte con metà dei bambini dell’asilo e fatto nascere un bozzo in testa a forza di colpi di Lego alla bambina bionda antipatica con i boccoli non credo sia stato rilevante per la scelta dei miei genitori.

E’ che proprio ero una bimba sveglia.

Così entrai a scuola direttamente in seconda elementare.

A sei anni.

Se questo mi ha portato innumerevoli vantaggi, come il finire l’università con un anno fuori corso ma con una età da “in corso”, nella mia adolescenza mi ha tarpato letteralmente le ali.

 

Posso andare in gita a Parigi con la scuola?

No, sei troppo piccola

Posso avere il motorino?

No, sei troppo piccola

Posso scegliere che scuola fare dopo le medie?

No, sei troppo piccola

 

Va da sé che per studiare non ero troppo piccola, né per badare alla mia sorellina (già) rompiballe.

Fattostà che, al momento di scegliere la scuola, voce in capitolo non ne ho avuta.

Ma si sa, i genitori scelgono secondo logica e coscienza, in base alle attitudini ed alle inclinazioni dei figli.

Possono farlo molto meglio di loro, che magari possono basare le proprie scelte su quelle delle amichette del cuore o all’euforia del momento.

Giusto che in certe decisioni intervenga il controllo parentale.

Quindi, è giusto che se la propria primogenita viene promossa con ottimo in terza media ed è considerata un piccolo talento letterario, venga iscritta senza colpo ferire all’istituto tecnico.

Perché l’unica del paese.

Così non sarei dovuta andare a Perugia, chè ero troppo piccola.

Inutile puntare i piedi. Sbattersi. Piangere.

No, no, no.

Così si fa.

Noi sappiamo cos’è meglio per te.

E questa è casa mia, e qui comando io.

E poi scrivere non dà da mangiare.

 

Peccato che la tranquilla scuola superiore a cui i miei mi avevano iscritta d’ufficio, a parte avere delle materie che detestavo (merceologia??? E che roba è?), fosse frequentata dalla feccia della società. Avevo alcuni compagni di classe dell’età degli insegnanti, pluriripetenti che ammazzavano il tempo a scuola e minorati assortiti che rullavano canne in classe. Avevo anche il bidello maniaco e pedofilo che mi chiamava principessina.

Un bell’ambientino.

Da cui sono scappata appena ho potuto.

 

Così sono passati cinque anni, due in riformatorio e tre all'ITC Capitini di Perugia, divisione Programmatori. L’élite, in pratica. I genietti della scuola. Sono passati noiosi, campando di rendita, inanellando bei voti e pessimi giudizi caratteriali, continuando a non capire la differenza tra conto economico e finanziario (tutt’ora non lo so, vi prego illuminatemi!) ed a sentirmi diversa da tutti gli altri.

Considerando che ora, per modificare il mio template devo piangere miseria presso colui che tutto può, devo dire che è stato tutto molto utile.  Però conosco il COBOL.

Lo so, un po’ è l’adolescenza che ti fa odiare tout-court tutto della tua vita. Ma molto era anche dovuto al fatto che on era quello che volevo. E oramai per tornare indietro era troppo tardi.

Che nervoso.

 

Ed ora, anno del Signore 2006, i miei genitori affermano tronfi davanti ad una coppia di amici in visita intenti ad annuire che bèh, in effetti loro sono per l’autodeterminazione dei figli. Chè, è ovvio, devon prendere coscienza da soli della vita, fare le proprie scelte e non essere condizionati.

Davanti alle mie rimostranze un tantino (come dire) accorate e veementi, non solo hanno sgranato gli occhi, ma mi hanno dato della bugiarda esaurita e/o malata di nervi. Oltre che figlia degenere.

Siccome non hanno ancora superato la sessantina, può essere solo arteriosclerosi precoce.

 

Non che frequentare un liceo mi avrebbe cambiato la vita, o reso la vita innegabilmente migliore o con più talento. Magari ora sarei disoccupata, o mi toccherebbe fare la cameriera in qualche pulcioso pub irlandese del centro gremito di ragazzini erasmus urlanti.

Oppure no.

 

Il mio unico cruccio, a dire il vero, è che al mio paese ci fosse una sezione distaccata dell’istituto tecnico e non della scuola professionale per estetiste.

 

Almeno, ora, saprei fare la french.

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6 novembre 2006 1 06 /11 /novembre /2006 15:21

Tattatà Tatatàààààààààààààà Ta Tattattatàààààààà Tààààààààààààààààààà

 

Siori e siore, benvenuti alla prima edizione del Tg Phoebe, oggi e per sempre una volta a settimana (o magari al mese o al trimestre, dipenderà dall’audience, dall’auditel e, soprattutto, dalla voglia della sottoscritta) su questi scintillanti schermi

 

- Esteri

Congo. Mentre si attende che vengano resi noti i risultati della seconda tornata elettorale che (pare) trasformerà dopo quasi 40 anni di dittatura, anarchia e disordini il paese africano in una democrazia, torna alla ribalta il dramma dei minatori del Katanga, cercatori artigianali che ogni giorno scrisciano in cunicoli minuscoli per grattare via il prezioso minerale, la cassiterite, dalla roccia e far sì che pc portatili e cellulari rendano più confortevole la nostra vita di occidentali pancioni e pigri.

E non solo: anche zinco, cobalto, oro e diamanti, persino uranio. Tutto viene grattato via senza protezione alcuna. Dove non arriva la fame, arrivano le radiazioni e le polveri inalate sin da bambini. Inestimabili risorse ed inestimabile povertà.

Cambierà qualcosa con la democrazia? Certo, arriveranno le grandi compagnie estere, meccanizzeranno tutto. E allora vincerà la fame in una nazione ricca.

 

Lodevole iniziativa dell’Internazionale: una cartolina per Anna Politkovskaja. L’Internazionale, l'editore Adelphi, l'associazione Articolo 21 e il canale satellitare Nessuno TV promuovono un'iniziativa in memoria della giornalista russa uccisa il 7 ottobre 2006. Lo spirito dell’iniziativa è quello di non dimenticare l’operato di una donna coraggiosa e piena di talento, sulla cui morte si vuole stendere un velo.

La cartolina è nel numero in edicola di Internazionale e nelle principali librerie italiane.

Fate questo piccolo investimento e comprate un francobollo da 60 centesimi di euro.

 

- Interni

Italia. Il nostro governo fa schifo. La finanziaria fa schifo, è coraggiosa, tagliente ed innovativa quanto Winnie The Pooh. E’ che i nostri politici, quelli di tutti gli schieramenti, sono vecchi. Datati. Anziani. Anacronistici. Con una media di età appena sopra quella al ricovero all’Ospizio della Casa Serena. In media. Non capiscono la realtà in cui si trovano, sono ancorati a vecchi schemi che non sono più aderenti alle necessità di un mondo che viaggia alla velocità della luce. E allora? Allora, dopo Zapatero, siccome le mie speranze in Italia non so più in chi riporle, il mio faro nella notte in questo momento è Barak Obama. Sarà il nuovo Presidente degli USA? Noi speriamo di sì.

 

- Tecnologia

Scarti tecnologici. Aggiustarli: si può? Il bellissimo lettore MP3 simil-Samsung da 2 Giga con schermo a colori acquistato su Ebay dalla ns. redazione quest’estate giace in coma. Equipe mediche e tecnologiche si sono alternate al suo capezzale inutilmente. Il solerte Giacomo ha provato pure con il massaggio cardiaco. Inutilmente. Che faccio, chiamo il dott. House? La nostra redazione lancia anche lei una lodevole iniziativa. Se sapete come rianimarlo scrivete a Salvate il lettore MP3 di Phoebe. Il promotore dell’idea risolutiva verrà ricompensato. Come? Dipende.

 

- Cronaca rosa e Gossip

Roma, Monte Sacro. Nel giorno benedetto e celebrato in tutto il globo di Santa Silvia, in una sgargiante giornata d’autunno è venuto alla luce nella capitale, in tutto il suo splendore di 3,340 kg e 51 cm di lunghezza il rampollo di una importante dinastia capitolina. Omaggi e congratulazioni alla madre ad al padre da tutte le celebrità del mondo che conta. Me compresa. AUGURI!

 

Perugia. Pare che Laura Chiatti abbia lasciato il fidanzato calciatore fallito per Silvio Muccino, il cui il pedigree è indubbiamente migliore. Non so se sia vero, ma se non è una trovata pubblicitaria e lei se lo tromba veramente, la nostra redazione quando la incontra di nuovo le stringerà calorosamente la mano con un pizzico di invidia. Chè a noi, il ragazzino con la zeppola c’è sempre piaciuto. Assai. A parte quando fa finta di essere scrittore.

 

 

 

Meglio di Tgcom, eh???

 

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30 ottobre 2006 1 30 /10 /ottobre /2006 15:18

Il sabato pomeriggio d’autunno è un giorno placido, un momento di relax destinato al defatigamento del mio cervello mononeuronale e, volendo, anche allo shopping. Ma sempre nella massima quiete, sentendosi liberi e pigri come la mia gatta stiracchiante sotto il sole tiepido.

Mentre approfitto della bella giornata passeggiando per le colline umbre con la mia amica Babi e la sua pupattola di un mese o poco più, mi suona il cellulare: è mio padre.

Che, da vero tossico del calcio, si è ricordato solo ora di aver finito la ricarica del digitale terrestre.

E stasera c’è il derby!!!! Dai, su, vammela a comprare che io son a raccogliere le mele nel frutteto!

????

E dai!!!! Figlia degenere!”

Eccolo qui.

Lui gioca a fare l’agricoltore e io devo lottare in un supermercato di sabato per la ricarica.

Lo so, è ridicola la storia del digitale terrestre.

Inutile.

Anzi, disutile.

E’ pure di Berlusconi.

Ma trovo che per la mia vita sociale, vista la spiccata propensione ad ipnotizzarmi davanti a qualsiasi genere di documentario (anche quelli stile “Mbuti! Chi li ha inventati? Da dove vengono? Quanti ‘mbuti sevono per fare uno ‘mbuto? Su Rieduchescional Channel!”) verrebbe azzerata dall’arrivo di Sky nella mia vita.

Finirei a vedere il rituale di accoppiamneto dell'orsetto lavatore del Canada del sud il sabato sera, con la pupilla dilatata ed il sacchetto di patatine in mano.

Perciò, come palliativo, ho dotato di decoder e tesserina mio padre come regalo per il suo compleanno.

Così sta buono.

Evvai.

Vado al supermercato.

Prendo tre cosette, dribblando famiglie con ragazzine urlanti e coppiette pomiciose.

Mi metto in fila alla cassa.

Ovviamente, 853 persone in fila, due casse aperte.

Ovvio.

Aspetto paziente vedendo sfilare tonnellate di cibo.

E penso, come al solito, che l’80% di quello che si butta sono gli imballaggi dei prodotti, le confezioni sgargianti, il superfluo ingombrante.

Una coppia sulla cinquantina dietro di me, entrambi in tuta si lamenta della lentezza delle cassiere. Inizia un bel discorso edificante sull’economia rapportata agli ipermercati in cui io rimango spettatrice finchè la signora in tuta, tapina ignara, chiede: “Lei che ne pensa, signorina?”

“Guardi, io in genere vado al Penny Market* e questi problemi non ci sono!”

Mutismo.

Come troncare una conversazione.

Tutti in fila.

Ma, finalmente, tocca a me.

Tonno, prosciutto, robiolino…

Io:”Mi dà una ricarica della Mediaset Premium da 10?

Cassiera: “Ecco qui. Eh, da quando è iniziato il campionato ne vendiamo tante!

Uomo in tuta: “EH! I poveracci che non hanno Sky!!

Io:”E’ che non lo voglio fare. Sa (rido) vorrei mantenere una parvenza di vita sociale…”

Uomo in tuta:”Costa troppo, eh!!”

Io (rendendomi conto che è la seconda volta che mi dà allegramente della poveraccia):”Non è questo. E’ che guarderei sempre la televisione e invece la sera mi piace leggere o uscire

Uomo in tuta: “Leggere! Voi comunisti siete tutti uguali!!

Sbarro gli occhi.

Magari ho sentito male.

Ma l'arietta tronfia dell'omino in tuta mentre si alliscia i baffi è palese.

Io:"Grazie del complimento e buona giornata!"

L'uomo in tuta arriccia il labbro superiore, la moglie ride non vista.

Ma dai?

Non pensavo che dai mie tratti somatici si potesse risalire in maniera così evidente ad un’idea politica!

Eppure, pensavo di vestirmi anche abbastanza stilosa, almeno secondo Cosmopolitan!

 

Vado.

Sennò lo meno.

E picchiare le persone anziane sta brutto.

 

 

Ed il Milan ha pure perso…

 

 

* Delle mie avventure al Penny Market parlerò diffusamente più avanti

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26 ottobre 2006 4 26 /10 /ottobre /2006 17:58

Io sono cattolica.

A volte.

Cioè, a volte sì a volte no.

No, non nel senso che sono indecisa, ma vado a periodi.

Sono cattolica, ma non praticante.

Che poi, perchè praticanete deve essere uno che va fisicamente in Chiesa?

E se uno va a dormire all'ultimo banco?

Dentro di me c’è un forte desiderio di spiritualità (no, non mi fraindendete. Non vedrete mai Phoebe monaca…) e quindi periodicamente provo a riavvicinarmi alla religione cattolica, complice anche il parroco del mio paese, missionario rimpatriato a causa della puntura della mosca tsè-tsè.

Ed è rimasto alquanto scombinato dalla puntura del mefistofelico quanto mitologico insetto.

Credo che presto Papa Benedetto XVI lo brucerà sul rogo.

Temo anzi che faccia la fine di Milingo…

 

Mi avvicino, comincio a frequentare la chiesa. Sentendola come una necessità. No, non sotto le feste comandate e/o ricorrenze luttuose. Accade e basta.

Però poi… Poi succede sempre qualcosa che mi indispettisce, fa arrabbiare, incazzare, litigare indi litigare ancora.

 

Già nel 2006 sentir parlare di gente che vive nel peccato perché convive o è divorziata, mi fa salire il fastidio. Una mia amica è stata d recente cacciata fuori dalla molto pia, nonché simbolo della cristianità in tutto il mondo,  basilica di S. Francesco perché in confessione ha dichiarato il suo status di donna divorziata e convivente. Al suo rifiuto di tornare col marito, il sacerdote è uscito dal confessionale, l’ha presa per un braccio e buttata fuori.

Bravo.

Bene. 

Vogliamo allora parlare di PACS? No, perché io sono a favore e sono cattolica, come faccio????

 

Come diceva mia nonna “Ma i gay sono malati?? Li potrebbero mettere in una comunità di recupero, magari guariscono!” Ma mia nonna, per quanto moderna ed aperta, aveva quasi 80 anni ed è vissuta e cresciuta nella verde campagna umbra. Un altro secolo, altri pregiudizi. Che non dovrebbero esistere più, però ci sono.

No ai matrimoni tra omosessuali. Non parliamo poi di adozioni!! E i diritti… quali diritti???

Se Gesù nascesse oggi, sono sicura affermerebbe che basta l’amore. Ed è a volte parecchio di più di quello che hanno certe coppie etero, sposate e in regola.

 

Non ci posso fare nulla, sento parlare dell’amoralità dell’uso del preservativo nell’era dell’AIDS e mi girano le scatole. Specie nei paesi africani, evangelizzati a suon di pagnotta e matita dopo esser stati colonizzati e strizzati, dove il virus dell’HIV impazza e banchetta allegro e contento. La soluzione per la chiesa? Pregare, perché la scienza non basta!

E praticare l’astinenza! Come abbiamo fatto tutti quanti a non pensarci???

Prega, prega…

Particare l’astinenza. E come si fa??

Come minimo si diventa serial killer. Professionisti.

Chiamate Grissom.

Chiamate Orazio.

 

Politicamente poi, odio le ingerenze della Chiesa Cattolica nella vita politica. Io ho capito che siamo lo stato che ospita il Vaticano, però porca miseria…

E poi, questo nuovo Papa salito al soglio pontificio dopo un grande uomo (sempre troppo chiuso e bigotto per me, ma sempre un grande uomo), afferma la non ingerenza della Chiesa, cosa dire se non APPLAUSI?? Ma per favore, per favore!

Sarà che per me la laicità della politica è essenziale. Aborto e divorzio sono leggi irrununciabili in un paese moderno. Poi, si può scegliere se servirsene o meno.

Lo stato DEVE essere laico, e non solo sulla carta.

Perché poi tutti i vari partiti politici, leccano l’anello pastorale con una certa frequenza.

E i bambini morti senza battesimo? Vanno in Paradiso, ovvio. No, vanno nel limbo!! Ma se aspettano un paio d'anni a nascere e morire, magari gliela possono fare a prendere l'ascensore per i piani alti.

Per ora, però... NADA!

 

Insomma, io brucerò all’inferno.

Per fortuna, però, il mio parroco semi-eretico (che dà senza batter ciglio la comunione ai separati) ed altri piccoli grandi esempi mi danno una speranza.

Tornerò alla mia chiesetta in cima alla collina? Sì, certo. Lo farò prima o poi. Ma poi ci litigherò di nuovo. Perché mel tollero per carattere imposizioni e nonsense. O magari solo perchè ho senso critico...

E poi ci tornerò ancora, perché è la mia cultura, il mio background che mi chiama.

Indi riscapperò via ancora.

 

Nei secoli dei secoli.

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20 ottobre 2006 5 20 /10 /ottobre /2006 08:55

A Perugia non succede mai nulla.

E’ un posto tranquillo, pazzi psicotici a parte.

Non succede mai nulla, già.

Città pigra ed annoiata.

Retaggi massonici a parte.

Un posto piccolo borghese, sbadiglievole e in cui i cambiamenti avvengono a passetti invisibili.

Qui il traffico, orripilanti ed antiestetici disagi da Minimetrò a parte, consiste in due macchine in fila davanti a te.

Sempre così, estate e inverno, pioggia e sole.

Tranne per due fatidiche settimane all’anno: quella di Umbria Jazz a metà luglio e quella di Eurochocolate in ottobre. Ora, entrambe le manifestazioni sono accolte dallo spocchioso perugino medio con moti di disgusto e spocchiosa rassegnazione, tipiche della tolleranza e della capacità di adattamento dei miei favolosi concittadini.

Chè, tanto per capirsi, son soggetti che evitano il centro perché il parcheggio è scomodo (ndr. “Scomodo” vuol dire non esattamente sotto le chiappe), figuriamoci se si vanno ad infilare nella bolgia di certe manifestazione.

Quindi, per la sottoscritta, una qualità ottima di queste manifestazioni è la quasi impossibilità di incontrarvi l’odioso e pluricitato concittadino rompiballe.

E scusate se è poco...

Se è vero che adoro UJ e che bramo il suo arrivo per tutto l’anno, considerandola l’unica settimana in cui la mia boriosa e lenta città si scuote la polvere di dosso e si anima di una luce propria, è vero anche che detesto eurochocolate ed il suo circo Barnum fatto di nutella, cioccolata, praline, scaglie di fondente e mandrie indisciplinate di golosi pronti a farsi ore di fila per pagare il doppio del dovuto barrette di cioccolato che vendono anche alla Coop.

Bene, bravi.

Il centro storico di Perugia è letteralmente invaso da vagonate di turisti infoiati e desiderosi di cioccolato, che non si fermano davanti a nulla pur di conseguire l’agognato feticcio: una barretta, una palina, un qualcosa qualsiasi, purchè dentro ci sia il cacao. E’ d’uso che l’ultimo giorno vengano realizzate statue di cioccolato da scultori famosi e non. Una bella iniziativa, certo. Se non fosse che la massa, con gli occhi iniettati di sangue, gli si dispone intorno minacciosa.

E scattante come in un videogame, è pronta a requisire ogni piccola scaglia del prezioso materiale scalpellata via dal blocco principale.

Poco importa se è caduta sul selciato o se è stata calpestata da qualche inappetente (o neo-diabetico) passante.

Olè!

Tutti in fila dentro la Rocca Paolina, attorno alla Fontana Maggiore, davanti al Teatro Pavone. Per non parlare del delirio ingiustificato dei Giardini Carducci, restaurati da poco e geloso tesoro della amministrazione comunale, regalati ai banchi cioccolatosi senza colpo ferire, ma concessi dopo ore di ciclicio e preghiere in ginocchio sui ceci ai concertini di UJ.

Eccoli là, i golosi saliti in centro da chissà dove. Tutti in fila per assaggiare il nuovo liquore al cioccolato+cannella+peperoncino che non conpreranno mai, o il nuovissimo cioccolatino della Perugina con dentro la ciliegia che mi vien il mal di stomaco solo se ci penso. Poco importa, è gratis... intanto assaggiamo, và. Tutti attorno alle povere ragazzette sottopagate che regalano Togo vestite come elfi di Babbo Natale, implorandone uno tendendo le manine gelide illividite dal clima umbro, come immigrati clandestini su una zattera bramosi di un po’ d’acqua.

Edificante. Parecchio.

Quant’è che costa una scatola di Togo al supermercato??

Uomini e donne attorno alla cinquantina col viso dipinto di cioccolato… ma si può?

E poi, soprattutto… perché?

Una vera follia collettiva, disarmante ed illogica. Paradossale.

Ecco, io nella settimana di Eurochocolate mi trasformo (solo per 7 giorni, sia chiaro) nel perugino medio: sbuffo davanti al traffico, mi incazzo se non trovo il parcheggio, maledico i turisti che vagheggiano con la macchina alla ricerca del centro storico a 15 km/h: sempre dritto, su in salita, impossibile sbagliare!!!

 

Che poi, alla fine, da vera incoerente con me stessa cronicizzata quale sono, un salto ce lo faccio sempre tutti gli anni, se non altro per comprare la buonissima crema al cioccolato che mi fa diventare pazza e che fa diventare livida dall’invidia la mainstream ed usurata Nutella (ndr. anche se recenti notizie la danno per scomparsa da Eurochocolate, come tutte le cose buone sarà stata osteggiata da una concorrenza velenosa ed invidiosa…. Maledetti. Pagherete anche questo…).

L’anno scorso, ad esempio, ci sono stata l’ultima domenica col solerte Giacomo e con Claudia, ridendo della follia della gente ed ingozzandoci di praline, buttate giù in quantità industriale con ettolitri di Coca Cola Light, gentile omaggio delgi sponsor, e divertendoci come bambini dell’asilo.

 

BURP.

 

PS. Se volete una manifestazione diversa, più civile, interessante e ricreativa, allora andate qui.

 

 


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17 ottobre 2006 2 17 /10 /ottobre /2006 17:47

Nonostante i tentativi palliativi di svecchiamento e/o demolizione di un imbarazzante passato fatto di ritardi e puzza di piedi, le ferrovie dello stato sono e restano sempre l’ultima spiaggia del viaggiatore.

Nonostante tutto, però, a me piace.

Nonostante spesso ci sia l’aria condizionata irrazionale, e non manchino mai i sedili sdruciti e smandrappati e comunque sempre troppo piccoli e lerci, i finestrini che non si aprono. Nonostante la lentezza esosa ed esasperante, a me il treno piace.

E quando vado nella città eterna ne approfitto sempre.

Anche solo perché l’idea di PHOEBE che guida in mezzo a Roma non è ipotizzabile né tantomneo attuabile in questa terra e comunque non prima del disastro nucleare o dell’abbandono in massa della capitale da parte di tutti gli abitanti capitolini.

 

Detto ciò, essendo “costretta” ad andare a Roma un po’ per vedere la mia guru, un po’ per l’evento, dopo un fine settimana fatto di amici cari con cui si sta sempre volentieri, musica, shopping e giochini al pc che donano dipendenza fisica, domenica sera me ne torno a casa col diretto Roma Termini – Firenze SMN.

Come al solito, l’italiano diventa fin da subito una lingua inutile sul treno, specie se non è quello fighetto stile Eurostar.

Ma io, soldi a parte, preferisco l’affidabilità del vecchio diretto, due ore pulite per arrivare al centro di Roma e zero ritardi.

Come un ottimo mulo d’altri tempi.

Senza considerare la migliore compagnia.

Salgo sul treno.

Anche se son passati quasi due giorni, canticchio ancora ”Waiting for you” tra me e me senza accorgermene, mentre il mio cuore accellera ancora se ripenso alla versione senza microfono di “Where Could I Go”.

 

Mi siedo vicino ad una giovane coppia, che scopro essere brasiliana, in viaggio di nozze in Italia. Dopo Roma, vedranno Firenze. Poi Venezia. Magari in gondola, se non costa tanto. Poi chissà. Certo che freddo che fa qui, loro non ci sono abituati. Parlano in un inglese morbido e strascicato come solo può diventare con la contaminazione del portoghese ed il paesaggio scorre veloce dal finestrino.

 

Poco più in là, nel mio stesso vagone, un gruppo di studentesse americane, si vede dagli abiti che indossano. Avranno vent’anni e l’aspetto sano di chi è cresciuto ad hamburger e patatine, in infradito e pantaloncini, scrivono fitto fitto diari di una Italia di cui racconteranno tutta la vita con occhi romantici. Chissà se son già state preda di qualche esemplare di maschio italiano. Magari hanno già  scoperto che il mito del latin lover è morto…

Mi butto nella lettura dell’Internazionale appena comprato. Parla di Anna Politkovskaja e mi affascina il ritratto di questa donna coraggiosa, ma umana e viva. C’è un suo articolo in cui parla del suo cane.

Il treno corre.

Attraversa la campagna.

 

Più in là ci sono due signore peruviane, chiaramente badanti in libera uscita. Chiacchierano fitto in spagnolo, e la mia voglia di riprendere a studiarlo è forte. Ma la giornata ha solo 24 ore. Magari, da gennaio…

Spesso mi domando dove trova il coraggio questa gente, lontana da casa e dal mondo come lo conoscevano prima. Attraversare oceani, montagne, barriere. Infrangere leggi discutibili e vivere ai margini di una società che non li vuole e che non li disprezza nemmeno, li tratta da invisibili.

 

Sui sedili opposti al mio una ragazza. Italiana lei, molto no global, con la borsa di Amnesty International. Non è il mio genere preferito, non mi piace chi ostenta troppo le proprie idee. Poi, dallo zaino, caccia fuori l’Internazionale.

Parliamo tutti insieme dell’articolo su Lula e sulle elezioni in Brasile, e tutti i tentativi dei due sposini per spiegarci il loro complicatissimo sistema elettorale cadono nel vuoto.

Peccato, è ora di scendere.

Grandi saluti, larghi sorrisi.

Buon viaggio, buon divertimento.

E’ ora di scendere.

A Terontola, scendono con me due maghrebini ed un nugolo di turisti pronti per Eurochocolate.

 

Ed il treno corre via…

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12 ottobre 2006 4 12 /10 /ottobre /2006 17:19

Vorrei tanto sapere perché Dio mi ha messo in Terra così.

Perché? Perché? Perché?

Così come?

Così restia alla logica delle persone normali.

Così poco incline a ragionare in linea retta.

Così difficile da interpretare.

Così brava a saltare di palo in frasca allontanando l’oggetto spinoso, deviando l’argomento fastidioso.

Così brava a scappare e nascondersi dietro un dito. Possibilmente il medio.

Così, insomma.

Così strana per dirla alla maniera dell’ingegnere. E di certo ha ragione.

Così irrazionale, in una parola.

 

Non potevo essere nornale?

Una con un cervello da velina come tante?

Invece no.

Allegra. Solare, trasparente, divertente. Un fiume in piena. Un libro aperto, insomma.

Ecco cosa dice di me chi mi conosce in superficie. Conoscenze di spogliatoio, compagni di banco a scuola d’inglese. Amici di amici di amici.

Tutta fuffa.

 

Da piccola ero timidissima, chiusa in un mondo tutto mio popolato di elfi, fate e gnomi. Potevo passare le ore a giocare con amici immaginari chiacchierando da sola in un mondo di nonsense.

Tanto mi piaceva star da sola,  tanto odiavo il silenzio mentre ero insieme agli altri. Forse perché i miei genitori litigavano spesso, ed il silenzio nella mia testolina era sinonimo di tensione. Ed andava eliminato.

E quindi ho iniziato a riempire gli spazi.

 

Bla bla bla bla.

Fin da piccola.

Bla bla bla bla.

 

Con gli anni questa mia propensione ad essere prolissa mi ha portato, però, solo guai. Un po’ perché mi ha portato ad essere fraintesa come persona dalle nuove conoscenze (ma chissenefrega), un po’ perché questo voler riempire di gomma piuma tutti gli interstizi rende impossibile ai più conoscermi davvero per come sono.

 

E raggiungere le strade tortuose attraverso cui le mie sinapsi si muovono sdrucciolevoli ed insidiose. 

Strade incasinate, ripide e scoscese, disagevoli alla massa.

Strade spesso inaccessibili che rendono difficile comprendermi davvero.

E questo aumenta la mia solitudine di bambina.

 

Vorrei essere più normale, meno ingarbugliata.

Più logica e meno emozionalmente contorta.

Eppure sono il parto di una vita qualunque, senza particolari traumi, senza enormi crudeltà. Come può il mio cervello essere così erraticamente disconnesso?

 

Eppure in matematica alle medie ero un genio...

 

 

 

 

 

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4 ottobre 2006 3 04 /10 /ottobre /2006 18:15

Era parecchio che non bazzicavo il centro commerciale di sabato.

Non per eccesso spocchia o per una improvvisa redenzione pseudo-anticonsumistica, ma perché l’ho vicinissimo al lavoro, così approfitto della pausa pranzo di un ora per sessioni rapide di shopping compulsivo.

E poi perché il sabato e la domenica sto scoprendo la bellezza di restare ancora all’aria aperta, anche se non è più estate. Porto a spasso la mia bestia feroce e scatto foto, colpita e folgorata dalla Flickrmania compulsiva.

Logico, quindi, che, nel momento stesso in cui sono stata tragicamente abbandonata dalla nuova digitale di mia sorella proprio di sabato, dopo aver scattato bellissime foto (che nessuno mai vedrà, sono andate tragicamente perdute nell’estremo tentativo di risanare la macchinetta. Fallito. Miseramente…), io mi sia fiondata arrabbiata come una pantera a cui hanno strappato i cuccioli contro il negozio reo di avermi venduto una macchinetta difettosa.

Dopo aver sfogato la mia rabbia da artista incompresa, repressa ed ostacolata nell’espressione della sua arte perfetta sull’ignaro commesso ed esser stata blandita da lui medesimo con la promessa di una pronta e rapida guarigione dell’essenza della mia ossessione senza spesa alcuna, mi sono avventurata ancora molto scossa dalla perdita per i meandri del centro commerciale.

Guardando ciò a cui prima non avevo fatto caso.

Non so come, a dire il vero.

Come ho potuto?


Orde esagitate e ormonalmente distrutte di under 16 si aggiravano con fare altero e scoglionato, invadendo ogni residuo di spazio calpestabile lasciato libero tra le panchine ed i negozi.

Frotte di ragazzine in minigonna e troppo ombretto, figlie deviate de “Il tempo delle mele” intente in chiacchiericci cacofonici al limite massimo di decibel consentitto prima della perdita dell’udito umano.

Battaglioni di Britney Spears obese e unte, con piercing all’ombelico come boa di salvataggio, intente nel corteggiamento di piccoli teppisti hip hop vestiti come se fosse residenti a Brooklyn e non nella piccola e piccolo borghese provincia umbra. Avversari di emuli mancati di 50 Cent, ragazzini vestiti griffati Baci&Abbracci e la sicumera di un cretino di 35 anni.

Lotta aperta tra cafoni.



Ora, io alla loro età non andavo certo al centro commerciale.

Andavo in paese, al massimo. Ma poco, chè i miei non mi facevano uscire.

Un annetto dopo, magari, la mia emancipazione mi può aver portato a vascheggiare allegramente esibendo il nuovo rossetto perlato dalla Fontana Maggiore a Piazza Italia e ritorno. Avanti e indietro. Su e giù. 

Non certo in un centro commerciale.

Ci mancherebbe. Che tempi, signora mia!!!

Un momento.

Fermi tutti.

Non esistevano i centri commerciali, quando avevo 14 anni io.

Ahm…

Già…

Ehm, dicevamo???

Un paio di ragazzini, fiutando l’odore della donna matura partono all’arrembaggio con frasi di sicuro effetto, se lanciate ad una quattordicenne. No, tesorino, non sarò la tua nave scuola. Dimenticatelo. Proprio. E se non te ne vai aiuterò la tua virilità nascente a sterzare bruscamente verso l’altra sponda.

Parecchio bruscamente.

Fidati.

 

In mezzo a cotanto orrore, ho cercato di scappare via rifugiandomi in un luogo temuto dal teenager medio: la libreria. Ah! Quale rifugio più accogliente e sicuro? Come poter chiedere di meglio? Respirare a pieni polmoni l’aria dei libri nuovi, girare tra vecchie edizioni e pubblicazioni fresche di stampa, saltellare da un banco all’altro in cerc… Ahhhh! Eccola… la bacheca del Codice Da Vinci… oltre al mostro a più teste creato da dan Brown, l’efferata creatura ha procreato mille figli. Dalla guida al codice, al Codice stesso scritto in caratteri maxi (ma perché??), passando per spiegazioni varie, analisi delle metafore, la vita al tempo di Da Vinci, nonché la cucina. AH!

Scappo atterrita.

Me ne torno a casa mia, e dal libro che sto leggendo.

Sul dondolo del terrazzo.

Con la mia gatta.

Come sono anziana...

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Tutto quello che c'è nella mia testa...vita, amore, arte, libri, immaginazione, musica. Il tutto naturalmente immerso nella confusione più totale. Poco? Qualche volta, pure troppo!!!

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