Una sera d’autunno di diversi anni fa, quando ancora ero gggiovane, tornai tardi dalla palestra e mentre mi preparavo qualcosa da mangiare
feci zapping tra il piattume che la televisione generalista ci regala da molti anni. E su Raidue beccai lui, Marco Paolini. Ed il racconto del suo Vajont. Rimasi così coinvolta ed
affascinata dal suo raccontare una vicenda di cui non sapevo praticamente nulla da non rendermi conto dello scorrere del tempo, ritrovandomi a mezzanotte seduta in pigiama su una seggiola in
cucina.
Marco Paolini ha questo grande dono. Stabilisce un’empatia fortissima con chi lo ascolta parlare, grida senza
alzare il tono, racconta con semplicità e chiarezza ma senza banalità.
E così ieri sera ho trascinato l’Amoremio nella visione di Ausmerzen, il suo nuovo spettacolo,
gentilmente trasmesso in tv da La7 (unica televisione in chiaro degna di essere vista insieme a sprazzi di Raitre) in diretta dalll'ex O.P. "Paolo Pini" di Milano.
Così come accadde per la vicenda del Vajont, non sconosciuta ma sepolta nei meandri di una memoria collettiva
troppo frettolosa e troppo presa dal sensazionalismo del presente, anche Ausmerzen punta a riportare l'attenzione del largo pubblico su una storia tanto dolorosa quanto rapidamente
consegnata all'oblio: quella degli esperimenti di eugenetica che i nazisti condussero ai danni di malati psichici e portatori di handicap fra il 1934 e il ‘45, inquadrandoli in
quell'allucinante fiera dell'orrore e della perversione che oggi chiamiamo Olocausto.
La scelta della data, vigilia di quel 27 gennaio che da qualche anno celebra anche nel nostro Paese la Giornata della Memoria, non è naturalmente casuale, attribuendo all'appuntamento
televisivo quasi compito di ridare voce a tragedie dimenticate ed a orrori inimmaginabili.
Ausmerzen è il verbo tedesco che indica lo "sradicare" e se lo pensiamo riferito a degli esseri umani
già possiamo percepirne l'intrinseca violenza. Violenza non compiuta da uomini in divisa, ma da gente normale. Dottori, infermieri, medici di base, ostetriche. Gente che credeva
davvero di fare del bene, che voleva crederci, gente che è stata cavallo di troia nei confronti di un popolo che gli affidava figli imperfetti e la speranza di guarirli.
E li affidava invece alle camere a gas.
O alla dieta E, una dieta senza grassi che uccide in non più di due settimane.
Morti, svaniti, eliminati.
Ma prima studiati, sezionati, catalogati.
Per ripulire il sangue.
Creare una razza pura, senza malformazioni.
Omologa.
Scienza senza coscienza.
Malati di mente, disabili, schizofrenici. Ma anche solo zingari.
Bocche improduttive da sfamare.
Che gravano sulla società.
Uomini, donne e bambini inutili. Indesiderabili.
Niente si inventa, nemmeno il nazismo.
Anche prima era così, magari con meno ostentazione.
Ma era già così.
Ed anche oggi.
Chiudiamo i clandestini in centri d’accoglienza stipati come sardine, maltrattati da pochi sfortunati
poliziotti messi a guardia come cani in un pollaio.
Ma sono tanti, dove li mettiamo?
Chi ci pensa?
E i soldi?
Non cambia niente.
Mai.
Solo nella memoria possiamo sperare…