I miei nonni da bambini vivevano in
grandi case coloniche immerse nella campagna umbra.
Erano case gigantesche, che ospitavano tutta una famiglia fino agli ascendenti di terzo grado. Case enormi, senza altra acqua corrente che quella che correva nell'abbeveratoio degli animali. Mangiavano quasi esclusivamente ciò che producevano ed il chilometro zero era un concetto molto molto applicato. I bambini giravano scalzi e se erano fortunati andavano alla scuola del paese fino alla terza elementare vestiti da Balilla.
La vita non era facile, i miei nonni vivevano a mezzadria. La casa, la terra, niente era di
loro proprietà, ma era tutto del padrone. Il padrone andava rispettato, aveva il diritto di farti assaggiare il frustino e ad una quota considerevole di ciò che proveniva dalla sua
terra.
Se l'anno era buono mangiavano anche i contadini, altrimenti pazienza.
I miei nonni vivevano immersi nella natura, ignari del consumismo e della tecnologia, ma
tutti i giorni lottavano per mangiare e faticavano cercando di vivere un altro giorno. Erano più felici della mia generazione? Non lo so con certezza, non posso più chiederglielo
purtroppo.
Ma so che i miei nonni diventati adulti non hanno mai smesso di lottare, di contare il
centesimo per far studiare i figli e per emanciparli. Per renderli diversi, migliori forse, di sicuro più liberi.
Oggi si parla molto di decrescita
felice, di vivere con meno, di ritorno alla terra. Mi chiedo se qualcuno di quei grandi filosofi che predicano dal pulpito del M5S abbia mai arato un campo senza l'uso della tecnologia, preso
l'acqua da un pozzo o messo insieme il pranzo con la cena solo con l'ausilio della farina di granoturco. O più semplicemente se abbia mai vissuto davvero la campagna, la terra o vivano solo un
sogno bucolico, fatt di germogli e vestiti di juta.
Lo dico da nipote di contadini, da talebana della raccolta differenziata, da viziata dell'orto e del frutteto sotto casa, ma anche da bambina che ascoltava storie accanto ad un camino.
Di sicuro, se mia nonna fosse viva, sentendo parlare di decrescita felice scuoterebbe la testa, si metterebbe a ridere e chioserebbe con un "A zappare la terra ce li vorrei vedere, 'sti signorini coi capelli lunghi!" Di certo la nostra economia va cambiata ed il territorio rispettato di più in mille modi, sia in termini di consumi che di sostenibilità.
Ma il cervello e la misura andrebbero sempre adoperati, non trovate?