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20 aprile 2011 3 20 /04 /aprile /2011 13:35

Nello spogliatoio della palestra, preparandosi per la lezione, mentre i maschi passano il tempo misurandosi il loro amico Giovanni (un mio ex lo chiamava così, giuro!) con righelli improvvisati, noi donne ci dedichiamo ad attività ben più edificanti: chiacchieriamo.
E spettegoliamo, anche.
Visto che io vado all'ora di pranzo in palestra, la gente è più o meno la solita e quindi dopo un po' è inevitabile diventare amici con quelli che hanno più affinità con te. Noi, nello specifico, siamo un centro di recupero per storditi.
Questa la conversazione i oggi.
Eliminando quel che non si può dire, ovviamente.
E anche quello che i nostri compagni NON dovrebbero mai immaginare.

Amica1: “Oh, Phoebe! Ho letto il tuo post su Luca Argentero! Ma quant'è bello!!!”
Phoebe: “Eh, lo so...”
Amica2: “Ma lo sai che una volta mi ha tamponato? All'ospedale! Ma non mi ha fatto danni alla macchina...”
(coro dello spogliatoio): "NOOOOOO! RACCONTAA!!"

Phoebe: “Ma... ma.. ma come??”
Amica1: “Ha casa a Città della Pieve! Lo vedo sempre, anche con la moglie”
Amica2: “E com'è dal vivo? Alto? Bello?”
Phoebe: “Ma soprattutto... perché non hai simulato uno svenimento, non gli sei caduta tra le braccia, non hai simulato svenimenti o malattie incurabili, non hai accattato il numero cellulare?”

E certo, parlo io che ho fatto nel corso della vita figure inenarrabili.

Amica2:"Già, perchè???"
Amica1: “Vabbè, non sapevo che dire!!!!”
(coro dello spogliatoio): “Ma com'èèè????”

Amica1: “Bello!”
Amica2: “Eh.”
Phoebe: “Eh.”
Amica1: “C'ha un sorriso”
(coro dello spogliatoio): “CUCCIOLOOO!

Amica2: “Pure la moglie però è bella...”
Amica1: "Confermo, l'ho vista. E' una gnocca pure lei."

Momento triste.
Molto triste.
Cala il silenzio
Amica1: “Ma che ci pensi a quella che si sveglia la mattina e nel letto c'ha Luca Argentero?”

Momento di raccoglimento generale.

Amica2: “Penso che non t'incazzi ma nemmeno se il capo ti piglia a pesci in faccia”
Amica1: “Ma nemmeno se per strada incontri l'uomo col cappello che guida a 35!”
Phoebe: “Ma se c'hai Luca Argentero nel letto che t'alzi a fa?????”
(coro dello spogliatoio): “E' VEROOOOO!”

Mentre siamo prese da sì intellettuali e piacevoli chiacchiere un urlo ci riporta alla violenta realtà: “Allora, venite in palestra per chiacchierare o per sudare?”
Colte sul fatto, corriamo a fare lezione.

 

Ah, com'è dura la vita...

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19 aprile 2011 2 19 /04 /aprile /2011 08:01

Ansia.
Ansia.
Ansia.
Oddio, che ansia.
Oddio che ansia.
ODDIO CHE ANSIA.

Sono un po' ansiosa ultimamente, l'avete notato? No, così, era per dire.
E' che l'ansia è una droga. Sì.
Si comincia per carattere o per una serie di fattori contingenti che portano ad avere tutto sulle spalle. Oppure è sfiga.
C'è il lavoro, in cui siccome sei donna devi lottare il triplo perché sennò sei donna, rendi meno di un uomo. E poi non sei nemmeno leccaculo, quindi peggio. E la tua ansia da prestazione è sempre alta, vorresti essere sempre precisa, senza errori, senza intoppi. Un cylone, per dire. Epperò non lo sei affatto. Anzi.
Ansia.

Senza contare la vita privata.
I genitori che invecchiano, hanno bisogno di te. Non te lo chiederanno mai e poi mai, ma tu vedi la camminata ingobbita di tuo padre, le rughe intorno agli occhi di tua madre e lo sai lo stesso. Anche col loro silenzio. Anche grazie al loro silenzio. Tutta la vita hai contato su di loro ed ora all'improvviso tocca a te. Sei pronta? No? Peggio per te.
E tua sorella? Tua sorella come un canarino impazzito svolazza verso la stratosfera senza maschera ad ossigeno e cerca conforto in te. Come se tu potessi dargliene. E il tuo essere sempre sorella maggiore rende la tua impotenza la sublimazione dell'ansia.
Ansia da controllo, certo.
Ma fa differenza?

Ansia, ansia, ansia.

E sentirsi un campanello che suona in testa a memento dei tuoi 35 anni suonati. Quando lo fai un figlio? Ma che ne so. E se poi non sono in grado? Se sono troppo egoista, se non sono capace? E se, e se, e se?
Vogliamo parlare poi dei soldi e del buco rosso del mio conto corrente.
No, se solo ci penso mi viene l'ansia.
Se poi penso a mia nonna che mi spinge al risparmio della monetina, mi viene un'ansia doppia.
L'ho già detto che sono ansiosa?

E la casa che urla vendetta perché l'hai abbandonata tra peli di gatto e polvere? Ed il mucchio di panni da piegare? Ed il tuo gatto che per protesta va a mangiare scatolette dai vicini? 
Ansia, moltissima ansia.

Ma l'ansia è subdola, si appiccica al suo ospite come una tenia. E cresce, si nutre della paura, del dolore, della carenza di ore in una giornata.

Quando poi l'ansia s'accomoda in casa, basta poco per far sì che comandi a bacchetta.
Come te ne puoi liberare?
Come?
Ah, io non lo so.
Non me lo chiedere, ché mi metti ansia.

Al massimo, posso preparare una tisana al finocchio. Se aiuta...

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14 aprile 2011 4 14 /04 /aprile /2011 19:28

La mia povera Peugeot 206, classe 2004 e con più di 1 50.000 km alle spalle sta per tirare le cuoia. La sento, mi parla, mi dice che no no no non ce la fa più con la vita frenetica. Che le ci vuole un restyling, magari la cinghia di distribuzione (che non so manco cosa sia, ma è più cara di una cinta di Prada sicuramente) o un pezzettino di motore nuovo. Chessò, almeno i tergicristalli.
La dovrei cambiare, lo so. Solo che come posso fare co'sti lumi de'luna
La rubo? Mi indebito a vita? Inizio a prostituirmi?
Mentre scelgo tra le varie opzioni, giro ancora col mio pegiottino scassato.

Ma il diavolo, si sa, fa le pentole ma non i coperchi e io vengo "circuita" dal venditore della Toyota che viene sempre in ufficio per le macchine aziendali. 
Come la strega del mare alla piccola Ariel, mi sussurra all'orecchio: "Perchè non vieni a provare? Senza impegno, chiaro! Te la lascio un paio di giorni!!" E la lei in oggetto è la nuova Toyota Verso-S. Color azzurro cielo. Mi dondola le chiavi davanti e con lo sguardo di Satana negli occhi me le porge.
"Ma quanto costa??" nicchio io previdente.
"Tu intanto provala".
"Mmmmm... vabbè, ma solo per due giorni"Insomma, la bambina si guida con un dito ed è grande come il salotto di casa mia. Dentro ci ho infilato: la sacca della palestra, la busta della spesa, due cartoni d'acqua e la scorta di sabbia per il gatto. E lei non ha fatto una piega. senza considerare che posso ascoltare la musica dall'Ipod direttamente e telefonare in vivavoce. E si sente! S^, lo so che oramai oggi lo fanno tutti. Ma per me è tutto nuovo! Ah, dimenticavo: ha la telecamera posteriore per parcheggiare. Cioè, non so se mi sono spiegata. Una telecamera. 

Ma Satan..ehm, no, il venditore della Toyota volevo dire, passati i due giorni la rivuole indietro. E mi stacca un preventivo così simpatico per le mie tasche da farmi valutare l'acquisto della cinghia di distribuzione (di Chanel, magari) per la mia carriola.
Però c'ho lasciato il cuore, porca pupazza ladra.

Ma proprio mentre stavo per arrendermi, dalle pagine di Vanity Fair mi viene in aiuto lui. Sì, lui. Luca Argentero. Bello come il sole. E fa la pubblicità della Toyota Verso-S. E presenta un concorso per vincerla. In pratica, siccome la Toyota Verso-S merita di esser guidata dalla donna perfetta, chi mai al mondo potrebbe mai scegliela se non il più figo del reame, e cioè lui? Come fare a farsi scegliere? Corteggiarlo, iscivendosi al concorso Whatawomanwants e pubblicare una serie di foto che parlano di te e che ti rendano degna della scelta di  Luca Argentero.
No, nude no. Contenetevi, donne. E usate la creatività.
Ora, non c'è lettore del mio blog che non sappia della mia passione sfrenata (platonica, eh! PLATONICA!) per Luca Argentero. Lo sa anche il mio fidanzato, ma la tollera. Anzi, mi accompagna pure al cinema. Sant'uomo.
E state pur sicura che la possibilità di corteggiarlo, di leggere il suo blog creato per l'occasione, bazzicare la pagina di Facebook dove posso anche studiare le mie avversarie e, ciliegina sulla torta, vincere pure la macchina che mi piace io non me la lascio scappare. Ecco, magari posso puntare pure sul mistero, tipo mandargli qualche foto del mio bellissimo lago, ché si innamora non solo di me, ma della location.
Me nuda, no.
Meglio di no.
Per tant motivi.
Meglio il mistero.
Sì.

E sono certa che sceglierà me.
Sì sì sì.
Indipendentemente dalla sua bellissima moglie, Myriam Catania.
E anche dall'Amoremio, luce dei mie occhi.
Ovvio. Si gioca, suvvia
Certo.

Magari scovo pure il suo numero di cellulare...


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8 aprile 2011 5 08 /04 /aprile /2011 14:51

In questi giorni di sbarchi, di clandestini, di forti conflitti su chi se li prende questiio no, io nofuori dalle palle mi è capitato tra le mani un libro che pare fatto apposta.
Si tratta di un libercolo piccino, di quelli  che sanno di etnico e che pubblica solo E/O: Divorzio all’islamica a viale Marconi di Amara Lakhous. Lo scrittore, celebre per Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio è uno scrittore algerino che vive e lavora a Roma e che si è occupato dei problemi della prima generazione di immigrati che sono nati in Italia e per questo spaccati tra due mondi.
A parte la storia su cui non mi va di dare anticipazioni e che è irrilevante ai fini della mia riflessione, quel che mi è piaciuto del libro è il suo dare uno sguardo diverso sulla comunità dei migranti. Uno sguardo da dentro, sulle problematiche che non sono solo quelle strettamente legate alla sopravvivenza, ma anche all’incontro dei mondi, alle tradizioni, alle differenze che poi non son così tante e spesso basate sull’ipocrisia.

Leggo questo libro e mi immagino gli emigranti dell’inizio del secolo, che partivano dall’Italia con la valigia di cartone e dopo viaggio massacranti venivano stipati come bestie ad Ellis Island in attesa di essere valutati, misurati e controllati come pecore prima del macello. E poi, una volta entrati finivano ghettizzati, triturati e derisi. Molti ce l’hanno fatta, lottando con le unghie e con i denti. Prendendo a testate la vita, con caparbietà. Ma altri no.
Retorica? Sì, forse, ma anche no. Forse è solo memoria.
 
Eh, ma noi lì ci andavamo per lavorare, mica a fare i delinquenti!!!
E certo, infatti la mafia s’è importata da sola negli States non si sa con quale metodo!
Ma quella l’han portata i terroni!
A vabbè, ma se la buttiamo sul miopiccolomondoanticodi5mq vs restodelmondo non ne usciamo più!
E poi, ma chi lo dice a questa gente che i clandestini son tutti delinquenti? Su quale statistica si basa? Ma tu italiano medio davvero pensi che un uomo come te possa affrontare un viaggio pagato oro su barconi di fortuna, rischiando la vita per venire a delinquere in Italia? In genere i delinquenti, amico mio, viaggiano in business class non scordarlo.
Ma fuggono dai campi di accoglienza, da questo si capisce!
Logico. Ma voi non fuggireste da un posto in cui per tre giorni non vi danno nulla da mangiare e meno da bere? Dove si litiga un pezzo di pane? Meglio rischiare la fuga, cercare di raggiungere un parente in Francia o magari in Germania. Meglio morire cercando un po’ di libertà che ricadere nelle stesse mani da cui si è fuggiti.
 
Ma tu, cittadino medio, sei così cieco da non vedere?
Da non immaginare che questo governo sotto scacco di una Lega xenofoba e schiavo di una destra che gira ancora con l’olio di ricino in mano ti vuole far avere paura?
E tu che fai?
Hai paura!
E fai bene.
Bravo.
Abbi paura.
Ma deve esser tanta.
 
In fondo, te lo meriti…

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7 aprile 2011 4 07 /04 /aprile /2011 14:14

Io, il mio gatto, lo adoro. Lo adoro anche se gli ho dato un nome originale, Nevruz, in omaggio ad una festa araba e causa un allora imminente viaggio in Turchia. Eh, sì. Il tempo vola  e Nevruz ha quasi 10 mesi. Da un gattino timido e gracile che non poteva nemmeno saltare da quant’era magro è diventato un gattone di quasi sei chili.
Bello, rosso e bianco, tigrato e dal pelo lucido, il mio gatto è il re del divano.
Ma come i bambini devono prima o poi lasciare il caldo nido per andare alla scuola materna, anche il mio gatto deve evolversi e crescere. Specie perché io vivo al limitare di un bosco, in una zona dove passano pochissime macchine e dove la natura regna sovrana.
Quindi, mio caro Nevruz, ora che fa caldo vai e esplora il mondo.
Peccato che il mio gatto sia recalcitrante, forse esemplare tipo della specie felinus addivanatus.
Certo, all’inizio abbiamo cominciato con un paio d’ore e siamo restati in casa. E lui, titubante giocava in giardino per poi rientrare frettoloso.
Ora, con una prova di forza dell’Amoremio, lo lasciamo fuori tutto il giorno mentre noi siamo al lavoro.
Tanto se andrà a caccia. E’ un felino.
Vedrai che ci riporterà anche le sue prede come trofeo!!!!
Eppure il mio gatto è sì bellissimo, ma cacciatore come Silvestro. Quest’inverno ha avuto la peggio con una cimice, per dire. Così i giorni passavano e di prede nemmeno l’ombra, anzi dalla terrazza vedevo il mio rosso amorino inseguire le foglie secche nel prato.
Finché stamattina, mentre io ero impegnatissima in una furibonda litigata con l’armadio, sento miagolare con insistenza maniacale. Esco dalla camera, vado in corridoio e lì incontro l’Amoremio. Insieme apriamo la porta di casa e ci troviamo davanti Nevruz che, tutto tronfio, reca sotto la zampa la sua prima preda.
Mrrrrriaooo!
Sposta la zampa e la vedo. Lì. La sua preda.
Una pila stilo. Ammaccata, anche.
Lo ripeto: una pila stilo.
Una. Pila. Stilo.
U-N-A P-I-L-A S-T-I-L-O.
Ammaccata, per di più.
Tutto tronfio la fa rotolare col muso sin dentro casa e la posiziona accanto al topolino finto e alla molla di stoffa, suoi giochi preferiti. Fatto ciò inizia a rotolarsi per ricevere i giusti e doverosi grattini dei suoi padroni.
L’ha scelto tu questo gatto. Non è normale mi apostrofa l’Amoremio
E’ solo un gatto ecologista lo gelo io.
 
Faccio spallucce e inizio a coccolare il mio guerriero.
Anzi, tutti e due, per non fare torto a nessuno.
Certo che il gatto che fa la raccolta differenziata ce l’ho solo io.
 
 
Meglio di certa gente, mi viene da aggiungere…

 

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6 aprile 2011 3 06 /04 /aprile /2011 15:01

In genere io odio andare dal parrucchiere. Lo so, non è molto femminile, anzi. Le donne adorano andare dal parrucchiere, farsi mettere le mani nei capelli e farsi impiastricciare tutte. A me, a dirla tutta, è sempre sembrato un modo per torturarsi e torturare.
Bigodini, piastre, composti chimici così urticanti da schiarirti i capelli, orribili impiastri che colorano le chiome, forbici e rasoi. No, proprio non fa per me.
Però, come diceva mia nonna “Chi bel vuol comparire, qualcosa deve soffrire” e proprio l’altro giorno guardandomi allo specchio mi è sembrato di avere l’aspetto di un topolino delle risaie. O meglio, di una nutria. Sì, decisamente avevo i capelli color nutria.
Ed all’improvviso mi sono resa conto che, presa tra mille e più cose da fare, mille e uno impegni, da più di un anno non mi avvicinavo al parrucchiere nemmeno per sbaglio. E sì che di tempo ne è passato, ed i miei capelli non potevano sopravvivere un giorno di più i queste condizioni.
Così mi sono arresa, ho preso appuntamento e  sono andata.
Un altro motivo per cui sono restia al parrucchiere è che mi manca la visione di me stessa. Sì, lo so, è grave, ma non sono mai in grado di dire Mi starebbe bene questo oppure Sto meglio così.
Niente.
Non lo so.
E così sono anche complicatissima da consigliare e faccio impazzire il povero arruffa-capelli di turno che mi si deve spupazzare e cercare di indirizzare verso un taglio di capelli almeno umano.
Sì.
Che poi i parrucchieri si fanno delle idee su di te, che spesso e volentieri con te non c’entrano nulla e vorrebbero inventarsi cose assurde coi tuoi capelli. Che poi, una si deve pettinare tutti i giorni ed io son anche poco adatta. Così, su consiglio dell’Amoremio sono andata da un parrucchiere molto stiloso da cui lui va a curarsi la fluente chioma. Sapete, uno di quelli con il negozio pieno di vetri e frequentato da modelle anoressiche che vestono solo Liu Jo.
Mi ci vedete?
No, nemmeno io.
Ma lui ed i suoi assistenti si sono buttati su di me come falchi su un topolino (sarà stato il colore dei capelli?) lasciandomi poca a ria da respirare.
 
Ci facciamo rossa?
Piuttosto muoio.
Allora riccia, con un po’ di permanente!
Mpf…
Bionda?
Ma tutta?
No, solo un po’. Nature!!!!
Sì, vabbè.
 
Insomma, dopo quattro (e dico q-u-a-t-t-r-o!!!)  ore di tortura in cui i miei capelli sono stati sabbiati, nutriti, riflessati, decolorati, ritinteggiati, scartavetrati, ammorbiditi, palpeggiati, tagliuzzati, scalati  e molto altro ancora sono uscita dal parrucchiere.
Con una testa nuova e molto più bionda.
Oddio, ripensandoci la testa è sempre quella vecchia e piena di cavolate.
 
Accontentatevi…

 

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6 aprile 2011 3 06 /04 /aprile /2011 07:04

Arriva la primavera, anzi è già qui.  
Sole, tramonti, voglia di stare all'aria aperta, di uscire con gli amici e buttar via l'aria stantia respirata nei lunghi mesi invernali.

E cosa c'è di più bello che togliersi stivali e pesanti scarponi, liberando i piedi? E cosa c'è di meglio di un paio di scarpe da ginnastica?
Certo, una volta quando io ero gggiovane le sneaker erano dominio esclusivo del tempo libero, mentre ora sono diventate scarpe per tutte le occasioni, anche mondane.
Questa primavera Puma propone una rivisitazione moderna di due modelli senza tempo: le suede, fatte di quello che mia nonna chiamava vellutino e le basket classic, di pelle,  che io personalmente adoro.  Colorate, allegre, divertenti: non sanno forse d'estate? 

Solo a guardarle mi viene voglia di fare il cambio dell'armadio.
Anzi, domani lo faccio.
Sì.

Lo giuro.

Ma c'è di più. Per festeggiare l'arrivo della primavera Puma organizza  puma social in tutte le città d'Italia. Una serie di eventi in tutta la Penisola che mirano a festeggiare tutti coloro che grazie a queste colorate sneaker diventano dei veri e propri atleti della notte. 

Afterhour athete, per dirla con sciccheria. 
Perché questi eventi non riguardano solo l'Italia, ma tutto il mondo.  Dal Sud Africa agli USA passando per le capitali europee.
Un mondo pronto a festeggiare, e non posso che approvare la scelta del connubio sneaker/drink in mano: perché le donne si devono sempre ammazzare sui tacchi?

Gli eventi saranno divisi in tre momenti successivi:
1) Pomeriggio al negozio Puma con distribuzione di gadget e giochi di gruppo
2) Aperitivo nei locali più alla moda
3) Grande festa nel locale scelto da puma social


Si parte da Taranto e Bari (il calendario lo trovate qui) e poi si prosegue senza soluzione di continuità.
Ahimè, la mia bella e rinomata cittadina del centro non è contemplata da questo evento. Per non rinunciare all'evento andrò a raggiungere alcuni amici a Roma o a Milano.

Che ne dite, organizziamo una festa tutti insieme?

 

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5 aprile 2011 2 05 /04 /aprile /2011 11:15
Agevolato dal successo clamoroso avuto in patria nonché dalla vittoria del premio Nadal, arriva in Italia questo romanzo, preceduto dal battage pubblicitario che solo il passaparola mediatico può dare.  Tutti ne parlano, tutti lo leggono.
Nascono addirittura gruppi di lettura on line.
E siccome sono curiosa come una scimmia, non ho potuto sottrarmi.
 
Spagna, Costa Blanca. 
Sandra è una ragazza che ancora non sa cosa vuole da sé e dagli altri ed è incinta di un uomo che non ama. Sola, a fine estate, decide di trovare rifugio nella casa che sua sorella affitta per le vacanze in Costa Blanca. Sola, pensa, deciderà cosa fare e se far sì che il padre del bambino che aspetta sappia oppure no. E' sola, si sente sola.
Fino al giorno in cui non incontra occhi comprensivi e gentili: si tratta di Fredrik e Karin Christensen, una coppia di amabili vecchietti che si prendono cura di lei come i nonni che non ha mai avuto e che arrivano ad ospitarla in casa loro. 
Ma non tutto ciò che luccica è oro. 
 
Poi c'è Julian, vecchietto pieno di acciacchi e ricordi (ma anche di rimorsi) scampato al campo di concentramento di Mathausen, che in viaggio da Buenos Aires sulle tracce di un vecchio amico che però non è giunto in tempo per salutare. La sua dipartita lo indirizzerà lungo una strada tortuosa. Da giorni segue i  movimenti degli anziani coniugi e dei loro amici passo dopo passo. Già, perché i vecchietti amabili sono ex nazisti e Julian gli dà la caccia. 
E Sandra? 
 
Questo in sintesi la storia, narrata a due voci da Julian e Sandra.
presupposti per un romanzo interessante sembrano esserci tutti, ma ahimè non è così. 
La narrazione è veloce e godibile, la scrittura scorre veloce e fa sfogliare veloce le pagine. 
Ma i personaggi non convincono. 
La storia non ha pathos, non stringe il cuore, non fa innamorare dei suoi personaggi. Sia Julian che Sandra sembrano piccoli stereotipi di un mondo fatto di figurine di carta, senza spessore. Non riescono a creare empatia nel lettore e Alberto, l’unico personaggio che crea curiosità e resta ammantato di fitto mistero (sì, vabbè), è appena abbozzato. 
I nazisti poi son personaggi da operetta, sincopati e incartapecoriti nella loro vecchiaia dorata e pacifica, ma senza futuro e prospettiva. Un po' come Julian che ha già rinunciato a tutto e che vede questo viaggio come il viaggio dell'elefante verso la morte. 
Peccato perché poteva essere diverso.
Ho avuto l'impressione di leggere un libro di un altro spagnolo celeberrmo, Carlos Ruiz Zafon.
Ma nel senso brutto del termine.
Mi spiego meglio. Ogni volta che leggo un libro di Zafon mi dico: “No, basta. Lo odio. Questo è l'ultimo!”
Poi, nonostante tutto, al prossimo romanzo... lo leggo. Anche se il precedente mi ha lasciato l'amaro in bocca. Anche se sono insoddisfatta. 
Anche se aveva tutti i difetti sopraelencati.
Perchè mantiene intatta una magia che non so spiegare, mi frega sempre anche contro la mia volontà di lettore.
Ecco, ora la Sanchez deve solo provare a pubblicare un latro libro per sapere.

 
Sarà così anche per lei?

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4 aprile 2011 1 04 /04 /aprile /2011 10:21

In principio fu la tombola.
Ci giocavo a Natale,con tutto il parentado di zii, nonni e cugini pronti alla lotta dura per smaltire il pranzo pantagruelico. 

Non è che giocassimo sempre, ma  abbastanza spesso e con sufficiente livore da far esplodere il morbo assassino del gioco nella mia mente da bambina.

E da allora, poco è cambiato.
Anzi, l'unica cosa che è cambiata è che da bambina ero un fulmine, negli ultimi anni una schiappa. 
Forse ho perso il mio fluido, forse è solo l'innocenza di bambina che se ne è andata.
Forse.

Che fare, arrendersi e rinunciare ai giochi natalizi? Navigando su Internet sono incappata nel sito della Sisal. Un sito molto carino, tutto colorato e dall'aria divertente dove si possono fare tutti i giochi tradizionali della Sisal: gratta e vinci, Win for life. E bingo online.
Ho alzato lo sguardo sull'Amoremio seduto accanto a me sul divano e ho lanciato la proposta: "Giochiamo?"

Così siamo entrati in Sisal Bingo aprendo un conto veramente irrisorio di € 5,00. Per non dimenticarsi mai che è solo un gioco e non deve diventare una malattia. Ma tanto, ci siamo detti, chi ci sarà? Invece abbiamo scoperto con meraviglia che il sito della Sisal non solo è divertentissimo, ma è anche molto frequentato. Pieno di gente di tutte le età, ma soprattutto di ragazzi che oltre al gioco in sè approfittano della chat presente in ognuna delle cinque diverse sale bingo a cui si può accedere.

 

Non solo. Tutti i mercoledì partecipano alle chat personaggi del mondo dello spettacolo (celebrities, se masticate l'inglese) per discutere dei temi più diversi: moda, cucina, astrologia, musica e via discorrendo. Per la cucina ad esempio c'è Simone Rugiati che io trovo troppo divertente. Chissà, magari insegna a cucinare persino a me...

Ma ora zitti tutti, inizia la partita!
Felici di aver comprato cinque cartelle a 20 centesimi l'una attendiamo l'inizio e scopriamo che questa partita la giocheremo in cinquantaquattro. E da tutta Italia, immagino! Fico! Mai avrei pensato che fosse un gioco così frequentato e neppure che il sito fosse così carino e facile da caricare. In un attimo sei in una delle sale bingo a  tua scelta e puoi iniziare a giocare, proprio come se fossi nel Bingo reale sotto casa di mia suocera.
Con la coda dell'occhio osservo il tentativo di acchiappo in chat di tencap verso mukka80. Ce la farà? Riuscirà a conquistarla? Certo, pure lei con quel nick...
Ma ecco che si comincia!
I numeri scorrono velocissimi, ma grazie alla funzione di spunta automatica si è solo osservatori (molto poco) passivi. Io sono riuscita a trafiggere il ginocchio dell'Amoremio con tutte e cinque le unghie della mano destra. Per dire.
Ma in fondo è solo un gioco, no?

E non  volete sapere com'è finita?

Come scorrono veloci i numeri, eh?

NOOO! Hanno fatto cinquina!
Mannaggia...
Ci resta la tombola!
Non si dice tombola, ma Bingo!
Ma sarà uguale? Che cambia?
Cambia, cambia. 

Nooo!! hanno fatto Bingo!
Maledetti..
Rigiochiamo
Sìììììììì!!!!

Speriamo non diventi una mania...

 

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1 aprile 2011 5 01 /04 /aprile /2011 13:56

Ieri occasionalmente mi è capitato di ascoltare “Un giorno da pecora” su Radio Due.
Mi capita di rado, non perché non mi piaccia Sabelli Fioretti e Lauro, ma perché in genere a quell’ora (l'ora di pranzo) sono in altre faccende affaccendata.
Insomma, uno degli ospiti della puntata chiamato a rispondere con ironia alle bordate dei due conduttori era Alberto Zangrillo.
Per chi non lo sapesse costui è primario al San Raffaele di Milano, medico personale del nostro amato PdC  e anche esternatore di acute osservazioni sulla meritocrazia in medicina. Per poi accostare allegramente il figlio, ovviamente. Ah, no. Lui era bravo di suo.
Sì, certo.
Insomma, un simpaticone.
Uno da cui farsi curare tranquilli e felici.
Sì.

Nella parte da me ascoltata (il podcast lo trovate agevolmente qui) si è curato bene di dire a chiare letetre che:

 

  • Berlusconi camperà minimo altri 15 anni (e sconfiggerà anche il cancro? Mah, non si sa)
  • Non conosce la fidanzatina di Silvio, al massimo conosce Veronica. Forse perché la fidanzatina non esiste?
  • Non ha mai visto né conosciuto nessuna Olgettina in quanto tutte godono di ottima salute.

Ma la parte che mi ha irritato di più è stata un'altra. Sabelli fioretti gli ha chiesto un parere sull’eutanasia e lui, dal nulla, ha risposto: “Saviano non ha ragione”
Ed è partito senza requie con un pistolotto contro Roberto Saviano reo del famoso monologo su Piergiorgio e Mina Welby. E su Luana Englaro, anche.
Gli è stato chiesto: “Mi scusi, ma se le chiedessero di non attuare l’accanimento terapeutico?”
Risposta: “L’hanno fatto, ma io non li ho ascoltati.”
Bella persona, sì. Ma lui insiste: “Che poi, se uno lo chiede, vuol dire che ancora è capace di intendere quindi può essere salvato”
Bravo. Bravo.
Ma brutto imbecille, se ho una malattia degenerativa impossibile da curare come l’aveva Welby, permetti che io possa anche decidere di non campare come un Ficus Benjamin per 10 anni? Come puoi essere così accetcato dalle tue convinzioni da non ammettere che si possa smettere di procurare artificialmente la vita quando questa non ha senso e non rispettare le opinioni degli altri?
Come puoi essere così arrogante da non ammettere questa possibilità? Chi sei, Dio? Ecco perché prego di non finire mai, mai, mai in mano ai dottori. Perché esistono gli uomini come te, che si arrogano diritti che non hanno.
E non in nome della legge, questo potrei capirlo (anzi lo capisco), ma di un diritto naturale, di una superiorità morale che non possiedono affatto. Preferisco farmi curare dal Mago Otelma, guarda.
E poi il simpatico Dott. Zangrillo  chiosa affermando anche che lui Roberto Saviano non lo curerebbe mai. Figurarsi.
Ora, giuramento di Ippocrate a parte, ma che t’ha fatto?
Cioè, a parte non pulire con la lingua il profumato sedere del tuo padrone, intendo. Ha detto male di te, dottore? Io non trovo che Roberto Saviano sia un Dio, nè un martire o un eroe. E' solo uno scrittore che ha avuto ed ha il coraggio di dire la sua anche mettendosi a rischio. Può non stare simpatico, può non piacere, ma arrivare addirittura a dire che preferirebbe non curarlo mi pare eccessivo.
Sicuramente preferirebbe curare Gheddafi, ché è amico di famiglia.

Io capisco, i soldi sono soldi, ma la dignità Dott. Zangrillo? La sotterriamo sotto le banconote?
Fai una cosa, dottore: insieme alla tua laurea, ai tuoi diplomi, alla serie infinita di cartacce che esponi nel tuo ufficio elegantissimo metti anche una lista.
Sì, un elenco, molto Saviano style. Un elenco dei motivi per cui hai scelto di fare il dottore.
 
Poi ne riparliamo…

 

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