Io i crucchi li conosco bene.
Vivo infatti da sempre sul Trasimeno, terra di conquista di orde di barbari dall’idioma metallico capaci di mettere letteralmente a ferro e fuoco piccoli paesini famosi per la loro quiete (e la noia).
In più ho affittato casa a villeggianti stranieri per dieci anni, quindi fidatevi: ne so. I turisti che arrivano
qui sono (per fortuna) ancora molti, anche se non come negli anni ottanta. Belgi, olandesi, francesi. Anche americani e canadesi, a dire ilv ero. Tutti gentili e attenti alle bellezze del
territorio, ho sempre avuto belle esperienze nonostante le eccentricità inevitabile di alcuni. Ad esempio, mio sono vista offrire vino bianco con cubetti di ghiaccio e caffè improbabili, ma ho
sempre accettato con un sorriso la cortesia.
Gli olandesi, per esempio, sono un popolo favoloso.
Ma con i tedeschi no.
Per questo quando nel planning degli arrivi leggevo la provenienza, montavo il sorriso d’ordinanza: sapevo ne avrei avuto bisogno.
Il crucco medio arriva in Italia già convinto della sua superiorità.
Ti guarda come se fossi una merda, e col suo inglese reso incomprensibile da un accento irritante come il graffio del gessetto sulla lavagna ti chiede se c’è una birra in
frigo.
Tu sorridi e rispondi: “No, guardi, solo acqua” e lui ti guarda come se ora
davvero ne avesse la certezza: sei una merda.
Poi, sempre nel suo inglese approssimativo inizia a farti mille richieste.
“Funziona la lavatrice?” “Ovvio”
“Il cancello è automatico?” Ma pezzo d’idiota, secondo te l’ho aperto a mano perché sono fessa?? “No, mi spiace”
“Lenzuola e asciugamani li cambiate tutti i giorni?” Eccerto, è il Ritz questo! “No, una volta a settimana”
“Il letto lo rifate voi? Quando venite a pulire?” Ahahahhahahahahhaahhahah! “No, guardi, la pulizia avviene a fine vacanza”
Li vedi la mattina alle dieci al bar far colazione con cornetto e birra media. Anche due, và.
Il cappuccino, invece, no. Loro il cappuccino lo bevono dopo pranzo che aiuta la digestione.
E pensare che questi ci prendono anche allegramente in giro.
Ma l’apice fu una famiglia tedesca composta da due genitori attempati e due figli molto più che tardo-adolescenti. Mi chiamarono alle nove di un sabato sera sul cellulare: “Guardi, abbiamo un
problema GRAVISSIMO. Dovete venire SUBITO!”
Io e mio padre siamo corsi immaginando allagamenti, corto circuito, cataclismi.
Niente di tutto ciò. “Le porte cigolano”
Io: “…”
Mio padre: “Ma sei sicura di aver tradotto bene?”
Io: “Sì”
Mio padre: “…”
Io: “…”
Immaginate la scena. Mio padre che passa lo svitoil alle nove e mezzo di sera, vestito di tutto punto per uscire, che bofonchia frasi “Diglielo a
‘sti crucchi che la guerra l’abbiamo vinta noi” o “Mangiapatate di m***a”, accompagnati da coreografici “Crepa crucco”. Il tutto mentre io sorrido con una paresi facciale
simil-botox e sottolineo la felicità di mio padre nel poter essere d’aiuto. Sì sì, certo. Come no.
Tutto questo per dire che non mi piace parlare degli esseri umani a “razze” come fossero cani. La divisione tedesco, olandese, italiano, padano (oops, dimenticavo: la Padania non esiste!) ha poco senso ed è spesso vittima di stereotipi.
Ma certe popolazioni per come si comportano fuori da casa loro se lo meritano.
Per esempio noi italiani…