Io convivo.
Un po' per convinzione, un po' per via dell'usato seminuovo, un po' perché l'idea folle e dispendiosa di imbarcarmi nell'organizzazione di una cerimonia mi rende idrofoba.
Motivi futili? Forse, ma io devo dire che mi ci trovo bene.
Ad ogni modo ritengo siano fatti miei e del mio compagno, convinzioni e decisioni che riguardano solo la coppia in sé e non dovrebbero interferire con niente altro.
Ma non è che sia proprio così, specie in Italia, paese fortemente cattolico più nelle sue leggi che nelle attitudini del suo popolo. Le chiese sono vuote, ma gli scranni del potere non se ne sono ancora accorti, troppo presi dal comune senso del pudore.
Tutto ciò ha generato un vuoto normativo che comporta il binomio convivenza/nulla e questo in linea di principio potrebbe starmi anche bene, purché venisse mantenuta una linea normativa con una certa coerenza. E chiedere troppo?
Evidentemente sì.
Facciamo degli esempi.
Nell'anacronistico modulo di richiesta degli assegni familiari non compare lo status della convivenza, non essendo riconosciuto. Io potrei essere nell'ordine: nubile, separata, vedova, coniugata, divorziata o abbandonata. Ma non convivente. Questo comporta che nella compilazione del modulo stesso non vengano inseriti i redditi del mio compagno, con un aumento dell'importo mensile erogato dall'INPS visto che l'importo si basa sul reddito imponibile. Bello, vero? Questo perché non viene riconosciuta la convivenza o forse perché nessuno all'INPS si è preso la briga di modificare un modulo per non pestare i piedi a qualche moralista, e così facendo genera iniquità sociale.
Per due spicci poi, ma ormai è una guerra tra poveri e mi sono sentita dire che non mi sposo perché sono furba ed ho trovato un modo per fregare lo Stato.
Eh.
Se si va a guardare bene, però, non è proprio così.
Tralasciando tutti i diritti dei coniugati che non vengono riconosciuti (a torto o ragione a seconda del vostro pensiero) e sorvolando sul fatto che coi punti del cesareo son dovuta andare a iscrivere mia figlia all'anagrafe insieme all'Amoremio (che sennò non ci credevano che l'avevo fatta io, li mortacci vostri), la convivenza, per farla semplice, non genera una famiglia nel senso fiscale perciò se uno dei due perde il lavoro non può essere considerato a carico dell'altro nel modello delle detrazioni IRPEF e non si può fare il modello 730 congiunto.
Per dire.
Chiaro? Giusto, anche.
Ma allora mi spiegate allora perché il modello ISEE per l'assegnazione delle graduatorie degli asili nido (e di molto altro) invece tiene conto anche della convivenza come nucleo familiare?
No, spiegatemi il perché in maniera logica, astenersi perditempo e ciarlieri d'occasione che si sentono in dovere di pontificare. O lo Stato riconosce la convivenza, e allora vale per tutto, oppure non la riconosce ed allora anche nell'ISEE sono una povera ragazza madre, con buona pace dell'Amoremio.
Non è che io voglia far pesare le mie scelte sugli altri, è solo che voglio capire.
E' troppo chiedere coerenza e chiarezza? Evidentemente per lo stato italiano sì, visto che gioca da anni su questo status.
Attendo numi. Ma anche strali...
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