Ero
all'ospedale per fare un esame, all'ambulatorio di ostetricia e ginecologia. Il mio ginecologo, essendo una persona corretta e intelligente, invece di mandarmi da un amico a fare certi
esami mi ha sempre invitato ad andare nelle strutture pubbliche, magari prenotando con largo anticipo, perché le migliori esistenti e le più sicure. E questo nonostante la mentalità tutta
italiana di considerare la cosa pubblica come uno schifo, sempre e comunque.
Io, finora, all'Ospedale ho incontrato persone
eccezionali e gentilissimi, strutture pulite ed efficienti; ma magari sono stata fortunata, eh.
Insomma, stavo lì ad aspettare mi chiamassero approfittando del mio ebook reader, quando una infermiera è passata a distribuire un
questionario su salute, abitudini e familiari per statistiche sulle nascite premature. Lì ho poggiato il lettore, tirato fuori una penna e compilato il questionario in tre
minuti.
“Scusa, mi puoi aiutare?” a chiedermelo è una ragazza dall'accento ispanico, che mi indica la parte riguardante le
malattie genetiche. In effetti, un tantino complicata per chi non parla italiano al 100%.
Anche per certi italiani, a dire il vero.
Ad ogni modo, ovviamente le sorrido e la aiuto, generando immediatamente in me la sindrome di
Lucy Van Pelt. Mi succede sempre così, e ne sono contenta, fa parte di me, mi piace rendermi utile.
Finiti e riconsegnati
i questionari, mi sono resa conto di quante donne di nazionalità non italiana c'erano accanto a me.
Ragazze, donne di tutte
le età.
Alcune sorridenti, altre spaventate, donne come me.
E non ho potuto far a meno di pensare che tutte portavano nella pancia una creatura uguale alla mia, che avevano gli stessi sogni,
desideri, speranze.
Tutti quei bambini che ancora devono nascere, affacciarsi alla vita, che sono il futuro di questo paese e
che dovrebbero essere uguali, invece già non lo sono.
Il mio nascerà italiano, molti di loro no.
Vivranno in una zona grigia, imprigionati dalla burocrazia nonostante le buone intenzioni dei genitori.
Questo paese vecchio, governato da vecchi bacucchi che non hanno la percezione dei cambiamenti sociali avvenuti in questi ultimi cinquantanni, che lo stanno facendo morire asfissiato, privo di nuove energie, di vita.
Potrei dire tante cose, citare tanti numeri, parlare del numero di immigrati regolari che raggiungerà presto percentuali assurde, e di
come sia assurdo che una fetta così ampia della popolazione non voti.
Ricordare la grandezza degli USA, che pur essendo un
paese con mille contraddizioni non ha mai negato un sogno a nessuno che lavorasse abbastanza duro per realizzarlo.
Potrei
raccontare storie di ragazzi nati in Italia e diventati maggiorenni prima che i genitori ottenessero la cittadinanza, e per questo tagliati fuori da doveri e diritti e rimpatriati in una terra
che non conoscono e di cui non parlano la lingua.
Potrei raccontarvi del bambino che sogna di diventare poliziotto, ma non
potrà nemmeno provarci e magari finirà emarginato.
Non vi racconterò però niente di tutto ciò, tanto non servirebbe a far cambiare idea a chi la pensa diversamente, ma solo a scatenare una serie di polemiche sterili.
Vorrei solo poter esprimere un desiderio: che mio figlio possa vivere in un mondo di mille colori, un mondo in cui possa imparare il
rispetto per la diversità rimanendo sé stesso. In cui il suo compagno di banco abbia una religione diversa dalla sua, e di cui lui sia curioso.
Assaggiare cucine nuove, ma amare anche gli spaghetti.
Chiedo troppo?