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23 dicembre 2009 3 23 /12 /dicembre /2009 22:26
Quando si è single, specie se si è donne, la fissazione nonché problema primario è quella di rimanere sole tutta la vita, di non trovare mai l’anima gemella, di morire sole ed abbandonate mentre il nostro persiano ci rosicchia le unghie dei piedi in preda ai morsi della fame.
In buona sostanza, la paura è quella di essere etichettate con la dicitura zitella in fondo all’archivio della società e lì abbandonate e dimenticate per sempre tra gatti di polvere e vecchi merletti.
Tralasciando l’aspetto maschilista della parola zitella (che non fa assolutamente il paio con il frivolissimo corrispettivo maschile, cioè scapolo) e l’imprinting all’accoppiamento ed a una certa sudditanza psicologica che viene dato alle donne di qualsiasi età, istruzione e ceto, voglio focalizzare la vostra attenzione su un altro dimenticato, ma non meno importante, aspetto.
Cosa succede quando voi, single per anni, abituate a stare benissimo con voi stesse e a fare i conti solo ed esclusivamente col vostro ego, l’anima gemella tanto bramata la trovate?
Perché, diciamocelo, se Carrie capitola davanti ad un appesantito e leggermente rubizzo Mr. Big, allora vuol dire che capita proprio a tutte.
PRIMA O POI.
No, non scuotete la testa.
Come ha detto un mio simpatico amico “Se è successo a te, può succedere a tutte”.

Grazioso, non trovate?

Te ne stai lì, con le difese abbassate perché ormai certa che il tuo lui ideale non sia nato, sia morto da piccolo di una orribile malattia o viva in Papua Nuova Guinea tra gli aborigeni in perizoma. Te ne stai lì, dicevo, bella tranquilla e rilassata a gongolarti nel tuo cinismo acquisito in anni di duri allenamenti tra frequentanti e deficienti assortiti  che ti hanno determinatamente convinta che gli uomini sono tutti stronzi e che nessuno ti amerà mai, quando lo vedi. E, peggio, lui vede te.
E vi riconoscete.
PUFF!
E’ lui. E’ lei.
In un battito di ciglia o poco più il mondo come lo avevi conosciuto fino a quel momento si ribalta, costringendoti a sinistri voli pindarici fatti di romantici momenti in comune, luminosi tete-à-tete e simpatici cuoricini, coniglietti, brillantini rosa e compagnia cantante. E prima che tu, ex single impenitente e concentratissima solo ed esclusivamente su te stessa e le tue scarpe (nel mio caso sui miei libri), possa rinvenire dallo stordimento ipnotico dei cuoricini rosa e dall’ottenebrazione del sesso… PUFF!
Ecco qui, sei accoppiata.

Convivi.
 
Dividi la tua vita con una persona che non sei tu.
Ed è, in pratica, il primo giorno del resto della tua vita perché non ne sai nulla.
Non hai mai imparato la nobile arte del compromesso e della diplomazia.
Non sai dividere gli spazi ed il tempo.
Non sai gestire una casa tutta tua, visto che hai degli orari da scimmia ubriaca.
E soprattutto, non sai stirare. Nemmeno con il tuo fantascientifico ferro da stiro nuovo: fashion, a risparmio energetico e facile da usare. Per gli altri.
DRAMMA.
E come diceva sempre mia nonna, vivere con una persona non è come fidanzarsi. Non sai chi è il tuo compagno finché non semina i calzini sporchi nella lunga via che dalla camera porta al bagno come fossero bulbi di tulipano. Chissà, mi chiedo, se succede anche a Carrie e che cosa ne pensa. E se, soprattutto, fioriscono a primavera.
In fondo nelle favole Cenerentola o Biancaneve sposano il Principe e parte la musica dell’happy end, la parte del bucato e del rassettaggio del castello la saltano sempre a più pari.
Ma il trauma di dividere la propria vita non ha nulla a che vedere con calzini da raccogliere, bagni allagati o mutande da lavare.
E’ mediare la propria vita per amore il passo realmente difficile.
Imparare l’arte di camminare sulle uova anche se fino al giorno prima si calzavano comode Timberland.
Passare dall’IO al NOI.
Questo non te lo insegnano all’Università, ed è un peccato perché è tutt’altro che semplice.
E’ una guerra.
Una guerra quotidiana.
 
Ma bellissima da vivere.


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